venerdì 30 marzo 2018

Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra? (6)

(proviene da qui)

La Conclusione a cui siamo condotti è (a) che non ci fu nessun uomo Gesù. La parola significa “Salvatore”, ed è presa da Giosuè (in greco “Gesù”, nella versione della Septuaginta). Giosuè (nel Libro di Zaccaria) fu chiamato il “Ramo”, il titolo messianico: e conosciamo che esistevano dei settari, davvero antichi, probabilmente pre-cristiani, chiamati Iessaioi (si veda Ippolito), il cui oggetto di culto era un dio o signore “Gesù”, così chiamato per via della discendenza del Messia da Iesse (Isaia 11:1), oppure per via di Giosuè (forse l'eroe del Libro di Giosuè). Poi non sappiamo di nessun villaggio “Cafarnao”. Era una fontana (dice Flavio Giuseppe), non un villaggio. Se Gesù (il principio incarnato del Mondo, Colossesi 1:15) visse e insegnò là vi sarebbe stato sicuramente un gruppo dei suoi discepoli, ma le epistole non lo menzionano per nulla affatto. La consuetudine di scrivere storie e discorsi, e d'inventare i personaggi, o di utilizzare personaggi del passato come figure fantoccio, era abituale tra gli ebrei: confronta i Libri di Rut, Giona, Tobia, Ester, Daniele e Giobbe, e Deuteronomio (scritto come se proviene da Mosè); si veda anche “Pistis Sophia” (un'opera gnostica del secondo secolo circa un Gesù che insegna dopo la sua resurrezione). C'erano parecchi dèi o esseri divini immaginati dagli uomini. Quei dèi venivano sulla terra, morivano e ascendevano, come abbiamo visto. Era il metodo corrente dei culti la scrittura dei loro miti — ad esempio Dioniso e Osiride avevano lunghe storie inventate delle loro azioni, tuttavia mai vissero. Gli dèi erano personificazioni di forze reali, e Cristo era la Legge Spirituale del morire per vivere (chiamata Amore e Logos) personificata e proiettata, come se fosse un secondo essere divino al fianco del Padre Supremo. Dato che il Padre era inteso in maniera deistica (distante) dagli ebrei, venne immaginata l'esistenza di un Essere intermediario come una persona distinta. Così, sebbene “Cristo” mai visse come un uomo, egli è un aspetto eterno di Dio, cioè il Suo cuore, carattere, scopo, ideale d'Amore tramite cui Dio creò i mondi, e per esprimere che tutte le cose stanno operando naturalmente assieme. Cristo è la grande realtà, sebbene non una “persona” che visse come un uomo sulla terra.
Nella storia di Guglielmo Tell otteniamo un aiuto nel constatare quanto per lungo tempo si possa credere che una figura ideale fosse stato una volta un uomo. La storia fu raccontata intorno al 1476 in nove strofe. Riferiva come Tell fosse stato un abile tiratore, e colpì a morte un crudele ufficiale austriaco. La storia si sviluppò e giunse a includere altre imprese (ad esempio circa il ragazzo e la mela). Intorno al 1746 fu pubblicato un pamphlet che dimostrava che Tell mai visse. Egli fu un ideale tiratore, un personaggio come se ne parla anche in Danimarca, Svezia e Irlanda. Il pamphlet fu all'inizio bruciato pubblicamente con rabbia, ma oggi constatiamo che era vero (si veda “Ency. Brit.” — articolo “William Tell”).
(b) L'essenza del cristianesimo non è, comunque, l'esistenza di un uomo Gesù sulla terra, ma il principio di Vita (morire per vivere) che è espresso nella storia della sua croce, e questo rimarrà e salverà il mondo.
