sabato 30 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Visione d'insieme»

(segue da qui)

SECONDA PARTE

Le origini del mito di Gesù

CAPITOLO I

VISIONE D'INSIEME

Il mito di Gesù non si è formato in un giorno; non deriva dall'immaginazione di un uomo: è un mito formato da elementi molto divergenti, la cui elaborazione è stato piuttosto lenta. Questo non dovrebbe sorprenderci: generalmente è così che nascono i miti.

Elementi principali

Nella sua prima epistola ai Corinzi, Paolo fa menzione di divisioni a proposito del Cristo, di concezioni opposte alla sua; fatte tutte le riserve sull'autenticità del testo, egli riassume così le dispute dei Corinzi: «Io sono di Paolo, e io di Apollo, e io di Cefa».

Ciò lascerebbe intendere che all'origine del mito del Cristo, ci sarebbero tre fonti: una verrebbe da Paolo e dall'ambiente di Siria, la seconda dall'Egitto e dalla filosofia alessandrina, la terza sola sarebbe propriamente ebraica.

Questa visione delle cose non è del tutto falsa: le ultime due fonti sono giustamente adottate. La prima, per contro, appare molto più complessa, e dovremo riconoscervi due componenti, inizialmente estranee l'una all'altra, ma che si sarebbero fuse; da una parte una profonda influenza delle religioni pagane, specialmente dei culti misterici, e d'altra parte, un'influenza essena che, per essere ebrea, non è meno dissidente dal giudaismo ortodosso.

Se ci atteniamo ai testi canonici, unificati nel IV° secolo, le divergenze iniziali non appaiono quasi più. Resta tuttavia possibile ritrovare nel cristianesimo quattro grandi correnti, la cui fusione sola realizzerà l'essenza della nuova religione: 

1°) Una prima corrente viene dal paganesimo, e principalmente dai culti misterici, essi stessi di provenienza molto diversa ma già unificati, prima dell'avvento del cristianesimo, in quello che si è chiamato un «sincretismo» ellenistico: vedremo che Paolo stesso annuncia la nuova religione come la rivelazione di un «mistero».

2°) La seconda corrente è strettamente ebraica, e deriva dall'attesa del Messia e delle profezie che vi erano riportate: per certi aspetti, Gesù resta attaccato all'Antico Testamento, ed è forse questo che gli conferisce, nel gruppo degli dèi «salvatori» del paganesimo, la sua fisionomia originale.

3°) Una terza corrente, la cui importanza appare sempre più grande, proviene dall'Essenismo: è in una comunità essena di Siria (probabilmente quella di Damasco), comunità peraltro molto dissidente e già molto ellenizzata, che il cristianesimo ha preso nascita, e ne porta numerosi segni.

4°) Infine, ma più tardi, il cristianesimo si è appropriato delle speculazioni dei filosofi neoplatonici, ricavate da Filone e dalla sua scuola.

La Favola di Gesù Cristo — «Conclusione»

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Conclusione

Mi sembra quindi ben stabilito che nulla permette di credere all'esistenza di Gesù. 

Numerosi autori concordano sempre più ampiamente, persino se si sforzano di salvaguardare una vaga credenza in qualche fatto inconoscibile e inutile: «Ritengo che quello che noi possiamo sapere sulla vita e sulla personalità di Gesù, equivale a non dire proprio niente». [14] «La figura di Gesù non è direttamente accessibile alla storia». [15] «Se Gesù è veramente stato una persona storica, e noi non possiamo sapere nulla di questa persona storica, il Gesù proclamato nella Chiesa e dipinto nei Vangeli è allora una figura mitologica». [16] Questa persona la cui esistenza non è garantita da alcun testo, di cui non si sa nulla, che non serve a nulla, solo una vecchia abitudine di pensiero può ancora trattenere dal rigettarla nel nulla.

Ma se Gesù non è che un mito, da dove proviene quel mito? Senza quella parte costruttiva, è ben evidente che la tesi negativa non basta a convincerci: infatti il cristianesimo è un fatto e deve essere spiegato. 

NOTE

[14] BULTMANN: «Jésus» (1926). 

[15] BERTRAM: «Nouveau Testament et méthode historique» (1928).

[16] SJÖBERG: «Le Fils de l'homme dans les Evangiles» (1955).

venerdì 29 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «I martiri»

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I martiri

Secondo un classico argomento, al quale Pascal ha dato una forma famosa, se gli apostoli non avessero conosciuto Gesù, il loro coraggio nella diffusione del cristianesimo e nelle persecuzioni sarebbe inspiegabile.

L'argomento pecca dalle fondamenta, poiché gli apostoli non hanno mai diffuso il cristianesimo. Paolo non ha mai conosciuto Gesù; quanto agli altri cosiddetti apostoli, se sono mai esistiti, nessuno sa cosa sia successo loro.

In assenza degli apostoli, ci sarebbero dei testimoni di Gesù che, secondo le parole di Pascal, si sono fatti «sgozzare»? Potrei rispondere che il sacrificio prova la sincerità della fede, non la verità del credo; altrimenti  occorrerebbe denunciare tutte le vittime delle persecuzioni della Chiesa: i Catari si sono realmente fatti sgozzare per testimoniare il loro credo.

