giovedì 30 aprile 2020

Il Figlio dell'Uomo



IL FIGLIO DELL'UOMO 

Gli evangelisti non impiegano questo titolo per parlare a Gesù o per discutere di lui; essi lo chiamano GESÙ e CRISTO. D'altra parte, Gesù non dice mai (né gli si fa dire) che egli è il Figlio dell'Uomo; parla sempre di questi in terza persona; la sua identificazione con questo personaggio è suggerita indirettamente piuttosto che affermata. 

Nondimeno, è certo che la confusione tra l'uno e l'altro ha finito per verificarsi, dando alla figura del Cristo tratti appartenenti al Figlio dell'Uomo.

Ma chi è questo Figlio dell'Uomo? Era ignoto ai primi Cristiani, quelli di Paolo. È assente dalle quattordici epistole paoline e anche dalle epistole cattoliche; non lo si trova che una sola volta negli Atti (7:56) e in un passo che fa parte di una lunga interpolazione. [79] È stato deliberatamente introdotto nei vangeli in diversi momenti da persone che non lo comprendevano alla stessa maniera. Il personaggio, infatti, si è evoluto. A volte è un essere celeste che verrà tra le nubi con gloria (Marco 13:26), a volte un essere sia divino che umano che ha potere di rimettere i peccati sulla terra (2:7, 10), a volte un uomo (Marco 2:28), queste concezioni diverse si trovano in seno allo stesso vangelo.

L'espressione «Figlio dell'Uomo» viene da altrove; [80] si lega ad un'apocalittica ai margini dell'ebraismo. Il famoso passo del Libro di Daniele (7:13-14) «...ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un Figlio di Uomo» non riguardava il Messia; sono i Cristiani che fecero la confusione. Nelle Similitudini di Enoc (Enoc 37-71) e nella letteratura apocalittica (ad esempio: 4 Esdra 13) il Figlio dell'Uomo è un essere sovrumano, l'Eletto che doveva presiedere al Giudizio finale. Con questa espressione noi siamo in piena mitologia.

NOTE

[79] Si veda cahier E. Renan n° 33, pagina 17. 

[80] Questa è una cattiva traduzione di ben-Adam che significa piuttosto «figlio d'uomo»; questo non è un titolo messianico.

mercoledì 29 aprile 2020

Il Messia



IL MESSIA

Gesù è stato considerato il Messia? Ha preteso di esserlo?

La parola MASCHIAH (Unto) suppone un'unzione. Ma, secondo il Nuovo Testamento, Gesù Cristo non ha ricevuto alcuna unzione materiale durante la sua esistenza terrena, né come re, né come sommo sacerdote, né come profeta. Si tentò di inventarne una per lui.

È così che si può leggere in Luca (4:17-18): «Nella sinagoga di Nazaret... gli fu dato il rotolo del profeta Isaia... dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me per questo mi ha consacrato con l'unzione...  Allora (Gesù) cominciò a dire loro: Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita».

Sfortunatamente, quei versi sono interpolati. Essi sono assenti dagli altri due sinottici nel passo corrispondente e possono essere estratti dal testo senza che questo ne soffra. Si osserverà anche che lo Spirito santo non ha mai versato una goccia d'olio sul capo del Cristo, anche quando ne ebbe l'occasione al momento del battesimo. L'unzione ha potuto essere celeste, ma nessun testimone è venuto a descrivercela.

L'autore dell'Epistola agli Ebrei (1:6-9) vi fa tuttavia allusione. Dio avrebbe detto a suo Figlio: «Il tuo Dio ti unse con olio di esultanza più dei tuoi compagni». Il che stabilirebbe che a quel tempo Dio non disdegnava di servirsi dell'olio in cielo e che, se egli unse Gesù, è perché questi non era stato unto o non doveva esserlo durante la sua carriera terrena. [75]

Questa grande novella è stata ispirata al Salmo 45 (il che conferma la sua natura mistica), ma questo salmo non riguarda assolutamente Gesù poiché, due versi più avanti, fa allusione alle «figlie di re che sono fra le sue dame d'onore», ovvero ad un harem.

In che modo, in queste condizioni, il nome di MESSIA ha potuto penetrare nel Nuovo Testamento? Cercando bene, non lo si trova che due volte e unicamente nel vangelo di Giovanni (1:41 e 4:25). Abbiamo già mostrato che, in entrambi i casi, questa parola ebraica doveva essere tradotta perché non sarebbe stata compresa. È là che, per la prima volta, l'equazione CRISTO = MESSIA è introdotta; i versi 25 e 26 sono stati in tutta evidenza interpolati nel testo poiché, malgrado l'affermazione di Gesù che (contrariamente alla sua propensione alla segretezza) le avrebbe confidato che lui era il Messia, la Samaritana si affretta ad andare a domandare alla gente se Gesù non sia il Cristo e dimentica la parola Messia.

Gesù non si è mai dato come il Messia [76] o come il Cristo. Questo è quanto conferma Guignebert: «Parola di vangelo e parola di Gesù continuano a fare due per l'esegeta ed è una conclusione di esegesi sicurissima che Gesù non ha affatto proclamato la sua messianicità». [77]

Gesù contestava che il Figlio di Davide fosse il Cristo (Matteo 22:41-46). Egli proibiva che si dicesse che lo fosse (Marco 1:25, 34; 3:12; 8:30; 9:9). Imponeva silenzio sui suoi miracoli (Marco 1:44, 5:43, 7:36, 8:26; Matteo 9:30). Egli annunciava il Regno di Dio, non il regno messianico (Matteo 4:23); respingeva tutti i regni del mondo (Matteo 4:8-9). Non lo si vede rivoltarsi contro le autorità stabilite; non dà battaglia che al demonio (Luca 4:34, Giovanni 12:31). La sua nuova Gerusalemme non sarà la rinnovata città terrena, ma la città celeste (Apocalisse 3:12, 21:2). Egli si identifica con il suo divino Padre, è Figlio di Dio, inviato dal Signore, Signore lui stesso, il che è incompatibile con la pretesa di essere un messia nazionale ebraico.

Abbiamo visto (pag. 88 e 92) che il Messia atteso non doveva avere né luogo di nascita, né domicilio. A questo riguardo, Marco mantiene il silenzio; egli non ci ha tramesso un racconto della Natività.

