mercoledì 26 dicembre 2018

Della disperata necessità di «Più “dimostrazione” che Gesù esisteva» all'ombra della solita propaganda natalizia del mito della veracità storica di Gesù

«Ora ascolta, Gesù... qualunque cosa fai, NON diventare storico!»


SVIZZERA (GUARDIA): Uomo di Chiesa abbastanza brusco che nelle cerimonie precede il curato, fa sì che gli facciano posto, allontana gli scocciatori che potrebbero disturbarlo nelle funzioni sacre. I sovrani spesso altro non sono che le Guardie Svizzere del clero.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)


L'ateo Jerry A. Coyne, biologo evoluzionista e genetista nonchè autore di questo libro, ci consegna, a fronte della dilagante ipocrisia cristiana sotto Natale, queste due segnalazioni come ennesima, sfacciata riprova della medesima.

Si tratta innanzitutto della necessità di More “proof” that Jesus existed, di cui propongo di seguito la traduzione:



Più “dimostrazione” che Gesù esisteva

Non voglio essere uno Scrooge, ma poi di nuovo non sono stato io a decidere di mettere il post seguente presso The Big Think — non più un nome appropriato — poco prima di Natale. Leggi e piangi, e poi decidi se vuoi che ti mandi un saggio di un lettore sul perché questo articolo è spazzatura. L'autore di Big Think, Paul Ratner, è uno scrittore e regista:


Non ho intenzione di analizzare nei dettagli le “prove” di Ratner a favore di un Gesù storico (Ratner dice di non star trattando il Gesù divino, anche se, come vedrai, lui lo sta trattando in una certa misura). Ci sono tre righe di ciò che Ratner considera “prove per Gesù”, e l'ultima è così sgradevole che persino Ratner non ci crede.

1.) C'erano scritti su Gesù non molto tempo dopo la sua presunta morte. Ratner cita l'apostolo Paolo, che non ha mai incontrato Gesù e non ha nemmeno raccontato storie sul Gesù storico nelle sue lettere. Come mostra Peter Nothnagle di seguito, Paolo concepì un Gesù celeste, non terreno. Gli altri scritti su Gesù sono derivati, come nel caso di Plinio e di Tacito, come pure nel caso di Flavio Giuseppe, le cui citazioni su Gesù potrebbero essere state interpolazioni successive. Rimane il fatto che l'insieme delle prove per un Gesù storico proviene dalla Bibbia e dalle asserzioni intorno al suo tempo, e questo indusse la gente a scrivere di Gesù da decenni fino a secoli dopo la sua presunta morte. Non ci sono prove convincenti contemporanee dell'esistenza di un Gesù storico — o almeno prove che mi convincano.

Eppure sono disposto ad essere convinto, perché non ho un interesse in questa lotta. Perfino se ci fosse stato un personaggio sul quale Gesù era basato, ciò non dimostra che il personaggio fosse un Figlio di Dio divino e operatore di miracoli. Penso di essere soltanto scettico, e sento che quegli studiosi che sono quasi certi che ci fosse un Gesù storico sono colpevoli di confermare ciò che loro vogliono credere. Ma naturalmente gli altri la penseranno diversamente: si tratta di quante prove ci vogliono per convincere qualcuno, e questo differirà da persona a persona.  

2.) Ci sono stati testimoni oculari della vita di Gesù da parte di persone che sarebbero state vive durante il suo tempo. Paolo è il principale, ma lui non ha mai incontrato Gesù, e l'idea che abbia incontrato gli apostoli di Gesù è discutibile nel migliore dei casi (vedi il saggio che ho di seguito). E questo è praticamente tutto. Ratner aggiunge quindi prove superflue e poco convincenti che non rientrano nemmeno in questa categoria. È incredibile, così te lo mostrerò:
I racconti dei testimoni corrispondono anche abbastanza bene a ciò che altre fonti di informazione ci raccontano della vita in Palestina del primo secolo. Ad esempio, avere grandi folle che arrivano presso un guaritore come Gesù è confermato attraverso l'archeologia, che ci dice che i residenti della zona hanno dovuto affrontare malattie come la lebbra e la tubercolosi. Uno studio sulle sepolture nella Palestina romana, condotto dall'archeologo Byron McCane, ha rivelato che tra i due terzi e i tre quarti delle tombe a cui hanno guardato c'erano resti di bambini e adolescenti. McCane ha sottolineato la prevalenza della mortalità infantile in quel momento, spiegando che “durante il tempo di Gesù, superare i 15 anni costituiva apparentemente una fregatura”. 
Certamente, possedere i giusti dettagli dell'ambiente non dimostra che Gesù Cristo sia esistito. Il dottor Gathercole pensa che per gli scrittori dell'epoca non avrebbe avuto senso creare un personaggio così elaborato, affermando: “È anche difficile immaginare perché gli scrittori cristiani avrebbero inventato una figura salvifica completamente ebraica in un tempo e in un luogo — sotto l'egida dell'Impero romano — dove c'era forte sospetto del giudaismo”. 
Questo sentimento è supportato da Byron McCane, archeologo e professore di storia alla Florida Atlantic University, che in un'intervista al National Geographic ha detto che “non riesce a pensare a nessun altro esempio che si adatti al loro tempo e al loro luogo così bene, ma la gente dice che non esiste”. In altre parole, sarebbe piuttosto senza precedenti che un personaggio del genere fosse stato inventato.
Questo è quanto profondamente gli “studiosi” di Gesù devono scavare per sostenere la sua esistenza: la Bibbia dice che Gesù era un guaritore, e un sacco di gente era ammala durante il suo tempo. Afferrato? Questa è una prova veramente forte! E poi c'è il vecchio luogo comune che la storia è così incredibile che bisogna crederci: in questo caso, “perché gli scrittori cristiani inventerebbero una figura salvifica completamente ebrea” e così via. Questo è l'argomento a favore di Gesù basato sull'ignoranza, ma ovviamente non c'erano cristiani prima di Gesù. È sulla falsariga di “le donne hanno trovato il corpo di Gesù, e nessuno avrebbe mai creduto alle donne allora, quindi deve essere stato vero”.

3.) L'argomento delle reliquie. Questo argomento è così stupido che Ratner non lo fa proprio e Ratner finisce col dire: “Beh, Gesù deve essere stato un personaggio reale perché gli studiosi di quell'epoca lo hanno detto”. Dai un'occhiata:
Ci sono state un certo numero di reliquie associate a Gesù, ma nessuno ha dimostrato che siano indubbiamente autentiche. Queste comprendono la famigerata Sindone di Torino, presumibilmente l'immagine negativa di un uomo che sarebbe stato apparentemente Gesù Cristo. Alcuni sostengono che sia il sudario di Gesù dopo la crocifissione. La scienza sulla datazione e sulle origini della Sindone è molto dibattuta e generalmente non supporta le affermazioni. 
Un'altra famosa reliquia di dubbia autenticità è La Vera Croce. Ci sono centinaia di frammenti di legno rivendicati da varie persone nel corso della storia come provenienti dalla croce utilizzata nella crocifissione di Gesù. Molti di questi frammenti sono dispersi in varie chiese europee, nonostante la scarsa conferma che siano reali. 
Altre pretese reliquie relative alla crocifissione includono la Corona di Spine indossata da Gesù, i chiodi usati nella croce oppure il Velo della Veronica — che si presumeva fosse usato per asciugare il sudore dalla fronte di Gesù quando portava la croce.
Perché tutto questo è perfino presentato come “pezzo di evidenza storica”? Anche Ratner afferma che “nessuno ha dimostrato che siano indubbiamente autentiche”. Si sottolinei questo punto: “Non c'è nessuna ragione per credere che ALCUNA di quelle sia autentica”. Nota anche che questa non è una prova per un Gesù storico, ma per un Gesù divino, che Ratner dice di non star  presentando.