Il principio di vita è amore. Noi viviamo nel momento in cui offriamo. Ci ritroviamo nel momento in cui perdiamo noi stessi. Perfino il corpo esiste estinguendosi giorno per giorno. La mente ricava la verità morendo ai suoi pregiudizi. Così la vita dell'anima può solo essere per amore, che significa servizio, perdono delle offese, ricavare solo il meglio da offrire, e “Cristo” è definito come lo Spirito divino datore di Vita (1 Corinzi 15:45).
Ciò che la storia di Cristo introduce è la maniera mediante cui Dio vive e l'uomo dovrebbe vivere. Dio muore per vivere. Dio, dissero gli gnostici, è tutto amore, e così ebbe bisogno di oggetti d'amore, e che è la ragione per cui discese nella creazione. La creazione è una perpetua auto-crocifissione di Dio. Egli lascia l'eterna beatitudine di isolamento per entrare in una lotta nel tempo. Perché Dio ha limitato Sé stesso, Egli non può rendere buono tutto di colpo. Egli deve prendere tempo perché Egli è entrato nel tempo. L'evoluzione è il Suo metodo; ma Egli non è fuori a guardarvi. La lotta è Sua. Ora si conosce che la “Materia” è in realtà energia, e dal momento che influenza l'esistenza mentale (in noi) potremo dire che sia energia spirituale diventata automatica. È come un iceberg nell'oceano della Vita; dalla Vita proviene, ed è energia vitale cristallizzata oppure diventata automatica, così da essere utilizzata dalla Vita (o Dio) che tutto pervade per lo sviluppo degli organismi (piante, animali, uomini) e per la crescita delle anime degli uomini. Dio ha tradotto Sé stesso in un Universo di Vita nel tempo. La materia (tutte le stelle) nuota in questa Vita, è ed utilizzata dalla stessa per la creazione degli organismi viventi sulla terra. La vita (Dio) ha uno scopo o obiettivo o ideale di Amore sacro, e ora sta lavorando (nel tempo) tutte le cose assieme per esprimere questo nelle anime. Quest'Amore, o Cristo, è la natura definitiva di Dio, ma nel tempo appare molto male, non perché Dio lo voglia, ma perché Egli è sotto limiti, e non può tutto di colpo sviluppare anime di Amore nel tempo. Esse sono ancora ostacolate dalla natura “animalesca”. Da qui vengono guerre e crudeltà, ed errori e accidenti, perché Dio nell'uomo è limitato al presente.
Nondimeno, Dio ha già fatto vaste meraviglie nell'organizzare cellule e corpi, e nell'introdurre la razza umana alla scienza e alla simpatia già in suo possesso.
Il senso dell'Universo è così un senso buono. Dio cerca sempre di riversare nelle anime la Sua Vita che circonda tutto nella misura in cui esse possono riceverla.
Il vangelo, mediante la storia di Cristo, ci racconta ciò.   
E di più, ci racconta che Dio vuole che le nostre vite diventino più complete tramite la stessa legge della croce. L'uomo è un microcosmo, e deve morire per vivere.
(c) Solo nella misura in cui l'inferiore natura animale è controllata dalla più elevata natura spirituale, il problema sociale si può risolvere. Così, ad esempio, il desiderio di alcool può essere frenato (si veda Efesini 5:18) nella misura in cui non è un vizio. Anche così il dominio dell'appetito sessuale (distinguibile dal vero affetto e le sue dolci carezze)  dev'essere controllato (non ucciso, come cercava di fare l'ascetismo) da ragione, prudenza e un ideale sociale; così che la paternità negligente (sia fuori che dentro