Riassumendo il ritratto che gli apocrifi ebraici tracciano del Messia, il Dictionnaire de la Bible (art. JÉSUS-CHRIST) ci dice: «Tutte queste idee rappresentano il credo degli ebrei in relazione al Messia o al suo regno. Esse si ispirano agli scritti dei profeti ma trasportano spesso nel dominio temporale ciò che gli scrittori sacri hanno annunciato in un senso puramente spirituale». Questo è esattamente ciò che pensiamo dei vangeli.

Nel vocabolario giudeo-cristiano, MESSIA è un'espressione tecnica la cui risonanza ha largamente superato storicamente l'importanza che aveva potuto avere nel 1° o nel 2° secolo. Questa nozione, introdotta surrettiziamente in un solo vangelo e sconosciuta alle epistole paoline, non ha certamente avuto alcuna influenza sulla nascita del cristianesimo. 

Il Messia doveva essere vittorioso, liberatore, salvatore. Ma si sa ciò che capitò a Gesù Cristo. È forse per questo che fu avanzata l'ipotesi di un «Messia sofferente», ma questa nozione non apparve che dopo la predicazione evangelica e non fu conosciuta e accettata dagli autori ebrei che molto eccezionalmente. [78] La si trova conosciuta dall'ebreo Trifone (e, ancora una volta, è Giustino che lo fa parlare) intorno al 155. Quando fu introdotta nei vangeli e persino prestata a Gesù, fu respinta dai suoi ascoltatori. Pietro esclamò: «Dio non voglia, Signore! Questo non ti accadrà mai» (Matteo 16:22). Quando Gesù fa allusione alla sua morte imminente, la folla gli risponde: «Noi abbiamo udito dalla Legge che il Cristo dimora in eterno» (Giovanni 12:34), cioè che egli è immortale. E se il Cristo risorto fa di tutto per spiegare ai suoi apostoli che bisognava che morisse (Luca 24:25-27), è perché non li aveva convinti di questo durante la sua vita.

Perché d'altronde soffrire e morire? Per espiare i peccati degli uomini? La spiegazione non è certamente primitiva. Gesù non ha attribuito alcun valore espiatorio alla sua morte e il giudaismo del suo tempo ignorava l'idea secondo la quale Dio poteva caricarsi dei peccati degli uomini.

Anche là, vi si è avuta una confluenza di diverse concezioni religiose. Se, secondo Giovanni (1:29), Gesù è «l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo», è perché, da una parte il Servo di Isaia (53) porta i peccati degli uomini (Atti 8:32-35) e si offre da «agnello espiatorio» (Levitico 14), perché, dall'altra parte, il rito dell'agnello pasquale (Esodo 12:3) era il simbolo della redenzione di Israele.

In definitiva, il personaggio del messia sofferente è tardivo e simbolico; il simbolo stesso non costituiva che una similitudine letteraria che, malgrado la sua insufficienza, fu presa per la realtà.

Per giunta, la nozione di Messia non ci appare molto chiara; essa subì una lunga evoluzione. Si deve considerarlo come un individuo, come la personificazione di una collettività, come un personaggio celeste? Pensiamo che M. O. Cullmann abbia forse avuto ragione a mostrare (nel suo libro Christ et le temps) che la storia della salvezza si svolge dall'inizio alla fine secondo il principio della sostituzione, sotto la forma di una progressiva riduzione: dalla Creazione totale si passa all'umanità, dall'umanità al popolo d'Israele, dal popolo d'Israele «al resto», e dal «resto» ad un solo uomo: Gesù.

Se l'attesa messianica non accettava l'idea del Messia sofferente, il Figlio di Dio ha potuto personificare Israele, il popolo eletto. Non è inconcepibile che Gesù sia stato inizialmente l'immagine o il simbolo del popolo ebraico, le sue sofferenze che rappresentano le tribolazioni di Israele. Non si può negare che il Cristo sia stato considerato come un essere collettivo. «Voi siete tutti assieme il corpo di Cristo» si legge in 1 Corinzi (12:30). 

Questo non è più sorprendente della sua identificazione con il Verbo o la Sapienza.

D'altra parte, erano unti solo il re, il sommo sacerdote o il profeta. L'immaginazione popolare, aiutata da quella degli scribi, non ebbe difficoltà a trovarne parecchi. Non li conosciamo tutti, ma sappiamo che Ciro era un Messia (Unto) agli occhi di Isaia (45:1), mentre, per Flavio Giuseppe, il Messia doveva essere Vespasiano. Lo stesso re Erode era un Messia; Tertulliano evoca (De praescript. adv. haeret. 45) «coloro che dicevano che Erode era Cristo» mentre Girolamo (Dial. cum. Lucifer. 23) riporta che «gli Erodiani accettavano il re Erode come il Cristo».

NOTE

[75] Nel secondo Enoc esiste una unzione celeste. Michele, il grande arcangelo, conduce Enoc davanti a Dio che gli ordina di spogliare Enoc delle sue vesti terrene e di ungerlo con «l'olio buono». Per analogia, è dunque il Cristo divino che è stato unto, non l'uomo Gesù.

[76] In realtà «Messia» è una falsa traduzione di «unto» applicata a qualcuno che non era unto.

[77] Le Christianisme antique, pag. 51.

[78] Alcuni autori pensano che la nozione del Messia sofferente si sia sviluppata attorno al Maestro di Giustizia in una setta ebraica essena a partire dalla metà del primo secolo prima dell'era cristiana. Noi esamineremo più oltre questo problema.

martedì 28 aprile 2020

Profeti e profezie



PROFETI E PROFEZIE

Ai tempi del Nuovo Testamento, gli ebrei, in generale, credevano che l'era della profezia fosse terminata. [74] Per Gesù, Giovanni il Battista era l'ultimo della linea dei profeti (Matteo 11:11). Il precursore personificava la fine della Legge mentre il Cristo inaugurava l'era del Regno di Dio. Gesù diceva: «Fra i nati di donna non è sorto nessuno maggiore di Giovanni il Battista; eppure il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di lui» (Matteo 11:11). Giovanni era d'accordo: «Colui che viene dall'alto è sopra tutti, colui che è della terra parla come uno che è della terra» (Giovanni 3:31-33); egli marcava così la superiorità celeste di Gesù.