Ma io chiedo soprattutto che non mi si nominino quei martiri del I° secolo, ignorati da tutti gli autori, perfino cristiani. La Chiesa ha tanto fabbricato dei falsi santi che, come diceva Anatole France, Dio stesso deve avere ben difficoltà a riconoscere quelli veri.

La persecuzione di Nerone nel 64, come ho detto, è probabilmente un'invenzione del XV° secolo: tutti gli autori passano sotto silenzio le torce viventi di Nerone. La Chiesa ignora dove e quando sarebbero morti Pietro e Paolo, e tanti altri! Non ci viene detto che i quattro evangelisti avevano sostenuto con il loro sangue l'autenticità dei loro racconti. Si racconta proprio che Giovanni sarebbe stato immerso in un tino di olio bollente, ma non ne morì affatto; [11] questo miracolo non ha colpito affatto i Romani, che non ne parlano. In ogni caso, il detto Giovanni sarebbe morto di vecchiaia, e secondo il canone di Muratori, parecchi scribi vennero a mettere sotto il suo nome un racconto che non è suo.

La sola vittima attestata da Giuseppe, è Giacomo; ma egli non testimonia Gesù; è al contrario un ebreo fedele al Tempio, non un cristiano. Si fa denuncia di alcune vittime di Domiziano, senza che si possa assicurare che si trattasse di cristiani, ancor meno di testimoni diretti. I primi vescovi di Roma, benché figurino nel calendario, non hanno potuto morire per la loro fede, poiché lo stesso Duchesne, storico cattolico, ha dovuto cancellarli dalla lista dei «papi» inventata nel IV° secolo da Eusebio: la loro santità non li impedisce di essere dei puri fantasmi, destinati a collegare i vescovi del II° secolo al fantasma di Pietro. È lo stesso Eusebio che ci riporta il martirio di Blandina e dei cristiani di Lione: perfino se questo racconto, ricolmo di improbabilità, si basa su un fatto reale, non si tratta affatto di testimoni, poiché sarebbe accaduto nel 177.

È soltanto nel III° secolo che i cristiani saranno perseguiti e decimati. Nell'atmosfera di quelle persecuzioni, si immaginò retrospettivamente il martirio dei fondatori. Ma Origene [12] è là a ricordarci il piccolo numero dei martiri autentici. Nessuno crede più alla «Leggenda aurea».

Allora, dove sono i testimoni di Gesù? Sant'Agnese o Santa Filomena, che la Chiesa, sotto la pressione degli storici, è obbligata a cancellare dal suo calendario? Si invocherà forse Stefano, il primo martire: io vi rimando al lungo commentario di Loisy, che ha dimostrato l'artificio di questo racconto degli «Atti»: «Accumulo di tratti inverosimili, la cui audace ingenuità non ha finito di incutere rispetto agli interpreti». [13]

Leggende, favole, ma nessun fatto reale.

NOTE

[11] Riportato da  TERTULLIANO: «De praescr. haer.», 36.

[12] «Alcuni soltanto, di cui il conto è facile da fare, sono morti talvolta per la religione di Cristo» (Contra Celsum 3).

[13] Les Actes des apôtres, pag. 305-358.

giovedì 28 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Giovanni il Battista»

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Giovanni il Battista

Ma il problema di Giovanni il Battista merita che ci si soffermi un istante. L'esistenza di questo personaggio è attestata da Flavio Giuseppe, in un racconto che è ben lontano dal concordare con i nostri vangeli. 

Ecco il testo di Giuseppe, che si inserisce in seguito al racconto della battaglia in cui Erode Antipa fu sconfitto dal re Areta di Petra, di cui aveva appena ripudiato la figlia:

«C'erano giudei che pensavano che se l'esercito di Erode era stato distrutto, ciò era accaduto per volontà di Dio e come giusta vendetta di Giovanni, chiamato il Battista. Perché Erode lo aveva fatto uccidere benché fosse un uomo buono, che esortava i giudei a esercitare la virtù, a praticare la giustizia reciproca e la pietà verso Dio e a farsi battezzare. Infatti secondo lui anche il battesimo sarebbe stato gradito a Dio, se fosse stato usato non per ottenere il perdono di peccati commessi, ma per purificare il corpo, essendo l'anima [5] già stata purificata in precedenza dalla giustizia. Quando molti altri si unirono alle folle attorno a lui per ascoltare la sua dottrina, Erode cominciò a temere che la grande influenza di Giovanni sul popolo portasse a una ribellione (tutti infatti sembravano far tutto secondo il suo consiglio). Decise quindi che sarebbe stato molto meglio prevenirlo e liberarsi di Giovanni prima che la sua opera conducesse a un'insurrezione piuttosto che rimpiangere, a rivolta avvenuta, la disgrazia subita. Così Giovanni fu imprigionato e portato a Macheronte, la fortezza sopra nominata [6] e qua messo a morte a causa del temperamento sospettoso di Erode. Ma il verdetto dei giudei fu che la rovina dell'esercito di Erode fu una vendetta di Giovanni, nel senso che Dio giudicò bene infliggere un tale rovescio a Erode». [7]

Si vede che Giuseppe non collega il Battista ad alcuna setta; gli attribuisce una «dottrina» propria, e non ne fa l'annunciatore di un altro. 