Finalmente, il Grande Punto di Ratner.
Sulla base delle prove che abbiamo, qualcuno può certamente dire che Gesù esistette veramente circa 2000 anni fa? Mentre la prova incontrovertibile può essere impossibile da ottenere, quelli che studiano il periodo credono che ci fosse stato qualcuno chiamato Gesù Cristo vissuto nella zona e nel periodo di tempo su cui siamo generalmente d'accordo, ha detto l'archeologo Eric Meyers, professore emerito in studi giudaici alla Duke University.
IL PALLIATIVO A QUESTA STUPIDAGGINE: Come regalo speciale di Natale ai miei lettori, sto offrendo un articolo del lettore Peter Nothnagle, che si è preso l'hobby di studiare “la ricerca scientifica del Gesù storico”. Peter ha prodotto un documento di 21 pagine, “Jesus: Fact or Fiction?”, derivato da un discorso tenuto nel 2016 alla Unitarian-Universalist Society di Iowa City City Secular Humanists and Secular Students of Iowa. È un documento erudito ma scritto molto chiaramente (e umoristicamente) che conclude che non esistono prove convincenti nemmeno per un Gesù storico. Estrarrò un pò dalla fine e poi ti offrirò il suo articolo:
Così cos'ho imparato nei miei sforzi di scoprire il Gesù storico? Sarò schietto. L'intero, vasto edificio che è il cristianesimo sembra esser stato costruito sulle fondamenta di un mito e incompresa fiction – e un sacco di ciò è propaganda in senso stretto. Questo non vuol dire che sia tutto falso, ma ecco il punto importante: significa che non ci sono buone ragioni per credere che tutto ciò sia vero. Credeteci, se volete, sulla fede, ma sappiate che tutte le prove che lo supportano o sono deboli, contraddittorie, oppure fraudolente.  
Prima di concludere vorrei dire una cosa ai critici della tesi del mito di Cristo. Non sto prendendo una posizione estrema. Non è come se ci fossero persone ad un'estremità di uno spettro ad affermare che “Gesù è il figlio di Dio”, e io sia invece all'estremo opposto quando dico che non c'era un personaggio del genere. Il miticismo di Cristo è una posizione di neutralità. Io non sono convinto in pari misura del Gesù di Paolo, del Gesù di Marco, di Matteo, di Giovanni; Non sono disposto a dire che Gesù fosse un capo ribelle, né direi che Gesù fu inventato dai Romani per pacificare gli ebrei, né che fosse un guaritore religioso itinerante i cui seguaci esagerarono le sue imprese. Forse alcuni di questi Gesù sono più plausibili di altri, ma non penso ci siano prove sufficienti per concludere che qualcuno di loro fosse reale, o addirittura probabile. Come la maggior parte dei miticisti, sto semplicemente cercando di trovare una risposta a una domanda importante, e sarei assolutamente felice se venisse alla luce qualche nuova prova buona per Gesù — e chissà, forse succederà un giorno. Ma oggi un miticista come me non è qualche svitato, un miticista è solo qualcuno che ha guardato tutto ciò che i credenti, gli storici, gli archeologi e gli studiosi hanno presentato, e ha concluso che il Gesù venerato dai cristiani ha molte più probabilità di essere una creazione letteraria invece che un personaggio storico. 
Questa scoperta non ha distrutto la mia fede, perché non ho avuto alcuna con cui cominciare, ma anche da ateo ciò mi porta ancora ad una conclusione che fa riflettere: che non c'è davvero alcun limite all'abilità degli umani di ingannare noi stessi. 
Se vuoi che ti mandi l'articolo di Peter, mandami una e-mail e chiedi al mio noto indirizzo. Ma per favore non chiedete a meno che non intendiate leggerlo (ricordate, è lungo 21 pagine spaziate 1.5), poiché ci vuole del tempo per inviarlo. Ma è molto buono.

E abbiate un felice XMas —  con “X” che rappresenta un personaggio mitologico.


(Nota che l'articolo di Peter Nothnagle in questione a cui Coyne fa riferimento, Gesù: Fatto o Finzione?, si può leggere in italiano qui). 

E in seconda segnalazione fatta da Coyne, l'ennesima manifestazione del tipico servaggio dei media tradizionali alle più sfacciate menzogne cristiane:



Ecco di cosa si tratta (e il lettore non mancherà di osservare la stessa ipocrisia cristiana sfacciatamente all'opera su vasta scala soprattutto qui, in Italia, ipocrisia alla quale siamo quasi inconsapevolmente assuefatti):



NBC News diffonde il mito di Gesù

Solo una nota su come le notizie trattano la superstizione religiosa. Il mio regolare telegiornale serale sulla NBC riportava le festività natalizie in tutto il mondo (celebrazioni in Israele, il messaggio della Regina di Gesù e l'omelia annuale del Papa), quando descriveva le festività a Betlemme come “nel luogo di nascita di Gesù”.

Non il “luogo di nascita tradizionale di Gesù”, non “il luogo in cui i cristiani credono che Gesù sia nato”, non “il luogo di nascita di un  personaggio su cui, secondo il cristianesimo, si basa la storia di Gesù”. No: la NBC ha comprato l'intera storia, esca, lenza e piompino [NOTA DEL TRADUTTORE: hook, line, and stinker equivarrebbe a dire: “senza ombra di dubbio”].

Questo è il modo in cui la mitologia religiosa viene normalizzata — essendo trasmessa come un fatto dalle notizie nazionali.

Merry Xmas (dove “X” sta per un personaggio la cui esistenza è contestata).


Ma poi si sa: il Natale è l'ennesima usurpazione, fatta nel nome di Cristo, della festività pagana di turno. Leggere per credere. 

giovedì 20 dicembre 2018

«Gesù, il Dio fatto uomo»Appendice (II): LA STORICITÀ DI GESÙ



INDICE

PREFAZIONE
LE APOCALISSI
(168 A.E.C. — 40 E.C.)


I. INTRODUZIONE


II. IL TEMPIO PROFANATO

III.  IL SOGNO DI DANIELE

IV.  LE RIVELAZIONI DI ENOC

V.  LE RIVELAZIONI DI MOSÈ

VI. IL PROFETA GIOVANNI IL BATTEZZATORE

VII. ELEMENTI DI CRISTIANESIMO


VIII. LO SCIAME DEI PROFETI


IX. DIVISIONI


X. STRUGGIMENTI E SOFFERENZE DI SAN PAOLO

XI. IL DIO CROCIFISSO


XII. L'AGNELLO SACRIFICATO


I VANGELI
(130 E.C.—150 E.C.)


I. LE PROVINCE CRISTIANE


II. CONFLITTI

III. IL SOMMO SACERDOTE CELESTE 


IV. MARCIONE


V. IL DIO BUONO SULLA TERRA
(Il Vangelo di Marcione)


VI. IL FIGLIO E L'EREDE DI DIO
(Il vangelo secondo san Marco)


VII. IL MESSIA D'ISRAELE
(Il vangelo secondo san Matteo)


VIII. DIO INCARNATO
(Il vangelo secondo san Giovanni)


IX. GESÙ DI NAZARET
(Il vangelo secondo san Luca)


X. GESÙ FORMATO


APPENDICE I


IL VANGELO SECONDO MARCIONE (prefazione)


IL VANGELO SECONDO MARCIONE (sezione I)


IL VANGELO SECONDO MARCIONE (sezione II)


IL VANGELO SECONDO MARCIONE (sezione III)


IL VANGELO SECONDO MARCIONE (sezione IV)


IL VANGELO SECONDO MARCIONE (sezione V)


IL VANGELO SECONDO MARCIONE (sezione VI)


APPENDICE II 

LA STORICITÀ DI GESÙ


APPENDICE 

II

LA STORICITÀ DI GESÙ [1]

Il signor Loisy ha dedicato due articoli nel Hibbert Journal alla critica del mio libro, Jésus le Dieu fait homme, qui tradotto in inglese sotto il titolo: The Creation of Christ. [NOTA DEL TRADUTTORE: da me tradotto in italiano sotto il titolo: Gesù, il Dio fatto uomo.] Egli ha sviluppato la sua critica con parecchio sarcasmo in un libro di 220 pagine: Histoire et Mythe à propos de Jésus-Christ.

Per replicare in dettaglio io dovrei aver bisogno di uno spazio altrettanto grande. Io ritengo più utile e conveniente limitarmi qui al problema essenziale che il signor Loisy ha adottato come il titolo dei suoi articoli: “Gesù Fu un Personaggio Storico?”
In altre parole: Il Dio-Uomo Gesù è un Uomo trasformato in un Dio, oppure un Dio trasformato in un uomo?