il matrimonio) giunga ad una fine, e non arrivi nessun figlio che sia indesiderato, o per cui non si faccia nessuna previsione salutare. Così anche la guerra può finire solamente tramite l'adozione di questo principio di vita. Dire semplicemente “la guerra non paga” non terminerà la guerra, per quanto sia vero il detto; poiché gli uomini combatteranno per la possibilità di possedere, oppure perché essi sono strumenti di mercanti e finanzieri che profitteranno certamente da una guerra, oppure per “onore”, oppure a causa di vecchi antagonismi razziali (la Guerra dei Balcani). Per terminare la guerra, gli uomini devono rinunciare ad un sentimento semplicemente “patriottico”, ed elevarsi a vivere da cittadini della razza umana.   
Così con l'alzare i salari ad un minimo, e poi la trasformazione del sistema salariale in compagnie di lavoratori e organizzatori in Gilde Industriali — tali fini possono solamente sopraggiungere da una simpatia più profonda in tutti coloro coinvolti.
L'emancipazione delle donne può solo essere fatta dalle donne stesse che rinunciano all'antico desiderio di essere (praticamente) possedute e usate dagli uomini, e che si elevano alla loro eredità spirituale come esseri umani ragionevoli e amorevoli, che perseguono a questo fine la loro libertà economica e personale.  
Così solo “Cristo” — la legge divina della vita mediante la morte — può risolvere i problemi sociali che tormentano oggi il mondo; poiché essi sono risolti da anime che sono educate nella loro vera vita come figli spirituali di un Dio, che perdono sé stessi e così trovano e realizzano sé stessi.
Le anime devono essere indotte a percepire intuitivamente (per sentimento diretto) lo Stimolo nei loro cuori dell'Infinita Vita Ideale, capace di formarle in gruppi ecclesiastici sociali, che siano indipendenti dal sesso e dalla razza, e che realizzino la Repubblica Mondiale di un'Umanità redenta. 
(d) E il significato della morte è illuminato dalla profonda verità cristiana che “Cristo in voi è la speranza della gloria” (Colossesi 1:27). In ogni esistenza è illustrato il principio del morire per vivere, perfino nella vita di piante e animali. Il movimento è in tutte quelle forme. Ma nell'uomo questo principio può giungere ad un'auto-coscienza. La morte di ciascun organismo significa che “la vita si disfà” (frase di Bergson). Il corpo torna alla polvere (inerte energia automatica). Il principio organizzatore “ritorna a Dio che lo offrì”, cioè rimane nella Vita sovrapersonale (Dio) che tutto penetra. E' come se l'ingresso nell'iceberg della materia si chiudesse e l'acqua si ritirasse nell'oceano circostante.
Questa è la morte di ciascun organismo — sia esso protozoo, moscerino o cane o uomo. Ma nell'uomo il principio potrebbe diventare forte abbastanza da dargli un'individualità in Dio. Allora alla morte è come se l'acqua del fiume non solo si ritira nell'oceano, ma vi diventa una corrente. Il Cristo nell'uomo è la sua unicità con Dio. L'Eterno Spirito di Cristo dice: “Tu, Padre, sei in me e io in loro” (Giovanni 17:23, 26). Anime che hanno raggiunto la vita di Cristo (“accettato Cristo”, se lo chiamino o meno così) sono, alla morte, come correnti viventi nell'oceano della Vita di Dio, pronte per qualche altro “corpo” qui o altrove, e benedette da Dio come Suoi “figli” per sempre. 

Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra? (5)

(proviene da qui)

(5) Il Quarto Vangelo ha rappresentato una grande difficoltà per i critici moderni. Si era soliti ritenere che le sue storie fossero vere storicamente; poi si disse che erano leggenda; ora si possono vedere come allegoria. Esse hanno tutte qualche significato spirituale.
L'autore (120 E.C. circa) è ignoto, ma egli fu probabilmente un mistico che viveva ad Alessandria, poiché egli utilizzò diffusamente il linguaggio di Filone (30 A.E.C. — 20 E.C.), come per esempio Logos (parola), Paraclito, Luce e Oscurità, l'unigenito Figlio di Dio, Acqua di Vita.
Il vangelo contiene storie simboliche, discorsi dottrinali, e una crocifissione messianica:
(a) Tra le storie simboliche leggiamo della trasformazione dell'acqua in vino. Filone aveva un linguaggio simile, e la storia è un'allegoria per indicare come l'acqua dell'ebraismo si cambiò nel vino del cristianesimo. Nicodemo (capitolo 3) è una figura fantoccio per introdurre il bisogno della nuova nascita dall'alto.
La donna di Samaria rappresenta i samaritani. I suoi cinque mariti erano le false deità che i samaritani avevano adorato. La storia insegna che il Cristo era per quella gente come pure per gli ebrei.
L'uomo impotente presso la piscina di Bethesda rappresenta Israele che era stato trentotto anni nel deserto (Deuteronomio 2:14), e i cinque portici rappresentano i cinque Libri di Mosè. Cristo poteva guarire Israele.
L'uomo cieco dalla sua nascita rappresenta i gentili, che sempre erano stati ciechi spiritualmente. Anch'essi hanno bisogno del Cristo. La storia di Lazzaro deve mostrare che Cristo è “la Resurrezione e la Vita” (si veda 11:25), e può offrire una vita spirituale a tutti.
La storia bellissima della pulitura dei piedi dei discepoli è un'altra allegoria per comunicare che un umile servizio è incluso nell'Ideale d'Amore (che è “Cristo”). Fu detto che il titolo sulla croce fosse scritto in ebraico, greco e latino, a rappresentare che il Cristo è per tutti gli uomini. È detto che il sangue e l'acqua fluiscono dal Cristo a causa dell'“eresia” gnostica che Cristo non venne da acqua (battesimo) (si veda 1 Giovanni 5:6).
La pesca di 153 pesci (21:11) è un riferimento probabilmente a 2 Cronache 2:17, dove è detto che il numero di gentili nella terra di Israele è 153000 (e 600). Gli apostoli credevano che sarebbero stati “pescatori di uomini”, e che avrebbero fatto proseliti tra i gentili. In effetti, la storia dei discepoli che sono pescatori fu del tutto un'idea allegorica, poiché così essi furono detti “pescatori di uomini”. Non è un fatto storico che i primi discepoli fossero stati semplici pescatori (Matteo 4:19; 13:47-48).
(b) I discorsi dottrinali nel vangelo di Giovanni sono attribuiti a Gesù oppure ai suoi discepoli, ma sono nello stile di 1 Giovanni, e provengono perciò in realtà dall'autore di 1 Giovanni. Uno scritto gnostico chiamato “Pistis Sophia” assegna lunghi discorsi a Gesù e discorsi più brevi ai suoi discepoli, composti liberamente e abbastanza non-storici. Era la maniera di scrivere in quell'epoca. Quei discorsi provengono dal “Cristo” Eterno che viveva nella mente e nel cuore dello scrittore nella misura in cui danno una verità eterna. Essi sono realmente filosofici, dualistici — separando aspramente Dio e l'uomo, nascita naturale e nascita spirituale, cristiani ed ebrei (che erano “figli del diavolo”).