Questi fatti sono molto diversi dalla disposizione inserita nei vangeli. Giuseppe non dice che Antipa ha fatto uccidere Giovanni per il capriccio di una donna, ma per paura di una sollevazione. In ogni caso, questi fatti sono avvenuti nel 35 o nel 36, dunque ben dopo la presunta morte di Gesù. Ora, lo pseudo-Marco fa morire Giovanni il Battista prima di Gesù (6:27), nel palazzo di Erode e non a Macheronte. Egli vi aggiunge la favola di Salomè, di cui Giuseppe non dice una parola, e che non resiste all'esame. Ma soprattutto, poiché Gesù sarebbe morto prima del Battista, è impossibile che Erode, sentendo parlare della «resurrezione» di Gesù intorno all'anno 30, abbia pensato ad una resurrezione del Battista (Marco 4:14), che non morì che  cinque o sei anni più tardi!

Non vi è dunque alcuna relazione stabilita tra Giovanni e Gesù. D'altronde Giustino (160 circa) non pensò di citare il Battista tra gli annunciatori del Messia.

Ciò che sembra probabile, è che i cristiani hanno tentato,  in seguito, di annettere Giovanni il Battista per cercare di fargli testimoniare Gesù. Nel prologo dello pseudo-Luca, egli diventa persino suo cugino (1:36), ma lo pseudo-Giovanni ignora questa parentela, poiché fa dire a Giovanni: «Io non lo conoscevo» (1:31). Aggiungiamo che lo stesso Luca fa battezzare Gesù da Giovanni dopo che Antipa ha fatto mettere costui in prigione (3:20), aggravando così l'incoerenza della cronologia, poiché il battesimo si considera avvenuto nel 30 e Giovanni fu imprigionato nel 35 o nel 36! Vai dunque a stabilire dei fatti storici su tali dati!

Siccome gli autori dei vangeli avevano letto Giuseppe, si può con verosimiglianza immaginare che essi abbiano cercato di annettere al cristianesimo il personaggio che Giuseppe presenta così favorevolmente. Ma l'apparente analogia del battesimo (vedremo che è abbastanza fittizia) ha fatto loro dimenticare la data della morte del Battista.

Certi vanno più lontano, e ammettono che il Giovanni Battista dei vangeli non sarebbe che un «clone» di Gesù, proprio come Barabba. La tesi, sostenuta da Massé [8] e soprattutto da Ory, [9] mi sembra in conflitto col testo di Giuseppe.

In ogni caso, Goguel è stato mal ispirato ad invocare questa testimonianza. Per di più, non riconosce lui altrove che «l'insegnamento messianico di Giovanni il Battista ha un significato molto diverso da quello in cui lo ha inteso la tradizione cristiana» ?[10] Il fatto che Giovanni il Battista sia esistito non permette di concludere l'esistenza di Gesù, alla quale non si fa la minima allusione (ancora una volta) nel racconto di Giuseppe, sola fonte degna di fede.

NOTE

[5] Tutto questo passo è sospettato di interpolazioni cristiane.

[6]  Al confine tra i due Stati di Antipa e di Areta,  ma in quest'ultimo, quindi in Arabia.

[7] Antichità Giudaiche, Libro 18, capitolo 7.

[8] Daniel MASSÉ: «Jean-Baptiste et Jean le Disciple aimé» (ed. du Sphinx).

[9] Hypothèses sur Jean le baptiseur, Cahier du Cercle Ernest Renan, 2° trim. 1956.

[10] GOGUEL: Jean-Baptiste.

mercoledì 27 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Goguel»

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Goguel

Molto più sottile è l'argomento di Goguel: l'esistenza di Gesù sarebbe sufficientemente stabilita perché sarebbe «inquadrata» tra due personaggi la cui esistenza, secondo l'autore, non può essere contestata: Giovanni il Battista e l'apostolo Paolo. [4]

Curioso argomento! Se lo si applicasse a Balzac, così tanti personaggi immaginari si troverebbero autenticati da delle concordanze storiche! Inquadrati dallo zar Alessandro e da Napoleone, i personaggi di «Guerra e Pace» sono dunque tutti reali? 

Perché l'argomento sia valido, occorrerebbe che Giovanni il Battista e Paolo attestassero loro stessi l'esistenza di Gesù. Ora, abbiamo visto cos'è il Cristo di Paolo: una visione celeste tutt'al più, se non un'ispirazione interiore. Quanto a Giovanni il Battista, egli non ha scritto nulla.