Di conseguenza, la profezia non poteva applicarsi al Cristo, e costui non poteva né considerarsi né proclamarsi profeta. Sono i suoi seguaci successivi ad aver creduto che lo fosse e ad aver corretto i vangeli in tal senso. Osserviamo nondimeno che gli evangelisti, pur riportando questa opinione, non ne tengono conto; da nessuna parte è indicato che Gesù stesso si sarebbe presentato come un o come il profeta. È in un secondo stato delle nostre scritture che quella pretesa fu introdotta.

Ma altri passi dei nostri vangeli stabiliscono che lo status di profeta fu allora rifiutato a Gesù da certi ambienti cristiani: «Nessuno è profeta nella sua patria». «Non è mai uscito alcun profeta dalla Galilea».

Per quanto riguarda le presunte profezie nel Nuovo Testamento, esse sono spesso di una natura troppo generica per costituire delle predizioni; alcune sono state scritte dopo l'evento. Di quelle che si collegano ad una citazione biblica, si può dire che gli evangelisti a volte le hanno viste dove non ve n'erano, a volte hanno alterato il significato dei testi per trasformarli in profezie, a volte hanno inventato da zero episodi evangelici al fine di realizzare antichissime profezie.

Era un'abitudine presso alcuni ebrei cercare e trovare nelle loro Scritture passi relativi ad avvenimenti più o meno simili a quelli di cui erano i contemporanei. Essi ritenevano allora che questi eventi fossero stati predetti da parecchi secoli. Si sa la parte che una setta essena ha tratto dalla «profezia» di Abacuc. Ancora oggi, esiste gente che crede che l'Apocalisse abbia predetto le due guerre mondiali e che ne annunci una terza; questo scritto è, almeno ai loro occhi, una profezia perpetua.

Era così al tempo della stesura dei nostri vangeli.

Alcuni esempi non saranno inutili. 

Secondo Matteo (1:21) un angelo dice a Giuseppe: «Maria partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù» e l'evangelista aggiunge: «Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: La Vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele». Ma l'oracolo non è per nulla realizzato con il bambino di Maria, poiché si chiama Gesù. D'altra parte, questa «profezia» ricavata da Isaia (7:14-16) parla di una giovane donna e non di una vergine; risale a sette secoli prima della nostra era e annuncia al re Acaz la nascita di un principe erede; non riguarda Gesù. Chi oserebbe, nel XX° secolo, far annunciare un papa o un generale contemporaneo dalle profezie di mago Merlino? Supponendo che gli evangelisti abbiano creduto a quella possibilità, perché hanno citato solo una parte della profezia? Il seguito indicava che il giovane Emmanuele avrebbe mangiato panna e miele e che ognuno avrebbe allevato una giovenca e due pecore, il che non era pertanto indegno di figurare in una biografia del bambino Gesù.

Si legge in Matteo (2:16-17) che Erode fece uccidere a Betlemme tutti i bambini sotto i due anni e che così fu compiuto un oracolo di Geremia (31:15). Questo oracolo dice così: «Si è udita una voce a Rama... Rachele piange i suoi figli perché non sono più». Si converrà che ci vuole una bella immaginazione per fare un collegamento tra i due fatti. Infatti sono gli uomini di Efraim, Manasse e Beniamino massacrati o deportati dagli Assiri che piange Rachele loro antenata. 

Matteo (21:4-5) dichiara che l'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme ebbe luogo «per adempiere l'oracolo del profeta» Zaccaria (9:9): «Ecco il tuo re viene a te... montato sopra un'asina». Essa è molto imbarazzante per coloro che vi vedono una scena storica ma, se non fosse così, perché non avere citato il seguito dell'oracolo ? È tuttavia interessante; Jahvè ci annuncia che si accamperà attorno al Tempio di Gerusalemme con un'armata, che annuncerà la pace alle nazioni e che dominerà fino ai confini della terra. Chi si è sbagliato? Jahvé o l'evangelista?

Secondo Giovanni (3:14-15) «come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'Uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna». Non si scorge oggi il rapporto che ha potuto esistere tra il Cristo morto sulla croce e il serpente di bronzo che, fissato su un palo, guarì coloro che lo guardavano (Numeri 21:4-9). Questo paragone ci orienta semplicemente verso una setta precristiana, quella degli Ofiti o Naasseni, per cui il serpente era l'amico dell'uomo.

Matteo (27:48) e Marco (15:36) fanno allusione al verso 22 del Salmo 69 : «Per dissetarmi, mi hanno dato da bere aceto» senza dare la loro fonte, in modo che si potesse credere che non vi sia alcuna correlazione tra questo salmo e il loro racconto, il quale per conseguenza sarebbe apparso storico. Orbene, l'utilizzo di questo salmo da parte dei nostri autori è indiscusso, ma rimane incompleto come sempre. Si prende ciò che corrisponde a ciò che si immagina; si lascia il resto. Si ignora così che il narratore diceva: «Salvami, o Dio, perché le acque mi sono penetrate fino all'anima... Sono affondato in un profondo pantano... O Dio, tu conosci la mia follia e le mie colpe... Liberami dai miei nemici... Riversa su di loro la tua ira... Che la loro dimora sia devastata...». Non si trattava di una morte sulla croce, né, naturalmente, di Gesù, ma forse di un'analogia con la situazione di Giona nel grande pesce.

Potremmo continuare a lungo questo esame di citazioni bibliche del Nuovo Testamento, ma ciò diventerebbe noioso; ci sia sufficiente assicurare che queste troppo famose profezie non riguardano il Cristo e che sono utilizzate in una maniera arbitraria. Se non si volesse considerare gli evangelisti come visionari o mistici traviati dalla loro fede, ci si indignerebbe per i loro «metodi» di esegesi.

Già diciotto secoli fa, Marcione sosteneva che le profezie erano false per quanto riguardava Gesù, e inutili. Egli ammetteva che si applicavano ad un Messia ebreo che non poteva essere Gesù Cristo e che questo Messia non era venuto. Dubitava persino che sarebbe apparso un giorno.