Ma gemme di verità eterna si trovano in questo vangelo, per esempio: “Tu, Padre, sei in me e io in loro”. L'idea di Cristo che è un essere eterno (Giovanni 1:1-18; 17:24; 8:58), realmente come natura di Dio oppure Logos, dà la profonda verità che Dio non è semplice Potere, ma che il potere ultimo è diretto da Amore. Anch'egli è in noi (“Io in loro”). Non c'è nessuna distinzione nel Quarto Vangelo, non più che in Paolo, tra Cristo e lo Spirito Santo. Essi sono uno. “Il Signore è lo Spirito” (2 Corinzi 3:17). La Parusia di Cristo è già presente, secondo il Quarto Vangelo (14:18). Questo Cristo (o Ideale d'Amore di Dio) è in effetti la Via a Dio, la Vita più profonda per e dentro gli uomini, il Pane della Vita, il Consolatore (Paraclito = sostenitore, avvocato) di anime. Egli sta venendo perpetuamente nel mondo mediante il corso naturale degli eventi nella Storia — poiché la Storia è la graduale manifestazione di sé della Vita Eterna nelle condizioni temporali. Le condizioni ostacolano l'Amore, e causano ignoranza e male negli uomini, ma l'Amore vincerà nel lungo corso, e già ha realizzato parecchio. Così possiamo vedere che né le storie e neppure i discorsi nel Quarto Vangelo ci danno un uomo storico Gesù. Essi furono composti liberamente da una profonda natura filosofica.
(c) La crocifissione è riferita secondo una profezia dell'Antico Testamento, come in Marco e Matteo, ma ancor più così, poiché vi si insiste in dettaglio che tutto fu realizzato, in quanto così “dev'essere stato” si veda Giovanni 19:23-24, 32-37.
Caifa è una figura fantoccio, e non il Caifa della Storia, poiché è detto che fu sommo sacerdote “per quell'anno”, un errore, dal momento che i sommi sacerdoti non venivano costituiti semplicemente per un anno.
Il significato interiore del vangelo (come del cristianesimo) è dato in Giovanni 12:24-25 — Morire per Vivere. Questa è la Legge di Dio, dell'Universo, e Cristo è realmente questo principio d'Amore (realizzazione di sé mediante sacrificio di sé) personificato e proiettato dai suoi adoratori. La storia di Cristo è uno sforzo per rappresentare questa profonda verità di vita mediante la morte. È la legge di Dio, e dovrebbe essere riconosciuta come la legge di ogni anima. Questo “Cristo” “venne” nella Chiesa antica, ossia era il principio di Vita, evoluto dal pensiero umano, finché scaturì esplicitamente allora sebbene la Chiesa antica non vide pienamente la sua applicazione allo status di donne e schiavi, che essi tenevano ancora in subordinazione (Efesini 5:22-24; 6:5-8). Sebbene Paolo disse a Filemone di ricevere Onesimo come un fratello prediletto, egli non gli comunicò di liberarlo.
Ma nella Chiesa antica c'era una rivelazione speciale di Dio, oppure una crisi in quella perpetua rivelazione di sé. Altre crisi nella Storia sono associate a Socrate, Platone, Aristotele, e a Lutero, Calvino, Erasmo, gruppi di uomini in cui e da cui il divino emerge da ultimo in una maniera particolare.    