1. STORICITÀ TUTTA E INTERA


Per i credenti — cioè, per l'immensa maggioranza di quelli interessati alla verità circa Gesù — l'alternativa di un processo, o da uomo a Dio oppure da Dio a uomo, non esiste. Suggerirla, per loro, è uno scandalo.
Essi confessano che in Dio vi esiste un Dio-uomo, allo stesso tempo vero Dio e vero uomo, che visse un'esistenza umana sulla terra e morì per crocifissione prima di ascendere nuovamente al cielo, la sua dimora eterna. Per loro Gesù è un essere assolutamente unico, al pari di Dio stesso, di cui egli è una delle Persone. Anche la sua storia umana è un evento non paragonabile a nessun altro evento storico. Ci sono stati uomini della santità più elevata, veri strumenti di Dio; ma nessuno di loro fu a sua volta un Dio. Ci sono state anche teofanie, sia nell'antichità biblica che perfino al nostro stesso tempo: ma esse erano apparizioni rapide accordate da Dio in segreto. Soltanto una volta nella Storia, e una volta per tutte, Dio nella sua pienezza discese dal cielo e assunse pubblicamente la condizione umana nella sua pienezza per la salvezza della razza umana. Quest'unico evento non si può giudicare in possesso di proporzioni paragonabili ad ogni altro evento nella Storia del mondo.
La fede di cui qui io offro una breve indicazione mi ispira un rispetto illimitato. La mia posizione è quella di chi la considera con rimpianto e con invidia. Essa è stata la fede di parecchie generazioni, gentili e forti, umili e prodi. Essa è passata attraverso catastrofi secolari e sopravvive loro. Essa si è diffusa su metà del pianeta civilizzato — il segno distintivo dell'europeo, l'uomo bianco. Essa ha prodotto una splendida fioritura di virtù, monumenti, discipline, consolazioni. Quando io abbraccio nella mia visione il suo innumerevole esercito di credenti e grandi capitani, passati e presenti, la minoranza miserabile dei suoi critici “indipendenti” sembra perdersi di vista.
Vent'anni dedicati allo studio degli antichi testi cristiani mi hanno convinto che la fede presente dei cattolici, quando ridotta alla sua pura e semplice sostanza, è identica alla fede primitiva. Non c'è un solo testo del cristianesimo primitivo che, quando preso nel suo vero senso, non presupponga un credo nel Dio-Uomo, il solo Dio, di cui il Cristo è il misterioso doppio. Separato da questo credo il cristianesimo è non-esistente. Per mezzo di esso possiamo effettuare la separazione radicale di un testo ebraico da un testo cristiano. È la base originale del cristianesimo, il suo esito finale, il suo principio irriducibile, paragonabile alla formula di un corpo chimico oppure all'individualità nucleare di un essere vivente. Si cercarono per esso espressioni diverse prima che assunse una forma canonica. Si sviluppò in molte direzioni, si spiegò, e si arricchì. È vano rappresentarlo mentre sorge gradualmente da un'evoluzione interiore del cristianesimo. È il cristianesimo stesso. Ritornerò a questo punto capitale.
La storicità integrale dei vangeli è il corollario, quasi se non abbastanza immediato, della fede nel Dio-Uomo. Dato che il problema è di fatti che per loro natura potevano soltanto una volta aver preso luogo, la loro storicità non si può rendere l'oggetto di dubbio ragionevole. La nascita verginale, il camminare sulle acque, la trasfigurazione, la resurrezione di Lazzaro, quella di Gesù stesso, non contengono nulla che permetta al lettore di fermarsi. Qui l'attività è quella di Dio. Per contra, la modestia, l'indegnità, l'atrocità di altri episodi sono egualmente in linea. Qui l'attività è quella dell'uomo. L'intero è bilanciato al centro.
La critica cattolica ha prodotto un lavoro raffinato che io ammiro sinceramente. Il Jésus-Christ di padre de Grandmaison, i quattro commentari sui vangeli di padre Lagrange, sono opere di ricerca onesta e solida. Il loro apprendimento è evidente e ben controllato; la loro filologia profonda; il dibattito dignitoso e calmo. Camminiamo su un terreno che è fermo sotto i piedi. I testi evangelici sono presi a significare quel che dicono. Non c'è discordanza tra il loro chiaro senso e la spiegazione offerta, e niente è sovraimposto. Riconosciamo allo stesso tempo che la fede che le parole esprimono e la fede che commenta sulle parole sono la stessa fede. Essi mi rammentano nobili gentiluomini che fanno onore a qualche antica casata familiare. Mi introducono attraverso la grande porta, mi mostrano la distribuzione delle parti, e spiegano la ragione di tutto ciò. Coi critici indipendenti, d'altra parte, io sento che sto irrompendo nella casa; essi mi mostrano un caos e pretendono di ricostruire il piano.
La storicità integrale di Gesù è una soluzione inattaccabile. Essa si basa su un postulato nello stesso tempo semplice e unico — fede.

2. APOTEOSI?


Sorge una differenza di opinione quando la mente laica, priva del postulato della fede, diventa interessata all'interpretazione della Storia di Gesù.
La soluzione che si presenta immediatamente, ed è facile al punto da apparire auto-evidente, è quanto segue: Gesù fu un oscuro ebreo, più o meno sedizioso, e condannato a morte più o meno giustamente, che il fanatismo inaudito dei suoi seguaci elevò alla Divinità. Questa è l'idea che si impone di colpo all'ostile, o perfino al distaccato, lettore dei vangeli, ed è sempre stata adottata dai nemici del cristianesimo. Fu tenuta nell'antichità da Tacito, da Celso, da Porfirio; più vicino al nostro stesso tempo da Voltaire e dalla maggioranza dei Razionalisti; e in tutti i tempi dagli ebrei.
L'originalità di Renan consistette nel rimuovere da quest'idea, almeno in apparenza, il suo punto anti-cristiano. Egli trasformò Gesù in un profeta, il più grande dei profeti, un “sombre giant”, un superuomo, considerando la sua introduzione nella Trinità un'aberrazione sfortunata, coperta meglio sotto un velo modesto. Come ben osservò Sainte-Beuve, Renan offrì a Gesù un seggio al vertice dell'umanità a condizione della sua abdicazione dal trono di Dio.
Il metodo di Renan e dei suoi seguaci equivale sottilmente a rimuovere dai vangeli, come aggiunte leggendarie, ogni cosa che sembra appartenere a Dio, e poi ad espandere con arte letteraria qualsiasi cosa sia particolarmente umana, prendendo questo come un fermo dato di Storia. In altre parole consiste nel distillare una Storia sacra in una Storia propriamente detta. Il suo difetto più apparente risiede nella sua arbitrarietà: ognuno è lasciato libero di ritagliarsi il nucleo storico che gli compiace. Il suo vizio nascosto è che infrange l'equilibrio profondo stabilito dai vangeli tra il Dio e l'uomo.
L'iniziatore reale di questo metodo fu Strauss, che ridusse il nucleo storico al suo limite estremo. Il Gesù di Renan, più ripieno di quello di Strauss, fu più interessante, più romantico, e, potremmo aggiungere, più romanticamente trattato.
Dopo Strauss e Renan un'immensa fatica critica è stata dedicata per accertare i fatti storici della vita di Gesù. Il principio di Strauss e di Renan è stato adottato non solo da critici indipendenti ma anche da Protestanti liberali, guadagnando in tal modo un segnale di vittoria parziale della filosofia “moderna” rispetto al cattolicesimo tradizionale. Contro questo “modernismo” il cattolicesimo non ha esitato a difendersi.
Poco a poco è venuto il riconoscimento che le narrazioni evangeliche avevano, marcata più fortemente rispetto al loro aspetto leggendario, una natura liturgica, catechetica, dottrinale, che era in parte polemica. Si è percepito che i caratteri nei quali erano state stampate le storie erano perfino più significativi dei loro contenuti. Scrivere una vita di Gesù si è rivelato essere, a rigore, impossibile. Nondimeno, si è mantenuto, siccome evidente al senso comune, che solamente l'esistenza storica di Gesù poteva spiegare l'origine della fede cristiana.
Parecchie differenze esistono tra le opinioni, in Germania, di Bousset, di Bultmann, di Dibelius, e, in Francia, di Loisy, di Guignebert, di Goguel. Ma nessuno di quelli studiosi permetterebbe il diritto di concepire altrimenti Gesù se non come una figura storica. Ciò che essi lasciano figurare di questa figura varia grandemente. Come fatti di Storia pienamente assicurati il signor Loisy accetta poco più che la crocifissione e il nome Gesù; il signor Guignebert riconosce che il nome Gesù è un nome cultuale; nondimeno egli trae un ritratto, alquanto altamente colorato, del profeta senza nome. Tutti quelli studiosi concordano che quasi ogni cosa nei vangeli costituisce un prodotto di fede. Ma nessuno di loro si spinge al punto di domandarsi se questo non possa essere vero per il tutto. Un residuo minuscolo e intangibile di Storia dev'essere trattenuta, perché è necessario spiegare la fede da cui procede ogni altra cosa. 
L'intero problema, allora, si risolve in questo: Ad un fatto di una natura così comune e modesta da sfuggire all'attenzione dello storico Flavio Giuseppe si può far spiegare, tramite la sua elaborazione religiosa, la nascita della fede cristiana? L'effetto del silenzio di Flavio Giuseppe riguardo a Gesù equivale a ridurre “il fatto storico” a dimensioni limitatissime. Ammettendo per un momento che ci fosse un fatto del genere, il suo prospetto sarebbe come segue: nei luoghi e nei tempi di cui Flavio Giuseppe offre una descrizione dettagliata, un profeta ebreo, trascurato da lui, e rassomigliante più o meno al Teuda e all'“Egiziano” che egli menziona, annunciò l'imminente avvento di Dio, fu arrestato dal procuratore romano, condannato e giustiziato.  Questo, sulla supposizione, fu il “fatto” non elaborato.
Ora volgiti all'elaborazione religiosa. Circa vent'anni dopo un altro ebreo, Paolo — per noi il testimone più antico del cristianesimo — parla di questo suo compatriota, che fu anche suo contemporaneo, come di un essere eterno che dev'essere adorato in maniera eguale a Dio, ma senza attentare all'unità della Divinità. Del suo compatriota ebreo, morto così di recente, egli non sa nulla, se non che egli è Dio-Uomo, coinvolto nella creazione dei cieli e della terra, e unico autore di salvezza per l'intera razza umana. Egli identifica con Dio così strettamente questo martire ebreo che nel più antico dei documenti cristiani, l'epistola ai Tessalonicesi, egli evita l'uso del plurale quando nomina Dio e Gesù soggetti comuni di un verbo all'ottativo. È pensabile uno sviluppo del genere? Non è evidente che qualcosa qui sia andato storto?
Per la critica che ha seguito la linea di Strauss e di Renan, il cristianesimo, in ultima analisi, è la deificazione di un uomo, un'apoteosi. L'Apoteosi di Gesù è il titolo di un libro in cui il signor Hollard sintetizza la posizione di quella scuola. La deificazione di un uomo? Chi non conosce che nulla ispirò gli ebrei di un orrore maggiore? Rammenta la furia religiosa che sollevò l'intera regione quando Antioco Epifane avrebbe voluto che venisse adorato lui stesso. Rammenta la rivolta disperata contro Caligola quando egli rivendicò la stessa pretesa. Rendere onori divini ad un uomo, perfino se l'uomo fosse stato Mosè, era per un ebreo di tutti i crimini il più esecrabile. Paolo si vanta di essere un buon ebreo, cresciuto come un fariseo. Come poteva aver mostrato la sua faccia in qualunque sinagoga, o venirgli accordata la parola per un solo minuto, se la novità da lui recata fosse stata la deificazione di un uomo?
Il signor Loisy mantiene che la deificazione di un ebreo da parte di ebrei fu resa possibile nella misura in cui essa deve essere stata progressiva, e “non si realizzò interamente su un terreno ebraico ma si sviluppò soltanto quando il vangelo venne a contatto coi pagani e gravitò attorno alle sinagoghe” (pag. 10). Questa progressione è una pura ipotesi. Noi non abbiamo niente di più vecchio delle epistole di Paolo dove la dottrina del Dio-Uomo è già completa e ben bilanciata. Quali fasi di progressione, allora, sono immaginabili? Concedendo che il profeta ebreo fosse lo strumento di Dio, il più elevato di tutti gli esseri creati e il più privilegiato, rimane ancora una distanza infinita tra lui e Dio — come tra Maometto e Allah. All'uomo che adora il Dio di Israele un avvistamento dello Splendore Divino è impossibile. Quale influenza in quest'affare poteva essere stata esercitata da pagani giudaizzanti? Anch'essi adoravano l'unico e solo Dio. Non si facevano apoteosi da parte loro. Erano rare a quei tempi. Nel caso degli imperatori non erano prese seriamente, meno di tutto nei dintorni di una sinagoga. Il solo esempio di cui so, nei primi due secoli, della deificazione di un individuo con un culto stabilito fu quello del giovane Antinoo a cui vennero eretti templi dal suo amante, l'imperatore Adriano. Ci viene chiesto di credere che l'adorazione di Gesù come un Dio fosse una stravaganza pagana?
Non c'è nessun'impresa più seducente della ricerca del “nucleo storico” dei vangeli. Continuerà a occupare, nelle Università, le ore di studio di parecchi studiosi. Parecchi scrittori andranno a sognare un centinaio di “Vite di Gesù” nelle quali l'arte avrebbe successo laddove l'esegesi ha fallito. Il paradosso nel quale quell'impresa seducente è destinata a terminare deve essere affrontata francamente. La religione che ha reso per sempre impossibile nel mondo la deificazione di un uomo sarebbe essa stessa, qualora tutti i veli venissero tirati da parte, un esempio sacrilego di quella deificazione.  