NOTE

[4] «Christianisme primitif», nella Histoire générale des religions, ed. Quillet, tomo 3, pag. 176.

martedì 26 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Loisy»

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Loisy

L'approccio di Loisy è ancora più netto: per lui, i vangeli non contengono alcun fatto storico e non si collegano nemmeno ad una tradizione: «L'estrema povertà dei ricordi primitivi è ciò che appare più chiaro»; i vangeli non riportano né la vita né l'insegnamento di Gesù, ma una «commemorazione drammatica» elaborata dalla fede, e una «collezione di detti relativi alla vita delle prime comunità». Inoltre, Loisy ammette che «dei dati mitologici hanno influenzato» la leggenda di Gesù, e che questi dati sono diversi: egli collega la natività in una grotta alle caverne di Adone e di Mitra: «Gli dèi solari nascono volentieri nelle grotte». [3

Insomma, per lui, tutto è leggenda, tutto... tranne la crocifissione che, da sola permette di collegare il cristianesimo alla morte reale di un uomo sconosciuto. Ma quel che Loisy non spiega è che, di questo sconosciuto, si sia potuto fare un dio: è molto facile comprendere come si arriva a dotare un eroe mitico di un'esistenza, di una biografia leggendaria; è molto meno accettabile che la fede si lega retrospettivamente ad un uomo che ha fallito, e di cui il ricordo stesso è perduto, per farne un dio. Quell'ipotesi non porta nulla di utile, pone arbitrariamente, e senza risolverlo, un problema aggiuntivo. Ma Loisy, ex prete, non riesce mai a staccarsi dall'insegnamento ricevuto, a rinunciare al Gesù di carne: le sue lucide analisi lo conducevano a quest'ultimo rinnegamento, il suo sentimento (o la sua testardaggine) lo arrestò sull'orlo della confusione.

La soluzione di Loisy è vicinissima a quella di Guignebert: Gesù non è il fondatore del cristianesimo, la sua morte in croce non ha giocato alcun ruolo, se non per la fissazione nel tempo di una vita puramente leggendaria, elaborata dalla fede. Noi non stiamo dicendo altro, se non che la crocifissione stessa non è un fatto storico.

NOTE

[3] LOISY: «L'évangile selon Luc», pag. 114.

domenica 24 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Guignebert»

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Guignebert

Dopo aver tutto eliminato dalla vita di Gesù, Guignebert credeva ancora all'esistenza di un uomo crocifisso, che però non sarebbe stato il fondatore del cristianesimo. Alfaric [2] ha riassunto, sotto questa piacevole forma, la conclusione dell'opera di Guignebert: «Qualcuno, non si sa chi, il cui nome non è sicuro, insegnò non si sa che a proposito del Regno di Dio predetto dai profeti, e perì non si sa come, né quando né per quale motivo, su una croce». Perfino se fosse vero, questo personaggio non avrebbe nulla in comune con il Gesù dei vangeli. 

La singolare ostinazione di Guignebert proveniva da due cause. In primo luogo, egli credeva ben stabilito il fatto della crocifissione, e ne deduceva che si trattasse di un ricordo reale, poiché nessun ebreo avrebbe immaginato un supplizio così ignominioso per il Messia. Io ho sufficientemente mostrato che il fatto stesso della crocifissione è lontano dall'essere così assicurato come lo si crede nella leggenda di Gesù, e che non proviene dall'ambiente ebraico: Paolo tentò invano di farlo ammettere a Gerusalemme. Se fosse stabilito, sarebbe ancora necessario spiegare come si sarebbe fabbricato un dio con il ricordo di un uomo crocifisso sconosciuto.

Inoltre, Guignebert conserva, in memoria della sua formazione, fin troppo grande rispetto per i vangeli: egli si rifiuta di riportarli oltre la seconda metà del I° secolo, il che distorce la prospettiva delle origini cristiane.

Fatte queste riserve, siccome il Gesù di Guignebert non gioca alcun ruolo nella nascita del cristianesimo, la sua conclusione è, in sostanza, vicinissima a quella dei miticisti.

NOTE

[2] «A l'école de la raison», pag. 156.

La Favola di Gesù Cristo — «Risposte a delle obiezioni»

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CAPITOLO X

RISPOSTE A DELLE OBIEZIONI

L'inesistenza di Gesù mi sembra sufficientemente dimostrata dalle argomentazioni convergenti che ho appena raccolto. Tuttavia, siccome alcune obiezioni potrebbero ancora fare illusione, mi sembra utile rispondere a quelle che sono più spesso invocate.

Il sentimento di presenza

Certi protestanti ammettono volentieri che i vangeli sono sprovvisti di valore storico e che è impossibile dimostrare l'esistenza di Gesù. Ma, secondo loro, da questi libri senza valore storico emergerebbe il sentimento molto possente di una presenza: la persona di Gesù esorbiterebbe dai testi e si imporrebbe attraverso quei racconti imperfetti.

È l'argomento di Renan: supponiamo che quattro veterani dell'Impero abbiano scritto le loro memorie su Napoleone, i loro racconti conterrebbero numerosi errori storici, «ma una cosa risulterebbe certamente, con un alto grado di verità, da quei ingenui racconti, è il carattere dell'eroe, l'impressione che fece attorno a lui». [1]

Non credo sia necessario replicare alla lunga. Prima di tutto, quell'impressione è puramente soggettiva: io non la sento affatto, dopo aver esaminato i testi, proprio al contrario io vedo il personaggio dissolversi. Ma ammettiamo (e io lo credo) che questo sentimento esista tra certi lettori: resta da vedere se non sia il risultato di un insegnamento ricevuto fin dall'infanzia. Sarei molto più convinto dalla forza dell'impressione, se fosse sentita da dei lettori che non avessero in anticipo alcuna conoscenza delle opere. 