NOTE

[74] Il ruolo della profezia nel Nuovo Testamento o all'inizio della nostra era non è credibile; la profezia si era arrestata 400 anni prima di Gesù Cristo e si è potuto, già nel secolo scorso, sottolineare il proprio stupore. «È un'idea ammissibile quella di un movimento di pensiero e di opinione che si ferma per quattrocento anni e che, alla fine di questo tempo, si rimette a camminare improvvisamente per arrivare più in alto di quanto non si sia elevato fino ad allora ? Non è certo che un movimento che si interrompa così perisca interamente?» (De Broglie, Questions bibliques, Parigi, 1897, pag. 368). D'altra parte, come spiegare che delle profezie interpretate da un'intera nazione nel senso di un Messia temporale e glorioso abbiano suscitato in quella stessa nazione un messia spirituale e sofferente ?

lunedì 27 aprile 2020

Re e regno



III. — Concezioni prestate a Gesù

RE E REGNO

Ciascuna di queste due parole presenta due significati diversi poiché si applicano sia al cielo che alla terra. 

Nessuna esitazione quando si legge: Re delle età, Regno dei cieli, Dio re delle nazioni, Regno di Dio, «Mangiate alla mia mensa nel mio Regno» (Luca 22:30). Si tratta del Regno celeste.

L'angelo aveva annunciato a Giuseppe che il futuro figlio Gesù avrebbe salvato Israele dai suoi peccati; non si trattava di una liberazione materiale (Matteo 1:21). In una parabola il Re diceva a quelli alla sua destra: «Prendete possesso del Regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione del mondo» (Matteo 25:34).

Gesù rifiutava qualsiasi regno terreno. «Sapendo che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo» (Giovanni 6:15). Egli risponde a Pilato «Il mio regno non è di questo mondo» (Giovanni 18:36) e quando il procuratore insiste: «Tu sei dunque re ?», Gesù gli risponde: «Tu lo dici, io sono re e io sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità» (18:37), vale a dire «in un altro senso rispetto a quello che tu immagini». Questo spiega perché Pilato non trovò allora alcun motivo di condanna.

In questi passi, Gesù non è che l'annunciatore del Regno di Dio, il Viceré del cielo; egli non porta ad Israele che una promessa in cambio della sua rinuncia alle cose della terra. [73]

Di fronte a questa situazione, ve n'è un'altra, del tutto diversa, quella di un regno terreno più o meno messianico. Così, Gesù fece un giorno la sua entrata trionfale a Gerusalemme e assunse l'atteggiamento di un re. La folla gridava: «Benedetto sia il re di Israele colui che viene nel nome del Signore!» (Giovanni 12:13). E a coloro che gli consigliavano di far tacere la folla, Gesù rispondeva: «Se costoro tacciono, le pietre grideranno!» (Luca 19:40).

Davanti a Pilato, degli accusatori affermano che il Cristo eccita gli ebrei alla rivolta, dandosi come l'Unto regale (Luca 23:2). Pilato lo interroga: «Tu sei dunque re ?» Gesù risponde: «Tu lo dici», senza aggiungere alcuna correzione alla sua risposta, il che è ben diverso dal verso di Giovanni 18:37 citato più sopra. Prima della confessione, Pilato — non soltanto ammette la morte del Cristo — ma fa porre sulla croce l'iscrizione «Re dei Giudei» per ben marcare il motivo della condanna (Matteo 27:37).

Dopo la morte del Cristo, i discepoli di Emmaus dicevano: «Noi speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele» (Luca 24:21). Più tardi, quando il Cristo risorto apparve loro, gli apostoli non avevano ancora rinunciato al loro sogno di liberazione dal giogo romano e gli domandarono: «È in questo tempo che tu ristabilirai il regno a Israele?» (Atti 1:6).

NOTE

[73] In Matteo 20:20 e Marco 10:35, gli apostoli Giacomo e Giovanni domandano a Gesù di sedere l'uno alla sua destra, l'altro alla sua sinistra quando sarà nella sua Gloria o nel suo Regno. Essi non dubitano che, dato che Gesù sarà alla destra del Padre, il posto alla sua sinistra non sarà libero, ma ignorano forse che Gesù ha un padre celeste.

domenica 26 aprile 2020

Maestro e signore



MAESTRO E SIGNORE

La parola «Kyrios» (Signore) era sinonimo di «dio» nelle religioni dell'Asia Minore, dell'Egitto e della Siria. Allo stesso modo, per i primi Cristiani, c'era un solo Kyrios, Gesù Cristo (1 Corinzi 8:5-6), che era molto al di sopra dei «signori» pagani, dei «principati», delle «potenze», delle «dominazioni»; egli era «Re dei re e Signore dei signori» come lo ricordano in 1 Timoteo (6:15) e l'Apocalisse (17:14 e 19:16). 

Gesù ha ricevuto un culto a Gerusalemme? Questo non è probabile. La prima presunta comunità ebraica di cui si suppone l'esistenza gli ha dato il titolo di «Kyrios»? Nulla lo attesta. Ci viene detto che in aramaico la parola «Mar» significa «Signore» e che la si ritrova in un contesto liturgico in 1 Corinzi (16.22): «Maranatha!» (Il Signore viene). Non vediamo cosa questo dimostri. Che un cristiano di lingua aramaica abbia aggiunto questa espressione nel saluto finale dell'epistola, così come lo aveva fatto due o tre volte altrove nei nostri testi greci, ciò dimostra che egli voleva confondere il suo Signore siriano con il Cristo, nulla di più.

Che il Signore Cristo disceso sulla terra sia stato creduto istituire certi riti è comprensibile. Così, in occasione della lavanda dei piedi dei discepoli, disse loro: «Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi...» (Giovanni 13:13-14). E, in tutti i vangeli, Gesù si sente chiamare Maestro e Rabbì, il che indica il suo status divino. Egli lo conferma indirettamente con le sue dichiarazioni: «Non vi fate chiamare Rabbì (Maestro) perché uno solo è il vostro maestro. Non chiamate nessuno sulla terra vostro Padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida: il Cristo» (Matteo 23:8).