giovedì 29 marzo 2018

Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra? (4)

(proviene da qui)
(4) Matteo 1 e 2; Luca 1 e 2 devono trattenerci per un piccolo intervallo, in quanto essi sono davvero istruttivi nell'aiutarci a comprendere come furono composte le storie religiose di Cristo.
Se leggiamo 1 Samuele 1, 2 e 3, e poi leggiamo Luca 1 e 2, possiamo difficilmente fare a meno di notare molte somiglianze. Samuele fu il figlio primogenito, così lo era Gesù. Anna cantò un cantico (1 Samuele 2:1-10), che è largamente utilizzato per far cantare Maria (Luca 1:46-55). Samuele fu presentato nella casa del Signore (presso Silo), ad un anziano Eli, dove i suoi genitori si recavano annualmente per il culto. Gesù fu presentato nella casa del Signore (a Gerusalemme), ad un anziano Simeone, dove  i suoi genitori si recavano annualmente per il culto.
Le parole “questo sarà un segno” si presentano in entrambe le storie. Il giovane Samuele è “chiamato” nel tempio del Signore. Gesù è trovato nel tempio (quando dodicenne). Prima e dopo l'episodio leggiamo, “il fanciullo cresceva presso il Signore” (1 Samuele 2:21; 2:26). Parole simili si presentano prima e dopo la storia di Gesù che viene trovato nel tempio (Luca 2:40, 52). È chiaro che Luca 1 e 2 non è Storia ma una composizione artistica per glorificare il Cristo basata sulla storia di Samuele. Anche Giudici 13:5 venne utilizzato.
Poi la storia dei pastori (Luca 2:8-20) è basata sul mito di Mitra (il dio persiano), poiché il prof. Cumont (Ghent) dice: “Pastori testimoniarono il miracolo dell'ingresso di Mitra nel mondo.... Ricolmi di adorazione i pastori si avvicinarono, offrendo al divino fanciullo le primizie delle loro greggi e dei loro raccolti” (“The Mysteries of Mithras”, pag. 131, 132).
Potremo paragonare la storia dei Magi (saggi persiani) nel racconto di Matteo. Così la narrazione di Luca non è Storia, ma una storia ideale per esaltare Cristo.
Le genealogie di Matteo e Luca sono composizioni irreconciliabili, e dal momento che sono di Giuseppe esse non sono di Gesù, che non era nato da Giuseppe, secondo entrambi Matteo e Luca.
In Matteo, è detto che Maria appartiene a Betlemme e si reca a Nazaret come uno strano luogo (2:23). In Luca, Maria appartiene a Nazaret e dev'essere portata a Betlemme coll'espediente del censimento. La data di questo censimento è posta troppo presto, e in una maniera non-storica, poiché alle donne non si richiedeva di viaggiare così da essere censite.
I racconti degli angeli in Luca 1 e 2, e le citazioni dalla profezia elaborate in storie in Matteo 1:20-23; 2:5-6, 15, 17-18, indicano che quei capitoli (Matteo 1 e 2; Luca 1 e 2) non raccontano della Natività di un uomo, ma sono racconti romantici, perfino poetici (in alcuni punti) di come un dio “dev'essere” nato secondo il pio pensiero di un'epoca non-scientifica nell'Oriente. Luca 1 e 2 potrebbero essere stati scritti per mostrare che Gesù era davvero un uomo, e scritto così da combattere gli gnostici. Ma se così noi abbiamo un'ulteriore dimostrazione che Gesù non fu un uomo, poiché se Gesù fosse stato un uomo reale, come avrebbero potuto pensare gli gnostici (alcuni di loro uomini colti e capaci) che egli fosse sprovvisto di una vera umanità? E di nuovo, se la miglior “dimostrazione” dell'umanità di Cristo era un sacro romanzo, come lo dà per esempio Luca 1 e 2, è chiaro che una dimostrazione della sua umanità era impossibile.
Con Luca 1 e 2 potremo paragonare il “Protoevangelo di Giacomo”. Questo è un libro che racconta dell'infanzia di Maria (la madre di Gesù) e poi della nascita di Gesù. È nello stile di Matteo 1 e 2; Luca 1 e 2, e si trova nei testi “apocrifi del Nuovo Testamento” (Hone). È un libro menzionato da Origene e Clemente di Alessandria (250 E.C. circa). Così fu composto probabilmente nel secondo secolo. Sembra anche essere stato scritto contro gnostici, poiché gli gnostici dicevano che Gesù non partecipò della natura umana di Maria nel nascere da lei. Questo libro cerca di mostrare che egli così ne partecipò. Raccontano della nascita di Gesù in una grotta (come disse anche Giustino Martire intorno al 150 E.C.), ma questa è un'altra copiatura dal culto di Mitra, poiché si diceva che egli nacque in una grotta.
Dei dialoghi sono composti liberamente tra Erode e i sapienti dell'Oriente, e tra Maria e Giuseppe, e vediamo come i dialoghi nei nostri quattro vangeli erano immaginati come quel che “dev'essere stato”.
Se il Protoevangelo” è respinto come romanzo, i primi due capitoli in entrambi Matteo e Luca sono a loro volta romanzo, e in effetti, il vangelo di Marco è largamente della stessa natura; ma quei testi potrebbero avere tuttavia un valore spirituale. Essi sono opere d'arte, veri simbolicamente se non storicamente. 

mercoledì 28 marzo 2018

Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra? (3)

(proviene da qui)