3. UNA RAPPRESENTAZIONE RELIGIOSA


Se è vano cercare un “nucleo storico” nei vangeli, quale è l'altra soluzione?
Veniamo riportati alla rappresentazione religiosa del Dio-Uomo come il segno peculiare del cristianesimo. A dispetto di una rassomiglianza superficiale, non ha nessuna relazione con la concezione di un uomo elevato alla divinità e neppure con quella del Dio antropomorfico, entrambe le quali erano familiari alla religione dell'antichità. È una sintesi intima e unica in cui Dio trattiene la sua gloria nella sua pienezza e l'uomo il suo destino mortale nella sua amarezza, senza un cambiamento di Dio in un uomo oppure di un uomo in un Dio. Fu un'idea nuova, e fu da questa idea nuova che il mondo venne conquistato.
Non fu nessun mito. Il mito è una parola che io non ho mai impiegato a questo proposito. La Storia a cui mi sono interessato è la Storia di una rappresentazione religiosa. Il mito è una parola presa facilmente in un senso dispregiativo; è un modo di spiegare un fatto naturale, un rito oppure un'idea filosofica sotto la forma di una narrazione. Al pari della parabola, di cui è una variazione, il mito parla un linguaggio suo proprio per aiutare la mente ad afferrare, e a trattenere nella memoria, ciò che dovrebbe essere fatto oppure creduto. Una rappresentazione religiosa, d'altra parte, possiede una natura assai più semplice e più profonda, assai più non sofisticata e fertile. La sua relazione a riti e a miti è primordiale. Zeus è una rappresentazione religiosa. La punizione delle Danaidi è un mito.
Considero filosoficamente impossibile che la rappresentazione del Dio-Uomo, il Salvatore del mondo, possa essersi originata in qualche evento della Storia, non importa di che genere. L'induzione non aveva nulla a che fare con ciò. Da dove, allora, provenne? A mio giudizio essa è una grande creazione religiosa che sorse nel contesto dei culti misterici e si fondò su concezioni precedenti e si alimentò di illuminazioni mistiche. Le sue conseguenze si svilupparono lentamente e in sequenza.
Per chiarire questo io citerò una creazione religiosa di importo assai inferiore, sebbene sia una magra analogia. Nel diciassettesimo secolo vi sorse, in un libro dopo un altro di misticismo, un interesse bizzarro ma insistente nel Cuore di Gesù, considerato distinto da Gesù stesso. Infine Gesù apparve a Marguerite-Marie Alacoque e le mostrò all'interno del suo corpo “ce Cœur qui a tant aimé les hommes” L'adorazione del Sacro Cuore fu fondata. In due secoli divenne abbastanza potente per una Assemblea Nazionale da consacrare la Francia al Sacro Cuore e ordinare la costruzione di un tempio del Sacro Cuore sull'altura di Parigi. Per la precisione, non era nata una nuova setta; non fu sulla questione del Sacro Cuore che si divisero cattolici e protestanti. Per la precisione, di nuovo, il Sacro Cuore non diventò una Persona Divina distinta da Gesù, come Gesù lo è da Dio. Per la precisione, la rappresentazione del Sacro Cuore è lungi da essere altrettanto nuova, oppure altrettanto ricca nel potere effettivo, di quella del Dio-Uomo alla sua prima apparizione nel mondo. Niente meno che la nascita di questa idea, ad un tempo così vicino al nostro, potrebbe aiutarci a comprendere la nascita di Gesù.
È possibile che un essere rappresentato all'inizio puramente divino si possa prendere, successivamente, per un personaggio della Storia umana? Il caso non è raro. Gli adoratori di Iside ritennero che Osiride fosse stato il Re umano dell'Egitto. Per i mistici di Eleusi, Demetra, figurata come una schiava cretese, aveva servito realmente come nutrice nella casa di Celeo presso un pozzo che si mostrava ai viaggiatori.  Spiriti più audaci si spinsero oltre. Essi dissero, con Evemero, che tutti gli dèi adorati da uomini erano vissuti e morti una volta. Zeus era stato un Re di Creta; Afrodite una cortigiana di Cipro a cui erano stati resi onori eccezionali. Due popoli avevano un genio speciale nel dare una svolta storica alle loro rappresentazioni religiose: gli ebrei e i romani. La leggenda religiosa nella Bibbia si distingue da quella di Babilonia apparendo come Storia di eventi reali. Come un esempio singolo della tendenza romana, Quirino, un dio minore, è identificato da Livio come il primo Re di Roma. La conversione di Gesù in una figura storica, quasi inevitabile da conseguenza della natura duplice del Dio-Uomo, non presentò nessuna difficoltà insormontabile, specialmente in vista della tarda età in cui vennero composti i vangeli. Ma, in contrasto agli altri dèi che erano morti ed erano stati resuscitati, Gesù non si poteva collocare nel passato remoto della preistoria, dato che egli era il Dio degli ultimi giorni e la sua apparizione il principio dell'epoca finale del mondo.
La visione presentata fin qui è solamente teorica — l'aspetto interiore della nostra alternativa. Molte persone sono perfino incapaci di concepire che Gesù, a dispetto della sua natura ovviamente divina, del suo culto, dei suoi templi, del suo sacrificio rinnovato ogni giorno e in ogni luogo, della sua carne e del suo corpo distribuiti ai fedeli, possa essere stato qualsiasi altra cosa rispetto ad un uomo con un posto nella Storia umana. Almeno in teoria essi dovrebbero ammettere un'altra possibilità — come noi abbiamo tentato di illustrare.
Se la spiegazione sopra abbozzata deve figurare su un fermo terreno essa deve conformarsi a tre condizioni:
(1) Rappresentazioni religiose ancora timide e ai primi passi, devono aver preceduto e preparato l'idea del Dio-Uomo. Le grandi creazioni della fede, al pari di quelle dell'arte, hanno una lenta gestazione.
(2) Le idee più antiche di Gesù, quelle del primo secolo della nostra era, devono essere in continuità con quelle idee più antiche e, d'altra parte, devono essere libere da ogni dipendenza su una vita storica di Gesù.
(3) La letteratura evangelica deve avere le caratteristiche di un esito secondario e successivo della fede, e non deve avere le caratteristiche del suo strato originale.
Procediamo a illustrare brevemente che la visione data sopra si conforma a quelle condizioni.