Flavio Giuseppe ci porta una testimonianza su questo punto: egli scrive in effetti nelle sue Antichità (Libro 18, cap. 2): «Giuda fu il creatore della quarta setta; essa si accorda in tutte le cose con quella dei Farisei, tranne che coloro che ne fanno parte sostengono che non vi è che Dio solo che si deve riconoscere per Signore e per re... e non c'è tormento che non soffrano... piuttosto di dare ad un uomo, chiunque egli sia, il nome di Signore e di Maestro».

***

Ben altre contraddizioni potrebbero essere rilevate, ma quelle basteranno a provare che un solo e unico personaggio non avrebbe potuto dire tutte le affermazioni che sono state prestate a Gesù Cristo. 

Oppure sono esistiti due Gesù assolutamente diversi l'uno dall'altro.

Oppure gli evangelisti hanno raccolto un'accozzaglia di tratti appartenenti ad un dio e a più uomini.

Si dovrà presto tentare di fare una scelta tra queste possibilità, ma, prima di farlo, non è inutile rivedere alcune delle concezioni prestate a Gesù.

sabato 25 aprile 2020

Rispetto familiare ?



RISPETTO FAMILIARE ?

Troviamo nei nostri testi un quadro edificante della famiglia così come si poteva concepirla al tempo di Gesù. Gesù assiste alle Nozze di Cana. «Gli sposi non sono più due, ma una sola carne» (Marco 10:6-9). «La donna, quando partorisce, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo» (Giovanni 16:21). Dio rende feconde le donne sterili. Un marito non può ripudiare sua moglie (Marco 10:11, 12). Quando il figliol prodigo ritorna dalla sua famiglia, è festeggiato. (Luca 15:29) Nello stesso spirito, ma con violenza, l'evangelista scrive che il figlio che maledice i suoi genitori deve essere messo a morte (Marco 7:10).

Di fronte a questo quadro ce n'è un altro che ci dà una rappresentazione molto diversa della famiglia, ma è sempre lo stesso Gesù che parla?

«Io sono venuto a portare la divisione... padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre...» (Luca 12:51-53). «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Matteo 10:29). Un discepolo gli dice: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù replica: «Seguimi e lascia i morti seppellire i morti» (Matteo 8:22). «Chi ama padre o madre più di me e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me» (Matteo 10:37, 38). «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, i figli... e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Luca 14:26). Un giorno, si informa Gesù che sua madre e i suoi fratelli sono fuori e vogliono parlargli; egli risponde: «Chi è mia madre? E chi sono i miei fratelli?» e, indicando i suoi discepoli, aggiunge: «Ecco mia madre e i miei fratelli» (Matteo 12:48-49; Marco 3:31; Luca 11:27).

venerdì 24 aprile 2020

Pace o violenza ?



PACE O VIOLENZA ?

Il mondo intero conosce i precetti di bontà contenuti nel vangelo:

«Si deve sempre perdonare» (Matteo 6:14, 18:21). «Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra» (5:39). «Ama il tuo prossimo, ama i tuoi nemici» (5:43). «Non uccidere» (Marco 10:19). «Beati i pacifici!» (Matteo 5:9). «Tutti quelli che prendono la spada, periranno di spada» (Matteo 26:52).

Da questo punto di vista, i vangeli sarebbero ammirevoli se non opponessero a quei propositi caritatevoli i precetti crudeli che andremo a leggere ora:

«Non sono venuto a portare la pace, ma la spada» (Matteo 10:34). «Chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una» (Luca 22:36). «Uno di quelli che erano con Gesù, colpì con la sua spada il servo del sommo sacerdote» (Matteo 26:51, Giovanni 18:20). «Il padrone della vigna farà perire quei vignaioli» (Marco 12:9). «Vi sarà grande ira contro questo popolo e cadranno a fil di spada» (Luca 21:23-24).

giovedì 23 aprile 2020

Si deve giudicare ?



SI DEVE GIUDICARE ?

Vi è un Gesù che dice: «Non giudicate, per non essere giudicati» (Matteo 7:1). «Non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato» (Luca 6:37). «O uomo, chi mi ha costituito su voi giudice?» (Luca 12:14). «Voi giudicate secondo la carne ma io non giudico nessuno»  (Giovanni 8:15).

Vi è un altro Gesù che dice il contrario: «Il Padre ha rimesso ogni giudizio al Figlio» (Giovanni 5:22). «Gesù è stato costituito da Dio giudice dei vivi e dei morti» (Atti 10:42). «Dio renderà giustizia ai suoi eletti» (Luca 18:8) e Gesù si spinge fino a istituire una procedura giudiziaria all'interno della sua comunità (Matteo 18:15) ma si contraddice ancora su questo punto trovando naturale che le controversie tra «fratelli» siano di competenza del Sinedrio (Matteo 5:22). 

Il Gesù primitivo non era il Gesù del giudizio finale.

mercoledì 22 aprile 2020

Le preoccupazioni materiali



LE PREOCCUPAZIONI MATERIALI

Se credessimo a Luca (9:3), Gesù avrebbe detto: «Non prendete nulla per viaggio: né bastone, né sacca, né pane, né denaro». Ma questo stesso Luca ha pensato che Gesù avesse cambiato idea perché gli fa dire (in 22:36): «Chi ha una borsa la prenda e anche una sacca... e anche una spada!» In realtà, deve essere uno zelota che ha trasformato il pensiero del Cristo.

«Non accumulatevi tesori sulla terra» (Matteo 6:19). Questa frase fu scritta da qualcuno che non aspettava nulla da questo mondo, ma che sperava una vita celeste migliore. Per contro, si legge in Marco (10:29): «Coloro che avranno lasciato casa o campi per me riceveranno il centuplo già ora in questo mondo in case e in campi». Ciò non suona come una chiamata alle armi da parte di un capo zelota?

«Vendi tutto quello che hai, e distribuiscilo ai poveri e seguimi» (Luca 18:22). Presto, però, non sarà ai poveri che bisognerà versare questo denaro, ma alla comunità, e ciò sotto pena di sanzioni. Così, quando Anania vende la sua proprietà e restituisce solo una parte del prezzo agli apostoli, viene rimproverato da loro e cade morto ai loro piedi (Atti 5:1-11). Vi erano sempre dei compromessi in certi casi; per esempio, quando il ricco Zaccheo annuncia che avrebbe dato metà dei suoi beni ai poveri, il Cristo lascia manifestare la sua gioia ed esclama: «la salvezza è entrata in questa casa» (Luca 19:9).

«Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono. Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano» (Matteo 6:26-28). Bella teoria! La pratica è diversa: «Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi? Andate anche voi nella vigna!» (Matteo 20:6-7). 

Gesù rimproverava gli scribi e i Farisei che si facevano chiamare «Rabbì» (Matteo 23:7) ma si lascia dare questo titolo da Giuda (26:25, 49) e dai suoi discepoli.

martedì 21 aprile 2020

Disprezzo della vita ?



DISPREZZO DELLA VITA ?

«Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà ma chi perderà la propria vita per causa del Cristo, la troverà» (Matteo 16:25). «Chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna» (Giovanni 12:25). «Si deve odiare la propria via per essere discepolo del Cristo» (Luca 14:26). «Beati i perseguitati per causa della giustizia» (Matteo 5:10). «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima» (Matteo 10:28). «Colui che è morto è libero dal peccato» (Romani 6:8). A questa dottrina si oppone la seguente:

«Sarete odiati da tutti a causa del mio nome ma neppure un capello del vostro capo perirà» (Luca 21:18), (predizione smentita dagli eventi).

«Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra» (Matteo 10:23). «Quelli che saranno nella Giudea, fuggano ai monti!» (Matteo 24:16). «Se non vi ravvedete, perirete tutti» (Luca 13:3). «Vegliate dunque, pregando in ogni momento, affinché siate in grado di scampare a tutte queste cose che stanno per venire» (Luca 21:36).

Così, non sappiamo se un Cristiano debba desiderare la morte o fuggirla.

lunedì 20 aprile 2020

La carne e il sangue



LA CARNE E IL SANGUE

Chi non ha letto i numerosi passi dove è affermato che il Cristo è nato secondo la carne? Oppure che il Verbo si è fatto carne?

Il IV° vangelo ci assicura che se si beve il sangue del Cristo e se si mangia la sua carne, si ottengono la resurrezione e la vita eterna (Giovanni 6:54, 56). Si deve mangiare il proprio dio per divenire immortali. Nell'ascoltare tali affermazioni le persone si domandarono: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?» e molti discepoli abbandonarono Gesù (Giovanni 6:53, 60, 66).

Dove la nostra sorpresa aumenta è quando Gesù stesso dà ragione a questi ultimi. «È lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla» (6:63). Opinione condivisa da san Paolo, che ha scritto: «La carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né la corruzione può ereditare l'incorruttibilità» (1 Corinzi 15:50) e «Chi mi libererà da questo corpo di morte?» (Romani 7:24), «Lo spirito è contro la carne» (Galati 5:17).

La contraddizione non può essere eliminata a meno che la parola «carne» non abbia un doppio significato. San Paolo ce ne avverte: «Non ogni carne è la stessa carne» (1 Corinzi 15:39); ve ne sono di celesti. Riesamineremo questo piccolo problema quando analizzeremo il sacramento dell'eucarestia (si veda pag. 145).

domenica 19 aprile 2020

I miracoli



I MIRACOLI

Secondo Marco (8:12) Gesù esclama: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione». Queste parole solenni del Cristo non sono fatte per indurci a credere ai miracoli che ci sono raccontati.

Tuttavia, si credette di poter ammettere (senza dubbio nell'interesse della setta battista) un miracolo, ma uno solo: «Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato, tranne il segno del profeta Giona» (Matteo 12:38).

Ciò non impedì per nulla agli scribi di prestare a Gesù i numerosi miracoli, simbolici o no, che troviamo ora nel Nuovo Testamento.

Sfortunatamente, i risultati di questi «segni» dovettero essere piuttosto deludenti poiché Gesù che non aveva voluto un miracolo si adirò contro le città che non vi credevano: «Guai a te, Corazin, guai a te, Betsaida! E tu, Cafarnao!» 

Gesù si sarebbe spinto perfino ad autorizzare le persone a fare miracoli in suo nome (Marco 9:39) e i discepoli e apostoli non se ne privarono. Il Cristo ne fu felice? Per niente, se ne indignò: «Molti mi diranno in quel giorno: non abbiamo noi fatto molti miracoli nel tuo nome? E allora dichiarerò loro: Io non vi ho mai conosciuto. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità!» (Matteo 7:23). Si può pensare che il vangelo primitivo non contenesse alcun miracolo.

sabato 18 aprile 2020

I Giudei prima ?



I GIUDEI PRIMA ?

Gesù parlava in parabole agli ebrei che non lo comprendevano ma ciò non gli impediva di dire: «È necessario che il vangelo sia proclamato a tutte le nazioni» (Marco 13:10); lo vediamo recarsi in Samaria (Giovanni 4:9, 39) mentre «i Giudei non mantengono buone relazioni con i Samaritani», parlar bene di un lebbroso samaritano (Luca 17:15-16) e di un buon Samaritano (Luca 10:33) opposto al sacerdote e al levita egoisti. Egli afferma d'altra parte che Tiro, Sidone e la stessa Sodoma sono più entusiaste dei suoi miracoli che certe città di Giudea (Matteo 11:21-24); notiamo di passaggio che l'attività del Cristo a Tiro e Sidone è appena indicata nei nostri vangeli. I Pagani accorrevano verso Gesù da Tiro, da Sidone, dalla Transgiordania e senza dubbio da altrove (Marco 3:8). È tra i Pagani che Paolo andrà in missione ed è là che il cristianesimo metterà radice.

Ma certi giudeo-cristiani, dallo spirito molto particolarista, vollero combattere questa natura universalista di una religione di cui essi non erano i soli eletti. Ed introdussero frasi nel genere di queste:

«Non andate tra i Pagani e non entrate in nessuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto verso le pecore perdute della casa d'Israele» (Matteo 10:6). «La salvezza viene dai Giudei» (Giovanni 4:22). A Paolo stesso, l'apostolo dei Gentili, si osa far dire [72] che il vangelo reca la salvezza «al Giudeo prima» (Romani 1:16, 2:9-10), e — nel corso dei suoi viaggi d'evangelizzazione — lo si fa entrare dapprima nelle sinagoghe ebraiche.