E cosa prova quel sentimento? Ancor più di Gesù, noi abbiamo il sentimento della presenza di Ulisse, di Antigone, di Didone, di Don Chisciotte, di Amleto: occorre concludere che tutti questi eroi siano esistiti? Un fatto storico si prova con dei testi, non con delle impressioni soggettive. 

NOTE

[1] RENAN: Vie de Jésus, introd.

sabato 23 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «La testimonianza di Fausto»

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La testimonianza di Fausto

Terminerò con questa dichiarazione del manicheo Fausto, un erudito del III° secolo: «Tutti sanno che i vangeli non sono stati scritti né da Gesù Cristo né dai suoi apostoli, ma MOLTO TEMPO DOPO da uomini sconosciuti i quali, per evitare che non si avesse fede in loro poiché scrivevano cose che non avevano visto, posero sul frontespizio dei loro scritti dei nomi di apostoli o di uomini apostolici e contemporanei».

Tutti lo sapevano ancora nel III° secolo. Da allora, quella conoscenza è declinata drasticamente.

giovedì 21 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «I Mandei»

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I Mandei

Si è creduto per un certo tempo che i testi sacri dei Mandei avrebbero fornito la chiave delle origini del cristianesimo. I Mandei, che si ricollegano a Giovanni il Battista come profeta, considerano Gesù un essere malvagio e ingannatore: il suo battesimo da Giovanni ha macchiato il fiume Giordano e lo ha trasformato in una fogna. La dottrina generale è abbastanza simile ad una Gnosi: sembra derivare dalla stessa corrente del cristianesimo, ma non l'ha preceduta, come si era creduto. Loisy ha dimostrato che i testi mandei si ispirano al contrario al cristianesimo [10] e hanno annesso Giovanni il Battista per giustificare il loro rito battesimale, ma è molto dubbio che derivino da lui. Dato che il mandeismo non era anteriore alle origini cristiane, è tanto più interessante ricercare quale ricordo questi oppositori hanno conservato di Gesù.

Gesù, è il Nebu Cristo, una delle sette divinità planetarie, è il malvagio pianeta Mercurio. Egli appare ai suoi adoratori nel fuoco (Ginza, 28-29), poiché è il diavolo. Ecco un aspetto di Gesù che ci sorprende, eppure il testo sacro insiste: «Cristo si manifesta ancora sotto un'altra forma: di fuoco si riveste, si avvolge... Sul fuoco è la sua dimora». Oppure: «Quando Nebu (Cristo) di mezzo agli angeli dell'errore si fa avanti, Rucha di Qudsha (lo Spirito Santo) sua madre lo chiama. Sulla corona del cielo e della terra, sul monte Tabdana (?) consacrano Gesù con il corno dell'olio e lo rivestono di fuoco» (Ginza, 49).

Così i Mandei sanno che Cristo significa «unto con olio»; ma il loro Cristo è un puro mito: non solo appare nel fuoco, ma crea una scala per muoversi tra il cielo e la terra! Si ammetterà che queste indicazioni sono un po' scoraggianti per coloro che speravano di trovare presso dei nemici qualche allusione ad una vita reale di Gesù!

NOTE

[10] LOISY: «Le Mandéisme et les origines chrétiennes» (Nourry, 1934).

mercoledì 20 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «I monarchiani»

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I monarchiani

Al tempo del vescovo Zefirino (196-217), vediamo fiorire a Roma una nuova dottrina, del tutto opposta: laddove la Gnosi frammenta il mondo divino, essa tende a ristabilire l'unità di Dio. Ora, se il Cristo è dio, ciò ne fa due, con il Padre: è uno di troppo. O Cristo non è dio, oppure, se egli è Dio, è uno solo con il Padre e non ha potuto incarnarsi né morire. Quei sillogismi irritavano molto Tertulliano, ma Ippolito ci informa che il vescovo Zefirino, analfabeta e di mente ottusa, non era in grado di comprenderli. 

Non avrei menzionato questa dottrina tardiva, se i suoi autori non si fossero riallacciati ad un certo Noeto di Smirne, che sarebbe vissuto verso la fine del II° secolo: è il suo discepolo Epigone che avrebbe portato la dottrina a Roma, dove fu ripresa da Prassea. Se quella tradizione è corretta, ecco ancora qualcuno che, molto prima dei nostri vangeli, non ammetteva l'esistenza terrena e la morte di Gesù.

La Favola di Gesù Cristo — «Simone il mago»

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Simone il mago

Alla Gnosi si collega anche il mito di Simone, detto il Mago o lo Stregone. Secondo le ricerche di Alfaric, questo Simone non sarebbe che un adattamento del dio siriano Esmon. Si tratta, in ogni caso, di un personaggio mitico, incarnazione del Logos disceso sulla terra per il riscatto degli uomini, ma soprattutto della Sapienza decaduta (la quale, dopo essere stata la bella Elena della guerra di Troia, avrebbe finito la sua carriera terrena in un lupanare di Tiro). Il mito è quindi quello di un Salvatore impregnato di ellenismo.