4. L'IDEA DELL'UOMO CELESTE


Nel corso dei due secoli che precedettero la nascita del cristianesimo noi potremmo osservare, ai margini dell'ebraismo ufficiale, e nella cerchia degli apocalitticisti, la bozza graduale di una strana speculazione circa un Uomo Celeste che sarebbe stato vicino al Trono di Dio e avrebbe ricevuto la missione di giudicare e distruggere il mondo in vece di Dio. Il documento principale è un paragrafo del composito libro di Enoc (capitolo dal 36 al 62).
Questo libro di Enoc, citato come scrittura sacra in Giudici 14, e parte della Bibbia più antica a noi conosciuta (il papiro Codex Chester Beatty) è una collezione amorfa di rivelazioni circa esseri celesti. Il patriarca antidiluviano Enoc (“settimo dopo Adamo”, Giuda 14), creduto asceso al cielo, è ritenuto il loro autore.
il futuro Giudice, osservato da Enoc in cielo, è collegato di certo a Saosyant, il futuro Salvatore della teologia persiana. L'origine immediata del Giudice è chiara. Egli deriva dall'Uomo emblematico del sogno di Daniele il cui regno succede all'impero simboleggiato da animali. L'emblema diventa qui una realtà.
L'Uomo Celeste rassomiglia già, in prospettiva, al Gesù di Paolo e dell'Apocalisse. Egli è “con” Dio. Nel giorno fissato da Dio egli riceve, di fronte a Dio, il Nome che lo riveste di potere — una scena augusta di investitura che si trova nuovamente in Paolo e in Giovanni (l'Apocalisse). Egli deve eseguire i giudizi di Dio; punire i sovrani e i potenti della terra; raccogliere i suoi eletti dai morti resuscitati; gettare gli angeli cattivi nella fornace di fuoco; condannare e distruggere i malvagi, che imploreranno invano pietà; “la sua spada si inebrierà del loro sangue”. Dopodiché egli deve vivere tra i suoi eletti, rivestito di un corpo glorioso; “essi mangeranno insieme a quel figlio dell’uomo, si prostreranno davanti a lui e lo esalteranno per tutta l’eternità”. Nessuno di quei tratti si troverà assente nel Gesù paolino.
Due tratti essenziali di Gesù sono assenti, comunque. Per quanto possa essere vicino a Dio l'Uomo Celeste, non gli è ancora stato assegnato neppure un singolo attributo di Dio. Egli è un essere creato; la sua investitura gloriosa non è preceduta, e nè meritata da un sacrificio redentore. Nell'ultima istruzione si fornisce solo un'indicazione frammentaria. Egli è identificato col Servo di Dio annunciato da Isaia che sarà “la luce delle nazioni” e “risana i cuori affranti”. Se l'assimilazione fosse stata portata più in là egli avrebbe assunto le sofferenze espiatrici dell'“uomo dei dolori”. Ma l'indicazione rimane parziale. 
La distanza tra l'Uomo Celeste di Enoc e il Gesù di Paolo è immensa. Si osserva nondimeno come si troverà il mezzo per superarla. La creazione cristiana, insolita nella sua audacia, e tuttavia comprensibile, consisterà nel prendere possesso dell'Uomo Celeste, che non è nè Dio nè uomo, e nel conferirgli, assieme e pienamente, gli attributi sia di Dio che di un uomo, nella misura in cui, come uomo, egli esperirà una morte sanguinosa seguita da una resurrezione mentre, come Dio, la sua natura conferirà alla sua morte un infinito valore espiatorio per la salvezza degli uomini.
Questa è la sublime estrapolazione effettuata con differenze importanti dalle epistole di Paolo e dall'Apocalisse di Giovanni sulla base della dottrina dell'Uomo Celeste. Di certo non è la proprietà particolare di quei due geni religiosi. Non è nient'altro che lo stesso cristianesimo come venne in essere alla sua prima manifestazione. Non appena fu effettuata, sia dall'intelletto che dal cuore, una rivoluzione radicale ebbe luogo nella concezione di Dio e nacque una nuova religione.
Potremmo proprio domandarci come si rese possibile una creazione religiosa di un'originalità così devastante. Fornirono un tema fertile una meditazione intensa del capitolo 53 di Isaia e di certi Salmi di medesimo tenore, in cui si rivelarono le sofferenze redentive e il trionfo di un misterioso Servo di Dio. Le sofferenze del Dio-Uomo, in Paolo e in Giovanni, sono modellate su quelle del Servo di Dio. Apparizioni e visioni mistiche furono fattori ancor più decisivi: possiamo essere sicuri di questo dalle rivendicazioni fatte, con così tanto fervore, da Paolo e da Giovanni. Ma come dobbiamo valutare la misura esatta in cui quelle esperienze visionarie crearono la nuova fede, l'affermarono, oppure la confermarono? Il determinante assoluto di una creazione spirituale ci sfuggirà per sempre.
Una parte che non si può definire si deve attribuire alla reazione dell'ambiente pagano. Le vittorie schiaccianti della nuova religione sarebbero state impossibili se essa non avesse risposto ai bisogni religiosi del tempo, come prima di lei avevano risposto altri culti, fondati sulla concezione di esseri divini che erano morti per tornare di nuovo alla vita. Core, discesa nell'inferno, è riportata di nuovo alla luce per due terzi dell'anno dall'amore costante di Demetra. Dioniso Zagreo, fatto a pezzi e divorato dai Titani, antenati dell'umanità, rinasce tra gli dèi e perpetua la sua vita misteriosa nell'uomo. Osiride, ucciso e smembrato, è ricostituito e rianimato come un dio mediante la magia di Iside. Attis evira sé stesso e spira al servizio della Grande Madre che gli concede un posto al suo fianco e lo rende partecipe del suo potere. Il grande Toro, sacrificato da Mitra alla fondazione del mondo, diventa il nutrimento dei mistici nei loro banchetti sacri. Tutti quei misteri condividono l'aspetto comune di offrire salvezza agli uomini mediante una comunione intima con un essere divino che aveva trionfato sulla morte. Il mistero cristiano, senza saperlo, è della stessa famiglia di quei culti di salvezza, che attaccò senza pietà. La concezione del Dio-Uomo che soffre, che muore, che entra nella gloria, consumato dai fedeli in un banchetto sacro, fu in grado di rimpiazzare gli altri culti misterici, a causa della profonda analogia tra sè e loro. La concezione cristiana è meno gravata degli altri da elementi mistici, più teologica, e più attraente al cuore. Dovette la sua forza maggiore al fatto che era l'ultimo venuto e fu innestato sul tronco robusto del monoteismo ebraico.