Se il Cristo non è stato inviato che alle «pecore perdute» della casa di Israele (Matteo 15:24), che viene a fare in Samaria ? Se Paolo è un discepolo di questo Cristo ebreo, perché va a catechizzare i Pagani ? Perché il cristianesimo non si è impiantato in Israele ma precisamente altrove, contrariamente alla «parola di vangelo»

Paolo è molto più vicino alla verità dei fatti quando egli scrisse ai Galati (3:28) e ai Colossesi (3:11) che non vi sono né Giudei né Greci, ma uomini tutti eguali davanti al Cristo.

NOTE

[72] Le epistole di Paolo sono state alterate, in effetti, molto seriamente.

venerdì 17 aprile 2020

Il segreto



IL SEGRETO

Gesù, parlando ai Dodici e ad alcuni discepoli, disse: «A voi il mistero del Regno di Dio è stato dato ma a quelli che sono di fuori tutto viene esposto in parabole, affinché non comprendano, affinché non si convertano, e i peccati non siano loro perdonati» (Marco 4:11-12). Un'altra volta (Matteo 7:6), egli raccomandò di non «dare ai cani quello che è sacro» e di non gettare «le perle ai porci».

Tuttavia, non è questo un altro Gesù rispetto a quello che afferma solennemente che egli ha «parlato apertamente al mondo», e che non ha detto nulla in segreto (Giovanni 18:20), e che la luce non deve essere messa «sotto il moggio» (Matteo 5:15) ? «Non c'è niente di nascosto che non debba essere scoperto, né di occulto che non debba essere conosciuto» (Matteo 10:26). Ciò che Paolo conferma: «Io vi rivelo un mistero... tenuto nascosto fin dai tempi più remoti» (1 Corinzi 15:51, Romani 16:25). Gesù non cessò di parlare nei luoghi pubblici, ma Matteo (12:19) applicandogli l'oracolo di Isaia (42:2) annuncia che «non farà udire in piazza la sua voce».

Va ricordato egualmente che Gesù nascondeva la sua messianicità e proibiva ai demoni di rivelarla; quando istruiva i suoi apostoli a riguardo, raccomandava loro il segreto su questo argomento.

giovedì 16 aprile 2020

Purezza rituale



PUREZZA RITUALE

La Legge sottometteva gli ebrei a numerose proibizioni di cui la maggior parte avrebbero dovuto garantire la loro purezza. Così, per purificare il Tempio, Gesù caccia i mercanti e i loro clienti (Marco 11:15-16). Dopo aver guarito un lebbroso, lo manda a farsi purificare dal sacerdote (Matteo 8:4). Si spinge fino a istituire il rito della lavanda dei piedi, al quale attribuisce grande importanza; a Pietro, che protestava, dice in effetti: «Se non ti laverò, non avrai parte con me» e agli altri apostoli: «Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Giovanni 13:5-15). [71]

Dopo di lui, san Paolo si sentì ricordare dai «fratelli» che doveva guardarsi dalle carni sacrificate agli idoli e dalle carni soffocate, e si sarebbe persino recato al Tempio dopo essersi purificato (Atti 21:25-26).

Ecco ora la tesi contraria che ci offre lo stesso Nuovo Testamento:

I pubblicani e i peccatori (impuri per definizione) si mettevano spesso a tavola con Gesù (Luca 5:30, Matteo 2:11), la qual cosa provocava la collera dei farisei (Matteo 9:10-11). Gesù rispondeva loro allora: «I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio» (Matteo 21:31-32). A quei Farisei che gli rimproveravano di lasciar prendere ai suoi discepoli i loro pasti senza essersi lavati le mani, egli ricordava loro che «era una semplice tradizione umana» e che «non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo, sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo» (Marco 7:1-15). Al momento della moltiplicazione dei pani (Marco 6:36-42), egli compì il suo miracolo senza preoccuparsi della purezza dei cinque pani o dei due pesci o persino delle sue mani.

«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, mentre dentro sono pieni di rapina e d'intemperanza!» (Matteo 23:25). Alle Nozze di Cana vi erano sei giare destinate ai riti di purificazione. Cosa fece Gesù? Egli trasformò in vino l'acqua di purificazione (Giovanni 2:6), dopo averla mescolata con semplice acqua.

Dopo Gesù, verso quale lato propendevano i Cristiani?

In una visione, san Pietro intese una voce celeste che gli comandava di mangiare ciò che gli offriva la natura (quadrupedi, rettili, uccelli) e di frequentare i Pagani, poiché non vi è in tutto ciò nulla di impuro (Atti 10:12-16, 26-28). Solo la purezza morale importa, «Tutto è puro per quelli che sono puri» (Tito 1:15).

Quanto alla carne sacrificata agli idoli, Paolo dichiarava che «non è un alimento che può avvicinare o allontanare da Dio» e che un'idolo non ha alcuna importanza (1 Corinzi 8:18). 

Le due attitudini opposte che abbiamo appena evidenziato stabiliscono che ci sono state, nei nostri vangeli, due tendenze eterogenee su questo argomento.

NOTE

[71] Si veda egualmente Giovanni 13:4-10 e 1 Timoteo 5:10. Si osserverà che nessuno aveva accusato Gesù di purificare il Tempio e che lui stesso considerava insufficiente il suo esorcismo sul lebbroso poiché lo inviava a farsi purificare da un sacerdote per una lebbra che era scomparsa. Quanto alla lavanda dei piedi di un ospite, era un costume ampiamente diffuso in Oriente.

mercoledì 15 aprile 2020

Il sabato



IL SABATO

I Giudei dicevano di Gesù: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato» (Giovanni 9:16). Gesù, in effetti, sceglieva spesso proprio quel giorno per compiere guarigioni miracolose, mentre i suoi discepoli non esitavano a strappare le spighe di grano il giorno del sabato. Si conoscono d'altra parte i famosi giudizi di Gesù sul sabato: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato» (Marco 2:27). «Il Figlio dell'Uomo è signore del sabato» (Marco 2:28). 