Ora, la vita di detto Simone era raccontata in un vangelo, naturalmente perduto, anteriore ai vangeli cristiani, nel quale faceva dei miracoli, trionfava sulle forze del male e infine risaliva al cielo in compagnia della Sapienza divina, strappata da lui dalle degradazioni della carne. Marcione ha certamente conosciuto il vangelo di Simone, e se ne è forse ispirato.

È molto curioso constatare che i cristiani hanno fatto di Simone un personaggio reale. Negli «Atti degli Apostoli», lo vediamo persino convertito dal diacono Filippo (8:9-13) prima di tentare di acquistare i doni dello Spirito Santo e di inventare così il crimine di «simonia» (8:18-24). Si è evidentemente tentato di screditarlo. Altri testi raccontano i suoi conflitti con l'apostolo Pietro. Alfaric pensa che diversi elementi del culto di Simone sarebbero passati al cristianesimo. [9]

È interessante notare che anche in questo caso un dio sarebbe stato trasformato in uomo.

NOTE

[9] «A l'école de la raison», pag. 181 e seguenti; «Les origines sociales du christianisme», pag. 258 e seguenti.

lunedì 18 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Marcione»

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Marcione

Per certi versi, Marcione si collega alla Gnosi, ma ne ha semplificato la teoria, oppure conosce una Gnosi primitiva, meno erudita. Abbiamo già visto che, anche per lui, il Cristo non è che un essere celeste che discende dal cielo, prende una rassomiglianza d'uomo [7] e non subisce che in apparenza la passione e la morte.

Ora, Marcione fu dapprima molto bene accolto dalla comunità di Roma: non solo a causa del dono di 200000 sesterzi (la Chiesa assicura che gli furono restituiti al momento della sua espulsione; io ne sono meno sicuro di lei). È lui che rivelò a Roma le epistole di Paolo. Veniva dalla Siria, aveva dunque qualche possibilità di saperne di più degli scrittori dei vangeli successivi, uno dei quali (lo pseudo-Luca) non sarà che un ritocco del suo. L'influenza di Marcione fu certamente considerevole, a giudicare dall'accanimento con cui ci si mise a confutarlo: un mezzo secolo più tardi, Tertulliano doveva ancora dedicargli un intero trattato.

Tertulliano ci informa che è Marcione ad essere intravisto, sotto il nome di Anticristo, nelle due epistole attribuite all'apostolo Giovanni: ciò permette di datare le epistole (dopo la condanna di Marcione nel 144, quindi intorno al 150, ma prima del IV° vangelo, attribuito allo stesso Giovanni, poiché Gesù vi è ancora qualificato solo come «Verbo di vita» senza essere assimilato al Logos). Quelle epistole potevano ben essere di un Giovanni, come l'autore si nomina all'inizio della seconda: non l'apostolo, che non è probabilmente mai esistito e che, in ogni caso, non poteva conoscere Marcione, ma il Presbitero, conosciuto da Papia intorno al 150.

Ora, qual è il grande rimprovero che quelle epistole fanno a Marcione? Esse mettono in guardia contro «coloro che non confessano che Gesù sia venuto nella carne» (2 Giovanni 7). Colui che lo nega è già di questo mondo (1 Giovanni 4:3) è l'Anticristo, è Marcione, precisa Tertulliano.

Stesso aspetto della controversia con il vescovo Policarpo, che, secondo Ireneo, nella sua lettera ai Filippesi, avrebbe condannato Marcione in questi termini: «Chiunque non ammette che Gesù Cristo è venuto in carne è Anticristo». [8]

Così dunque, è intorno al 150, e per opposizione agli Gnostici e a Marcione, che è nata la grande controversia sull'esistenza di Gesù. È solamente dopo il 144 che la Chiesa (e soprattutto quella di Roma) condanna coloro che negavano che Gesù fosse venuto nella carne. Fino ad allora, quella tesi aveva potuto essere sostenuta, predicata senza contraddittori da Basilide, da Marcione, da Valentino,— senza dimenticare l'autore dell'Apocalisse che attende ancora la venuta del Cristo sulla terra. È soltanto intorno al 150 che la comunità romana si distacca dagli Gnostici ed elabora il mito di un Gesù crocifisso nella carne, mito sconosciuto fino ad allora (anche da Paolo); è soltanto a quell'epoca, e secondo i bisogni della controversia, che si redigono, nei nostri vangeli, i racconti della vita terrena di un Gesù ben diverso dall'essere puramente celeste solo conosciuto prima del 150.

NOTE

[7] «Dicunt (Marcionitae) corpus Salvatoris nostri speciem quamdam fuisse ut corpus angelorum qui in domo Abrahae ederunt» (Ephrem, Evangelii concordantis expositio).  

[8] Lettera di Policarpo ai Filippesi 7:1. — Si veda DELAFOSSE (Turmel): «Lettres d'Ignace d'Antioche», Rieder, pag. 27.

domenica 17 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «La tesi degli Gnostici»

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La tesi degli Gnostici

Semplificando enormemente, la tesi degli Gnostici si può riassumere così: il vero Dio non è il creatore di questo mondo, la cui imperfezione è manifesta; tra il Dio supremo e il mondo materiale esiste tutta una gerarchia di esseri celesti. È uno di loro, un demiurgo di un rango molto inferiore, che (per errore o per orgoglio) ha disobbedito e creato il mondo materiale: quel demiurgo, è il dio della Bibbia, il padre del Demonio.