5. GESÙ COME PRESENTATO DA PAOLO


Immagino sia una proposizione senza alcun bisogno di dimostrazione il fatto che Gesù, nelle epistole di Paolo, non è un essere creato ma “il Figlio di Dio”, partecipe, con Dio, della natura divina. Io ho sottolineato già che Paolo non usa Dio e Gesù come un plurale grammaticale. Se supponiamo l'esistenza, nella fede cristiana più antica, di un Gesù inferiore a Dio nella sua natura (un arianismo anteriore ad Ario), l'epistola ai Colossesi e tutte le altre sono là per provare il contrario.
Che Gesù sia un uomo reale (reale nel pensiero di Paolo) è anche al di là del dubbio. Solo nella sua natura di un uomo reale egli poteva aver subito una morte ignominiosa, la condizione di una redenzione umana.
Da dove provenne la concezione di un Dio-Uomo che morì per gli uomini? Questo è l'interrogativo a cui è necessaria una risposta. Provenne da un evento recente nella Storia reale, oppure da una rivelazione dall'alto? Da ricordi giudiziari, oppure da un repertorio di speculazioni mistiche, vecchie e nuove, le vecchie accettate comunemente, le nuove particolari di Paolo?
Nessun dubbio esisterebbe in merito alla risposta, se non fosse che la letteratura evangelica interviene tra Paolo e noi stessi. Ora questa letteratura appartiene ad un periodo molto più tardo di Paolo. Per quella ragione essa non dovrebbe intervenire quando la domanda viene posta nel suo giusto contesto.
Come divenne familiare con Gesù Paolo? Abbiamo la risposta nelle sue stesse parole (Galati 1:15):
Quando è piaciuto a Colui che mi aveva scelto dal ventre di mia madre e mi ha chiamato mediante la sua grazia di rivelare suo Figlio in me ...
Rivelare è il termine appropriato per una visione apocalittica. Paolo proclama con orgoglio che egli è salito in cielo, se con il corpo o senza il corpo egli non lo sapeva, e vi aveva udito parole inesprimibili “che non è lecito all'uomo di pronunciare” (2 Corinzi 12:4). Di un'informazione che fosse conoscenza comune non c'è una traccia.
Come Paolo raffigurò a sè stesso la forma umana del Figlio di Dio e della sua morte propiziatoria? I suoi ascoltatori conoscevano chiaramente la risposta dalla sua stessa voce. Nelle epistole egli lo ricordò solo due volte, nella raccomandazione di umiltà ai Filippesi e di sapienza ai Corinzi.
Il primo passo, un testo famoso se c'è n'è uno, recita come segue (Filippesi 2:6-12):
...lui, che era nella forma di Dio
non riputò rapina l'essere uguale a Dio,
ma annichilì se stesso,
prendendo forma di servo
e divenendo simile agli uomini;
ed essendo trovato nell'esteriore come un uomo,
abbassò se stesso,
facendosi ubbidiente fino alla morte,
e alla morte della croce.
Ed è perciò che Dio lo ha sovranamente innalzato
e gli ha dato il nome che è al disopra d'ogni nome,
affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio
nei cieli, sulla terra e sotto la terra,
e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore,
alla gloria di Dio Padre.


Ed ecco il secondo (1 Corinzi 2:8-11):
... (sapienza) che nessuno dei Pincipi di questa Era ha conosciuta:
 perché, se l'avessero conosciuta,
non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.
Non c'è bisogno di cavillare sui dettagli di traduzione.
Il signor Loisy vorrebbe che noi leggessimo “lui che era nella forma di dio” (senza la maiuscola per l'ultima parola) — un suggerimento totalmente inopportuno, dal momento che Paolo fu un monoteista, non riconoscendo nessun dio salvo Dio, e non esitando a dare a Gesù crocifisso il nome “signore della Gloria” uno dei nomi dell'unico Dio da lui riconosciuto. Per ragioni ritmiche il signor Loisy omette la riga “e alla morte della croce”. Io ho preceduto il signor Loisy nel riconoscere lo stile ritmico del Nuovo Testamento, ma non considero le sue leggi così sufficientemente sicure da autorizzare la correzione del testo.
Nella presenza di quei due testi, i soli testi rilevanti in nostro possesso, affrontiamo direttamente il problema. Essi riflettono incontestabilmente un evento storico? Si possono spiegare abbastanza, al contrario, in termini di una rivelazione spirituale?
Un Essere divino, in un'umiltà senza paralleli, assume la condizione umana. Egli è crocifisso da agenti soprannaturali, i Principi di quest'Era, che sono, nel linguaggio di Paolo, Satana e i suoi accoliti. Al fine di accrescere la sua esaltazione egli riceve il nome Gesù e il titolo Signore. Chi non vede in questo un quadro teologico completo in cui l'intrusione di un evento storico non servirebbe a nessun obiettivo?
Il Dio-Uomo non riceve il nome Gesù fino a dopo la sua crocifissione. Quello soltanto, a mio giudizio, è fatale alla storicità di Gesù. Il signor Loisy mantiene, in opposizione al testo, che il nome dato dopo la crocifissione non sia Gesù, ma solo il titolo di Signore. Sfortunamente per quell'argomento il testo è perfettamente chiaro.
La crocifissione, come presentata da Paolo, è quella di un essere soprannaturale condannato da esseri che sono a loro volta soprannaturali. Il signor Loisy obietta che nel pensiero di Paolo i Principi di questa Era (i demoni) potrebbero aver agito mediante intermediari umani — una supposizione senza il minimo supporto nel testo. Quando Satana, nel vangelo di Giovanni, impiega Giuda come suo intermediario, un quadro interamente nuovo è stato sostituito a quello di Paolo, ma il mantenimento di Satana come l'agente principale rimane da testimonianza al tema originario. Nell'Ascensione di Isaia il tema originario è stato preservato: qui è Satana e gli altri Principi che crocifiggono Gesù con le loro stesse mani.
Senza possibilità alcuna si può elaborare la resurrezione come un prodotto ridicolo di un'illusione umana. È l'attributo essenziale di un Dio che si sottopone ad una morte per il solo scopo di passare attraverso di essa da conquistatore e raggiunge la resurrezione perché egli è la Resurrezione.
Le fonti del poema teologico di Paolo sono scritturali. La scena dell'investitura durante cui viene conferito il Nome onnipotente proviene direttamente dal libro di Enoc. La crocifissione ad opera di demoni e il trionfo che la segue si derivano dai salmi 22 e 24, interpretati misticamente come rivelazioni riguardanti il Figlio di Dio. Il termine eccezionale Signore della Gloria applicato a Gesù crocifisso è senza dubbio un riferimento a quest'ultimo salmo.
Il famoso capitolo cinquantatreesimo di Isaia, dove il profeta canta le sofferenze, la morte, la sepoltura, e la sopravvivenza del Servo di Dio, che muore da riscatto per i “nostri peccati”, aveva fornito, prima di Paolo, un altro modello per la morte del Figlio di Dio. Questa fede iniziale è riassunta da Paolo in tre articoli e in un elenco di visioni (1 Corinzi 15:3-8). I tre articoli sono come seguono: 
(1) Cristo morì per i nostri peccati. 
(2) Egli fu sepolto.
(3) Egli resuscitò di nuovo il terzo giorno. 
L'espressione “morì per i nostri peccati” e la menzione speciale di una sepoltura ricorda chiaramente la rivelazione di Isaia. Il signor Loisy sostiene che questa menzione di una sepoltura garantisce la storicità di Cristo. Dovrebbe, allora, garantire la storicità del Servo nel poema di Isaia!
L'elenco delle visioni riconosciute del Cristo, da quella di Cefa a quella di Paolo “come all'aborto”, mostra l'estrema importanza associata a quelle rivelazioni dirette assieme all'esegesi mistica delle scritture. Le due cose assieme spiegano in larga misura il cristianesimo originario.
Il Gesù di Paolo è del tutto libero da coinvolgimenti storici. Egli è un Dio di mistero, un Dio di salvezza pura e semplice — il nome Gesù significa precisamente quello. I suoi atti divini si realizzano senza alcun'indicazione di tempo o di luogo. Essi avvengono nell'atemporale, nell'eterno presente. I fedeli sono sepolti con lui e con lui resuscitano dai morti: “Essendo stati con lui seppelliti nel battesimo, in cui ancora siete insieme resuscitati” (Colossesi 2:12). Egli è il Crocifisso in perpetuo: “Io sono crocifisso con Cristo” (Galati 2:20). La sua passione, che non termina mai, si continua nella carne del cristiano. “Io completo nella mia carne quello che manca alle sofferenze di Cristo” (Colossesi 1:24). La figura di Gesù presentata da Paolo, un capolavoro di creazione mistica, è l'esatto contrario di una figura della Storia.