Ma Gesù ha detto anche il contrario: «Pregate perché la vostra fuga non accada di sabato» (Matteo 24:20). E nessuno ignora che i suoi discepoli — per non lasciare il suo cadavere sulla croce fino al sabato del giorno dopo — domandarono e ottennero il permesso di seppellirlo quella sera stessa. Si sa anche che le sante donne attesero la fine del riposo sabbatico prima di andare al sepolcro per ungere di profumo il corpo del Cristo.

martedì 14 aprile 2020

Il digiuno



IL DIGIUNO

Un giorno i discepoli di Giovanni avvicinano Gesù e gli domandano: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?» (Matteo 9:14, Luca 5:33). Interrogazione che pare giustificata da altri fatti: secondo Matteo (11:18) Giovanni non mangiava né beveva mentre il Figlio dell'Uomo mangiava e beveva, il che faceva trattare il primo da «posseduto» e il secondo da «mangione» e «beone». Inoltre, Gesù partecipava ai pasti, a delle nozze, e mangiava o distribuiva alla folla pani e pesci.

Per contro, esiste egualmente un Gesù che digiuna nel deserto per quaranta giorni e che spiega ai discepoli che per poter realizzare certi miracoli, occorre digiunare (Marco 9:29). Raccomanda loro di non assumere un aspetto desolato al momento del digiuno, ma di profumarsi la testa e di lavarsi il viso (Matteo 6:16-17), buona occasione per essere puliti in effetti, ma perché solo il viso? In ogni caso, quando chi lo circondava lo esortava a mangiare, rispondeva: «Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato» (Giovanni 4:31-34), oppure: «Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna» (Giovanni 6:27). 

Si deve digiunare o no?

lunedì 13 aprile 2020

La legge e i profeti



LA LEGGE E I PROFETI

Nel suo Evangelion (che è anteriore ai nostri vangeli, si veda pag. 155) Marcione faceva dire a Gesù, fin dalla sua apparizione: «Non credete che io sia venuto per realizzare la Legge o i Profeti: Io sono venuto ad abolirli, non a realizzarli». Questo detto divenne nel vangelo di Matteo (5:17): «Non credete che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti! Io non sono venuto per abolire, ma a realizzare». Ritrattazione che non si trova negli altri vangeli e che si mette in contraddizione, come si vedrà, con molte affermazioni del Cristo contro la Legge ebraica.

In numerosi passi, i vangeli si sforzano però di mettere in guardia i Cristiani contro i falsi profeti, si sforzano di riferirsi a quelli dell'Antico Testamento e fanno annunciare Gesù da Mosè e dai profeti, ponendolo così nella loro dipendenza. 

Ma una tesi contraria è sostenuta in altri passi. Gesù dichiara: «Tutti quelli che sono venuti prima di me sono ladri e briganti» (Giovanni 10:8) rifiutando così Mosè e i profeti, e forse anche Giovanni il Battista. Precisa anche: «La Legge e i Profeti fino a Giovanni: da allora in poi viene annunciato il regno di Dio», il che significa che Giovanni termina il regno della profezia e della Legge e che lui, Gesù, inaugura l'era del Regno di Dio. Giovanni è l'ultimo profeta; Gesù non è profeta. Il IV° vangelo conferma che «la Legge fu data per mezzo di Mosè ma la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo» (Giovanni 1:17). La Grazia si oppone alla Legge. Questo è quanto san Paolo aveva preteso. E abbiamo visto che dandosi per «Io Sono», nome dell'unico e vero dio (Esodo 3:14, Deuteronomio 32:39), Gesù si presentava come l'unico Salvatore verso cui doveva andare oramai la speranza di Israele.

La sua stessa venuta era necessaria perché gli ebrei erano nell'errore: «Essi non conoscono nemmeno il dio che venerano» (Giovanni 4:22, 8:54-55). Non conoscevano nemmeno, o malissimo, il Padre e il Figlio che sono appena rivelati loro (Giovanni 7:28, 8:19, 17:25-26). «Dio nessuno lo ha mai visto» (1:18), «la sua voce, voi non l'avete mai udita; il suo volto, non l'avete mai visto» (5:37), il che significa che le teofanie bibliche non hanno mai avuto luogo e che la parola di Dio non è mai stata ascoltata, neppure al momento del Battesimo del Cristo.

E Gesù aggiunge: «Se Dio fosse vostro Padre, mi amereste» (Giovanni 8:42-47), il che stabilisce che il dio di Gesù non è quello degli ebrei.

Il Cristo riduce le molteplici prescrizioni ebraiche a due o tre comandamenti: «Amerai il prossimo tuo come te stesso. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore» (Matteo 22:37-39). «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Matteo 7:12). Ecco per lui «tutta la Legge e i Profeti», il che riduce la Bibbia ebraica a poca cosa; non si sospettava che alcuni evangelisti andassero al contrario a esaminare quella Bibbia per ricavarne le profezie che lo riguardassero.

La Legge ebraica non è quella di Gesù, perché egli spesso esclama: «Nella vostra Legge è scritto...» (Giovanni 8:17, 10:34) o «nella loro Legge» (Giovanni 15:25). E Paolo: «Noi siamo stati liberati dalla Legge» (Romani 7:6), «Se la giustizia si ha per mezzo della Legge, allora Cristo è morto invano» (Galati 2:21), «l'uomo è giustificato per la fede (in Gesù Cristo) senza le opere della Legge» (Romani 3:28, Galati 2:16).

Gesù annuncia e offre a tutti gli uomini, ai pagani come agli ebrei, una nuova dottrina (Marco 1:27), un nuovo comandamento (Giovanni 13:34), un nuovo cielo e una nuova terra (Apocalisse 21:1), un nuovo pasto (1 Corinzi 5:7), un nuovo lievito (Matteo 13:33), un vino nuovo (Matteo 13:33) che non va versato nei vecchi otri (Matteo 9:17).

Non si può, in queste condizioni, rifiutarsi di aprire gli occhi all'evidenza e di constatare che l'insegnamento primitivo del Cristo è stato completamente distorto. Il Nuovo Testamento è stato associato all'Antico Testamento dove attinge delle profezie che non significano nulla; è stato riempito di aneddoti e di racconti ebraici e quasi completamente giudaizzato.