Ma il mondo e l'uomo possono essere salvati grazie all'intervento di un altro essere celeste, di un rango più elevato: è il Logos o il Cristo. Per ciò, è necessario che discenda dal cielo superiore verso le zone inferiori, e che si unisca a sua sorella la Sapienza divina, anch'essa caduta, riscattandola. Il creatore di questo mondo vuole farlo morire, ma il Logos è immortale; non ha preso che un'apparenza umana, e ascende allora al cielo con sua sorella la Sapienza, avendo compiuto la sua missione.

Le cose sono molto più complicate, ma io non voglio trattenere che questo: il Cristo gnostico è un essere puramente celeste, e proprio nel momento in cui si scrivevano (in gran parte contro di loro) i vangeli canonici, esistevano degli uomini, che si fregiavano di una tradizione apostolica, che non credevano all'esistenza reale di Gesù.

Secondo Basilide, il Cristo non avrebbe potuto soffrire poiché la sofferenza è l'espiazione di una colpa e Dio non avrebbe potuto tollerare una sofferenza ingiusta. Gesù quindi non è morto, ma non aveva che un'apparenza carnale: «Christum aute.... venisse in phantasmate, sine substantia carnis». [5] È un certo Simone di Cirene che sarebbe stato crocifisso: [6] in risposta, i canonici faranno di Simone di Cirene il semplice portatore della croce di Gesù.

È fuor di dubbio che è contro gli gnostici che la Chiesa di Roma sarà portata ad accentuare il carattere umano di Gesù, a precisare la sua leggenda terrena. Ma la Gnosi, come il cristianesimo, viene dalla Siria; è nata prima di esso (o sostanzialmente nello stesso tempo); Paolo la conosce e ne è influenzato. È a Roma, a metà del II° secolo, che si pretenderà di sapere molto di più degli orientali.

Basilide, invece, non credeva alla nascita di Gesù, ed è per questo che, al posto della festa della Natività, istituirà quella dell'Epifania.

NOTE

[5] TERTULLIANO: Adv. omnes haer. 4.

[6] IRENEO: Adv. haer. 1:24.

sabato 16 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Gli Gnostici»

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Gli Gnostici

Con la Gnosi, tocchiamo delle teorie più profonde, meglio conosciute, ma oscure. [2

Sono esistite numerose sette gnostiche; gli specialisti le classificano in sette popolari e sette filosofiche, in sette siriane e sette egiziane. È molto difficile orientarsi, ma le sfumature non ci interessano qui. Mi atterrò alla Gnosi più prossima al cristianesimo, quella di Basilide, di Carpocrate e di Valentino, alla cui confutazione si accingeranno Ireneo e Tertulliano.

Sappiamo che Carpocrate e Valentino vissero a metà del II° secolo: sono dei contemporanei di Marcione. La loro dottrina è stata largamente diffusa nel mondo romano, e Valentino sarebbe venuto a predicare a Roma tra il 135 e il 160. La Chiesa riconosce che vi riportò grandi successi: «Egli fu proprio portato ad essere gnostico, come lo si sarà nel XVIII° secolo ad essere filosofo». [3]

È contro gli Gnostici, così come contro Marcione (molto prossimo a loro), che la Chiesa sarà indotta a correggere i suoi testi, a fabbricarne di nuovi per crearsi degli argomenti: epistole pastorali attribuite a Paolo, epistola di Giuda, ed infine (perché no?) un'epistola attribuita allo stesso apostolo Pietro che, però, ignorava al contempo la lingua greca e la filosofia, poiché semplice pescatore aramaico.

Gli Gnostici cristiani rivendicavano loro stessi una tradizione apostolica, diversa da quella della Chiesa: Basilide [4] si richiamava ad un certo Glaucia, interprete di Pietro (evitava almeno la difficoltà della lingua); Valentino ad un certo Teuda, discepolo di Paolo; quanto a Carpocrate, egli si fregiava, come Paolo, di visioni personali. A ciò, la Chiesa non ha trovato altra risposta che fabbricare dei falsi, attribuiti, anche loro, agli apostoli.

NOTE

[2] Si veda J. DORESSE: «Les livres secrets des gnostiques d'Egypte» (Plon, 1958).

[3] Dom. Ch. POULET: Histoire du christianisme, I, pag. 110.

[4] Discepolo di Menandro; costui veniva da Antiochia dove sarebbe stato discepolo di Simone il Mago (Ireneo, Adv. haer. 1:24).

La Favola di Gesù Cristo — «L'adozionismo»

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L'adozionismo

L'espressione «Io ti ho generato oggi» evoca un'eresia, che rinascerà nella Chiesa, ma che doveva esistere dall'origine: secondo quella tesi, Gesù non sarebbe stato che un uomo comune e sarebbe diventato il Figlio di Dio con un'«adozione» realizzata al battesimo. L'espressione non è che una citazione del Salmo 2, ma è abbastanza istruttivo che l'epistola agli Ebrei la utilizza in un senso adozionista: «Così anche Cristo non si prese da sé la gloria di essere fatto sommo sacerdote, ma la ebbe da colui che gli disse: Tu sei mio Figlio, e io ti ho generato oggi» (Ebrei 5:5). Gesù sarebbe dunque stato chiamato «come Aronne», dice lo stesso testo (5:4).