6. LO STESSO NELL'APOCALISSE


Dopo le epistole di Paolo l'Apocalisse di Giovanni, rivolta alle sette chiese d'Asia, è l'unico documento cristiano da assegnarsi con certezza al primo secolo. L'esegesi cattolica è su un solido terreno nell'attribuire la sua paternità al Giovanni che, con Pietro e Giacomo, fu uno dei tre “pilastri” della comunità madre. Il linguaggio, il tono, le caratteristiche letterarie del libro, e la testimonianza di Giustino supportano l'attribuzione tradizionale. Il signor Loisy riterrebbe, contro Atti, che Giovanni fu ucciso a Gerusalemme, con suo fratello, nel 44. Si potrebbe replicare che questa è una “fantasia”?
L'Apocalisse possiede questo vantaggio sulle epistole, che in essa abbiamo una rivelazione completa e ordinata, in cui possiamo vedere, diversamente da disvelamenti occasionali, quale fede precisamente nel Dio-Uomo ci fu nel primo secolo.
Dalla prospettiva di Dio, Giovanni usa una mano più libera nel distribuire tra Dio e Gesù ciò che l'Antico Testamento attribuisce a Dio soltanto. Familiare con le scritture come con la sua lingua nativa egli propende ad accumulare su Gesù tutto ciò che la sua memoria contiene degli aspetti, degli epiteti, e degli atti di Dio. Più spesso di Paolo egli associa Dio e Gesù (“l'Agnello”) senza porre sia il verbo che il pronome al plurale.
Dalla prospettiva dell'uomo, al contrario, Giovanni è più riservato di Paolo. Per Giovanni l'elemento umano nel Dio-Uomo consiste semplicemente e solemente nel suo passare attraverso il dogma della morte. Il Gesù dell'Apocalisse muore e risorge dai morti, ma egli non è un sofferente e la sua morte non è per crocifissione. I suoi seguaci sperimentano sofferenza, tormenti, martirio. Ma da tutto ciò l'Agnello è preservato.
Come, allora, Giovanni concepisce la sua morte? Come il macello sacrificale di un Agnello celeste sotto il coltello. Il versamento del sangue della vittima è necessario per l'espiazione dei peccati. Mediante il suo sangue, versato ritualmente, il Gesù-Agnello riscatta i suoi eletti. Questa concezione, che è, nella sua sostanza, più antica di quella di Paolo, ha una certa relazione alla festa cristiana di Pasqua. I cristiani dell'Asia celebravano la Pasqua allo stesso giorno in cui gli ebrei sacrificavano l'agnello pasquale. Il signor Loisy ha ragione quando dice che “la morte di Cristo si sostituì al sacrificio dell'agnello come il principio attivo di salvezza” (pag. 37).
Quando si suppose che fosse avvenuto il sacrificio dell'Agnello? Un singolo testo fornisce la risposta: il passo dove il visionario condanna gli idolatri “i cui nomi non sono scritti nel libro dell'Agnello, sacrificato fin dalla fondazione del mondo” (13:18). Il signor Loisy introduce una virgola dopo “sacrificato”,  in tal modo facendo intendere al testo “i cui nomi non sono scritti, fin dalla fondazione del mondo, nel libro dell'Agnello sacrificato”. La virgola non è nel testo e nulla ci induce a collocarla là. È abbastanza vero che l'iscrizione oppure la non-iscrizione nel Libro della Vita si determinò alla “fondazione del mondo” (17:8). Ancor più motivo per affermare che il sacrificio dell'Agnello, la causa di cui l'iscrizione nel Libro è un effetto, prese luogo a sua volta alla “fondazione del mondo” (17:8). Quando Gesù è nominato “il primogenito dei morti” (1:5); quando dice “ho le chiavi della morte e dell'Ade” (1:18), quelle parole si devono intendere nel loro chiaro significato. Egli è il primo Essere che ha parimenti conosciuto e conquistato la morte. L'Agnello sacrificato dalla fondazione del mondo è dello stesso ordine del Toro del mitraismo dal cui sacrificio, al principio del tempo, scaturì la fonte della vita universale. Sono entrambi concezioni misteriche con un pasto sacro come il legame tra di loro. In entrambi i casi un sacrificio primordiale è la condizione di salvezza per i credenti.
Un altro legame, questa volta consapevole, oppone Gesù ad Attis, in Asia il più formidabile degli dèi misterici. Robert Stahl e io abbiamo mostrato che la famosa figura della Bestia sta a significare Attis, due coppie nemiche essendo in conflitto: da un lato la coppia infernale Attis e Cibele; dall'altra, la coppia celeste, l'Agnello e la Donna (la Donna è la madre, poi la sposa dell'Agnello, come Attis lo è di Cibele): infine quell'Attis è definito da una formula mistica “colui che era e non è più, ma riapparirà” analoga e opposta alla formula mistica di Dio “Colui che è, che era, e che deve venire” — una linea di ricerca respinta dal signor Loisy con precipitazione e solito sarcasmo, ma senza preoccuparsi di comprenderla.
Un compito difficile è riservato per quei difensori della storicità che vorrebbero trovare nell'Apocalisse “trasposizioni” di un'esistenza storica. La maggioranza è riluttante a farlo. Il signor Loisy ha l'ardimento di interpretare storicamente la scena dove la donna celeste partorisce suo figlio, trasferito immediatamente al trono di Dio. Nella prospettiva dell'Apocalisse la scena risiede nel futuro. Essa fa parte di ciò che “è da venire”. Il signor Loisy, nondimeno, vi vede un'allusione all'esistenza storica di Gesù. Strana allusione! La nascita di Gesù seguita istantaneamente dalla sua ascensione! Tutto il resto — la vita, la predicazione, la passione, la morte, la resurrezione — viene omesso tra “parentesi”! Cosa direbbe il signor Loisy, così pronto a qualificare le opinioni di un altro come “inettitudine gloriosa, fantasmagoria burlesca, sfida alla ragione” se i nostri posti a questo punto fossero scambiati?
Potremmo lasciare il poema di Patmos in quanto troppo recalcitrante ad un'esegesi storica. Se una malattia mortale avesse arrestato lo sviluppo del cristianesimo alla fine del primo secolo, e tutto il rimanente fossero i documenti allora in esistenza, l'idea che Gesù fosse un personaggio storico non si sarebbe mai presentata ad alcuno. 