Ecco una tesi che non manca di buon senso, e che tenderebbe a farci credere all'esistenza di un uomo Gesù. L'epistola agli Ebrei, che non è certamente di Paolo, è un testo antichissimo. Sfortunatamente, l'abbiamo visto, il testo prosegue con l'assimilazione di Gesù a Melchisedec, personaggio biblico la cui originalità è quella di non avere né padre né madre, nessun principio di vita, — ed ecco il nostro uomo Gesù ricascato nel niente. A cui l'epistola aggiunge: «Su questo argomento avremmo molte cose da dire, ma è difficile spiegarle a voi perché non siete in condizione di comprenderle» (5:11), e l'autore ci introduce in pieno clima dei misteri pagani.

venerdì 15 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Il libro di Elcasai»

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Il libro di Elcasai

Agli Ebioniti, o ad una setta analoga, va collegato il Libro di Elcasai (o Libro del dio nascosto), sostanzialmente contemporaneo al vangelo degli Ebrei. Anche in questo caso, lo Spirito Santo è di genere femminile, ma lei non è più la madre di Gesù, è sua sorella: entrambi sono di dimensioni colossali, e si erigono su una nuvola tra due montagne.

mercoledì 13 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «la testimonianza degli eretici»

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CAPITOLO IX

LA TESTIMONIANZA DEGLI ERETICI

Io mi sono limitato, finora, agli scritti canonici. Ma conviene esaminare anche ciò che pensavano del Cristo le sette o gli uomini condannati in seguito dalla Chiesa: un'eresia è una dottrina che non ha trionfato, una dottrina che si è trovata minoritaria al momento della fissazione del dogma; ma all'origine, nessuno poteva prevedere quale fosse la dottrina che avrebbe prevalso e quali sarebbero state condannate. Inoltre, l'opinione respinta spesso ha delle chance di essere anteriore a quella che ha prevalso: è diventata eretica, proprio perché non ha saputo evolversi.

Un rapido esame del personaggio di Gesù nelle prime eresie ci confermerà pienamente nella certezza che alle origini non si tratta mai un uomo, ma di un essere celeste.

Gli Ebioniti

Non sappiamo granché di questa setta antichissima, di cui ci parla Epifanio, ma sappiamo almeno ciò che conteneva il suo vangelo, chiamato «Vangelo degli Ebrei», poiché la setta è molto legata alla legge ebraica, o ancora «Vangelo dei dodici apostoli», benché non sia stato attribuito che al solo Matteo. 

Beninteso, questo vangelo non ci è pervenuto, e questo è un peccato, poiché tutto fa pensare che fosse molto antico, molto anteriore ai canonici. È esso che attribuiva a Giacomo la prima visione del Cristo risorto. 

Si sa almeno in cosa consisteva essenzialmente dalle confutazioni degli autori ortodossi. A prima vista, non si presenta come un documento storico di primo piano: situa il pontificato di Caifa (18-36) sotto Erode il Grande (morto nel 4 A.E.C.), e questa lacuna di quasi un quarto di secolo dice molto sull'attenzione cronologica degli autori evangelici. 

In ogni caso, il vangelo degli Ebrei esordiva con la missione di Giovanni il Battista, reincarnazione del profeta Elia. Giovanni battezzava per la remissione dei peccati, e Gesù, personaggio sovrumano, si rifiuta di sottomettersi a questo battesimo, a causa del fatto che non ha mai peccato: ciò testimonia la sua natura divina, e in effetti non ha genealogia. Nondimeno, accetta di recarsi al battesimo, e allorché esce dall'acqua, i cieli si aprono e una voce celeste dice: «Tu sei il mio Figlio diletto... ti ho generato OGGI». Non si tratta che di una citazione del Salmo 2, che illustra anche l'epistola agli Ebrei (5:5). Ma la parola «oggi» ha imbarazzato la Chiesa, che la ha soppressa nella stessa scena del battesimo raccontata dallo pseudo-Marco (1:11), dallo pseudo-Matteo (3:7) e dallo pseudo-Luca (3:22). Quanto allo pseudo-Giovanni, egli sopprime l'intera citazione (1:32). Si può dunque pensare che all'origine, Gesù non diveniva il «figlio di Dio» che al battesimo, il che si accorderebbe con un'esistenza reale. Sfortunatamente, sapete chi è sua madre? Quella non è Maria, è.... lo Spirito Santo. In effetti, in ebraico, la parola «spirito» è femminile. Ecco dunque il nostro personaggio onorato con una nascita sovraterrena, cosa che gli permette di dire, per esempio: «Mia madre lo Spirito Santo mi prese per i capelli e mi trasportò sul monte Tabor». [1]

NOTE

[1] ORIGENE: In Johan. evang. 2:12 — Si veda Alfaric: «Les origines sociales du christianisme», pag. 123.