7. LA LETTERATURA EVANGELICA


Il secondo secolo testimoniò l'apparizione e il trionfo di una nuova rappresentazione di Gesù — quella dei vangeli — che ha, per noi, l'effetto di mascherare la presentazione più antica. Il Dio-Uomo qui viene provvisto di una vita umana sulla terra, sviluppata e a tutte le apparenze storica.
Io tenterò di mostrare che, ai quattro vangeli canonici, vi si deve aggiungere il Vangelo di Marcione, ora perduto ma ricostruito quasi completamente da citazioni. Il signor Loisy assegna ad esso “una posizione intermedia tra la fissazione del genere sinottico e la diffusione del quarto vangelo” (pag. 137). Questo equivale a non dire abbastanza. A mio giudizio il vangelo di Luca è una revisione del vangelo di Marcione attuata negli interessi dell'ortodossia cattolica. Io citerò solo due indizi di questo, perchè essi sono riconosciuti dal signor Loisy. Nel testo di Marcione la prima clausola della Preghiera del Padre Nostro recita come segue: “Padre, venga il tuo Spirito santo su di noi e ci purifichi”.  Questa lettura, dice il signor Loisy, è confermata come autentica dal contesto a cui si riferisce direttamente (11:13: “...quanto più il Padre darà dal cielo uno Spirito santo a coloro che glielo chiedono”). Luca recita: “Padre, sia santificato il tuo nome” — chiaramente una correzione di Marcione fatta secondo Matteo. Per sfuggire all'ovvia conclusione, il signor Loisy immagina una versione pre-canonica di Luca che Marcione deve aver copiato. Questa versione è un'ipotesi; il testo di Marcione una realtà. Perchè ummaginare un testo sconosciuto quando esiste un testo conosciuto per spiegare la materia? [2] Il signor Loisy riconosce anche un'aggiunta al corpo del vangelo nelle storie dell'infanzia. In Marcione esse sono assenti. Inventare negli interessi di un argomento una versione più antica di Luca in cui quelle storie non dovevano esser presenti è semplicemente un'altra tattica per sfuggire alla conclusione che Marcione fu anteriore a Luca.
A quale periodo la letteratura evangelica fece la sua apparizione? Ermas, intorno al 120, ne è ignorante; Giustino, intorno al 144, presume la sua esistenza. La sola allusione storica che si può utilizzare per fornire una data è quella dell'“abominio della desolazione”. Questo curioso termine biblico si riferisce alla profanazione del Tempio di Gerusalemme tramite l'insediamento di un idolo pagano; l'offesa suprema che, secondo la profezia di Daniele, sprigionerà la catastrofe finale — la fine del mondo. Sin dai tempi lontani di Antioco Epifane, quando la statua di Zeus Olimpio fu posta nel Tempio, l'abominio si era verificato soltanto una volta. Questa fu nel 135 quando, dopo la guerra di Bar Kochba, Adriano impose l'adorazione di Giove Capitolino sulle rovine del Tempio e dette a Gerusalemme il nome di Aelia Capitolina. Questo evento infausto che annuncia la fine del mondo è il punto di arresto per la prospettiva dei vangeli sinottici e di Marcione. Anche il vangelo di Giovanni contiene una chiara allusione a Bar Kochba. La composizione dei vangeli, perciò, cade approssimativamente tra il 135 e il 142.
Il signor Loisy estende la composizione dei vangeli su un lungo periodo. Per ciascuno di quelli scritti egli immagina numerose fasi editoriali — “tappe redazionali”. Questo trascura la loro unità organica. I vangeli sono collegati assieme, il nuovo che conferma o che corregge il suo predecessore o i suoi predecessori. Inoltre, ciascuno è un libro, nel pieno senso del termine, una composizione letteraria, in cui la mano di un singolo autore è distintamente percepita. Si potrebbe identificare goffaggine nella paternità, anche contraddizioni. Siamo obbligati in virtù di ciò ad assumere una molteplicità di autori senza ulteriore indugio? Di questo passo io avrei potuto provare che lo stesso libro del signor Loisy possiede due autori. A pagina 192 io leggo la citazione di un passo dove ho sottolineato in Giovanni un'intenzione di contraddire Marco, e nella pagina successiva 193 quella di un passo analogo dove il signor Loisy nota in Giovanni la stessa intenzione. Egli aggiunge “questa materia non è una di quelle che interessano Couchoud”. Io domando: può essere che l'autore di pag. 193 sia anche l'autore di pag. 192?
La presentazione di Gesù nei vangeli appare a prima vista piuttosto diversa da quelle di Paolo e dell'Apocalisse. In realtà è una loro evoluzione. Vi è lo stesso Dio-Uomo, convertito dall'arte raffinata degli evangelisti in una figura umana. L'Essere misterioso che manifesta un potere divino mediante le ferite e l'umiliazione della sua carne viene reso qui plausibile come un eroe. L'anormale, l'unico, l'adorabile, in cui si uniscono due nature separate da un abisso — questo essi riuscirono a portare alla vita. La Passione è il culmine in cui la divinità esplode allo stesso momento in cui l'umanità giunge all'apice della sua debolezza. Il cristiano che ascolta la storia sa bene che sta ascoltando circa la passione di un Dio, dal momento che nulla salvo il sangue di un Dio può riscattare la razza umana. Allo stesso tempo le sue emozioni sono mescolate e il suo cuore è dilaniato perchè i travagli che sta testimoniando sono quelli di un uomo. Capolavori di teologia come pure di letteratura!
Come fece il Vangelo, che nel primo secolo fu una rivelazione apocalittica, a diventare, nel secondo, una narrazione in forma leggendaria? Se la transizione ci sfugge, la persistenza della parola “Vangelo” attraverso entrambe le fasi è un'assicurazione del fatto che il cambiamento fu soltanto della forma. Tra il tempo dell'Apocalisse e quello dei vangeli una generazione intera, di cui sappiamo quasi nulla, era passata via. Masse di uomini erano entrate nelle chiese per le quali era diventata necessaria una nuova presentazione della loro fede. Uno strumento si trovò nella Parabola che fu, assieme alla Visione e al Precetto, come potremmo vedere in Ermas, una delle forme familiari di una catechesi ispirata. Per mezzo della Parabola si può dare una forma narrativa a idee spirituali e il colore della realtà a verità spirituali. Ermas si accinse a porre l'opera di Gesù, che egli concepisce in una sua maniera personale, ma non storicamente, in una parabola lunga e informe. Nei vangeli, tra le parabole preservate come tali, parecchi episodi sembrano essere state parabole nella loro origine: la passeggiata sulle acque, la maledizione del fico selvatico, la resurrezione di Lazzaro. L'intera narrativa evangelica è, per così dire, una parabola sintetica concepita ed eseguita in maniera ammirevole.
A colui che fa uno studio comparativo dei vangeli è una materia di sorpresa continua la libertà creativa che ciascun autore concede a sè stesso. Matteo con Marco sotto i suoi occhi ricompone, sposta, rimuove, e aggiunge a suo piacimento. Giovanni si prende libertà perfino maggiori. Egli altera radicalmente il tipo del vangelo — contesto, narrazioni, discorsi. Non è ovvio che la maniera degli evangelisti dappertutto sia la maniera non di storici ma di catechisti ispirati? Essi stanno componendo un tema, e si sentono padroni del loro materiale sempre a condizione che la fede nel Dio-Uomo venga esaltata col loro trattamento.
Grideremo alla frode? Non sappiamo nulla della vita della religione se ne sappiamo. La frode in effetti ci sarebbe se la fondazione del vangelo fosse una biografia reale nè malleabile e neppure estensibile. Ma se la fede stessa creò la storia di Gesù lei può svilupparla senza fine e può sempre rinnovarla. Dovessero essere tutti scritti il mondo non avrebbe contenuto i libri, come dice un evangelista (Giovanni 21:25).
I vangeli sono diversi perchè essi rispondono alla vita religiosa e alla pratica liturgica di diverse province romane. L'elegante scoperta di B. W. Bacon dimostra che Giovanni e i sinottici si basano su diverse liturgie pasquali; da qui la differenza tra loro nella data scelta per la morte di Gesù. Marco è una preparazione catechetica per il martirio rivolto alla chiesa romana in un tempo di persecuzione. Matteo è una dimostrazione per gli ebrei della regione dell'Eufrate che il Dio-Uomo è il vero Messia di Israele. Giovani è l'affermazione, dinanzi ai mistici di Efeso, e contro Marcione, di un'unione effettuata tra la Divinità e la carne. Luca, nei suoi due volumi — vangelo e Atti — è una Archeologia cristiana opposta all'Archeologia giudaica di Flavio Giuseppe. Come ricordi della fede, del culto, delle polemiche, e della politica delle grandi chiese nel secondo quarto del secondo secolo i vangeli sono preziosi documenti storici.
Naturalmente la presentazione del Dio-Uomo come personaggio storico era stata per qualche tempo fluida prima che fosse fissata dai vangeli. Dai nemici della fede evocò la risposta immediata che il presunto Dio fosse un semplice fomentatore di sedizione che ebbe ciò che si meritava, una risposta indicata nella riga di Tacito sul Chrestus messo a morte dal procuratore Ponzio Pilato. Questo sentito dire, la cui fonte non viene data, si basa probabilmente sull'interrogatorio dei cristiani che Tacito, come proconsole, aveva esaminato in Asia. Esso è in contraddizione al silenzio di Flavio Giuseppe e di Giusto, e non si può far risalire ad alcun documento del primo secolo quando il Dio-Uomo non aveva ancora assunto un aspetto storico. Costituisce la risposta anti-cristiana alla presentazione cristiana del secondo secolo. 

CONCLUSIONE
Ci sono parecchie idee chiare accettate come auto-evidenti a cui si deve rinunciare quando esaminate strettamente. La storicità di Gesù è una di loro. È una chiave falsa per l'interpretazione dei testi cristiani. Li rende incomprensibili. A dispetto delle apparenze non è auto-evidente che il Dio-Uomo sia un uomo che è stato trasformato in un Dio. Quando si pone enfasi sulla concezione del Dio-Uomo, è l'uomo, non il Dio, che svanisce. Ciò che i vangeli hanno convertito in leggenda non è un caro ricordo e neppure un episodio tragico. È un concetto religioso, il più nuovo e il più elevato. Il problema delle origini cristiane diventerà chiaro e semplice quando un tema religioso non è più confuso con un fatto storico.
La storicità di Gesù è un articolo di fede. Passus sub Pontio Pilato è integrale ad un Credo da dover accettare o rigettare nella sua interezza. Se noi crediamo, come hanno creduto così tante generazioni, nell'esistenza di un Dio-Uomo che ha camminato sulla terra, allora Gesù è un personaggio storico e niente nei vangeli dev'essere rimosso o cambiato dal suo significato proprio. Se noi non vi crediamo, non abbiamo nessun diritto di sottoporre i vangeli alla tortura per farli confessare un segreto che non è in loro. La deificazione di un uomo è egualmente offensiva al sentimento religioso e alla probabilità storica.
Gesù dev'essere compreso in una maniera diversa. Comprendere equivale a classificare. Gesù è mal classificato quando viene posto nella serie di grandi riformatori religiosi — Zoroastro, Confucio, Mani, Maometto, Lutero. Il suo vero posto è tra gli Dèi di resurrezione, i suoi predecessori e fratelli inferiori — Demetra, Dioniso, Osiride, Attis, Mitra, i cui misteri prima dei suoi, ma con potere inferiore, avevano offerto agli uomini la grande speranza di guadagnare la vittoria sulla morte. 

NOTE

[1] Articolo dal Hibbert Journal, Gennaio, 1939.

[2] Un altro esempio dello stesso genere. Marcione recita (16:17):
“Passi dunque il cielo e la terra più in fretta di un solo apice delle mie parole” — garantito di nuovo dal contesto (21:33) “Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole rimarranno per sempre”. Luca recita: “...che un apice solo della Legge cada” — nuovamente una correzione attuata secondo Matteo. Qui il signor Loisy mantiene la priorità di Luca (a dispetto del contesto) sulla base che l'“apice” o “punto” è un segno minuscolo usato in scrittura che non si poteva usare a proposito di parole pronunciate (paroles). Lui dimentica che il termine greco tradotto paroles spesso indica la parola scritta — come fa qui.