(3) Arriviamo al vangelo di san Marco, nel quale la storia di Cristo è espansa da (a) il processo di utilizzare profezie dell'Antico Testamento come semi dai quali sviluppare “episodi” simbolici. Allo stesso tempo, (b) parecchio della discussione tra i primi cristiani, e tra cristiani ed ebrei, è suggerita in questo piccolo trattato chiamato “Il Vangelo di San Marco”.
Non è facile per noi, riguardo al primo di quei punti, afferrare oggi l'attitudine mentale dell'Oriente verso fatti storici.
Un tutore di Oxford raccontò al presente scrittore come, quando era in Palestina, egli lesse il Libro di Ester ad un siriano in siriaco. Al termine il tutore disse al siriano, “Ora raccontami la storia a parole tue”. Il siriano cominciò riferendo il racconto come figura nella Bibbia, poi si lanciò a raccontare narrazioni aggiuntive. “Ma quello non è nella Bibbia”, disse il tutore. “Oh, ma quello è come dev'essere stato”, disse il candido siriano.
L'orientale (essendo non scientifico) riferisce le storie secondo la sua immaginazione come se fossero Storia, perché sente che è come “dev'essere stato”; confronta i libri di Rut, Giona, e Daniele — non Storia, ma storie di tendenza, per provare qualcosa oppure per confortare gli oppressi.
Nel vangelo di Marco l'autore (ignoto) scrive (a) un numero di storie di Gesù, a partire dalle profezie e dai salmi dell'Antico Testamento, perché egli pensava che il messia “deve essere” vissuto così e morto e risorto di nuovo. Allo stesso tempo (b) incorporate in quelle storie si trovano pezzetti della storia della Chiesa dei primi gruppi di uomini di Cristo, le loro discussioni reciproche e con gli ebrei. Se procediamo attraverso il piccolo trattato questa doppia origine diventerà apparente.
La storia di Giovanni il Battista è fabbricata a partire da Isaia 40:3 e Malachia 3:1, mentre la descrizione di Elia in 2 Re 1:8 (“era un uomo peloso; una cintura di cuoio gli cingeva i fianchi”) è applicata a Giovanni. Giovanni, allora, era una figura ideale, non storica. Egli fu collocato nella storia di Cristo, come il predetto precursore simile ad Elia del Messia.
Il battesimo di Gesù richiama il salmo 2:7, mentre la storia delle tentazioni è costruita sulle linee delle tentazioni di Zoroastro nello Zend-Avesta dei persiani. Gesù è considerato (come lo fu Mitra) come colui prossimo a conquistare Satana (si veda 1 Giovanni 3:8).  Egli comincia con una battaglia contro Satana, poi egli espelle uno spirito impuro, poiché Zaccaria 13:2 ha detto. “Io estirperò dal paese i nomi degli idoli” (si veda 1 Corinzi 2:6-8; Colossesi 2:15, quanto a come Cristo fu crocifisso da demoni — arconti — e li aveva sconfitti). In Marco 2 ricaviamo probabilmente un quadro del tipo di discussioni che occorrevano tra cristiani ed ebrei, i primi che dichiaravano che loro (ossia Cristo in loro) potevano perdonare i peccati, potevano trascurare il digiuno, e potevano cogliere spighe di grano di Sabato. In Marco 3 il ritratto del Cristo (che visse in realtà nella Chiesa) è ripreso di nuovo mentre combatte gli spiriti maligni. Gli ebrei avevano detto che era grazie a Belzebù che la Chiesa antica esorcizzava “diavoli”. Questo è scritto come se il “Cristo” fosse stato così accusato dagli ebrei.
La parabola del Seminatore (Marco 4) è un'antica parabola gnostica (si vedano le opere di Ippolito), che originariamente significava che Dio semina il Logos (Parola o Ragione) nei cuori umani.
La quiete della tempesta (Matteo 4:37) proviene dal salmo 107:29, “egli muta la tempesta in quiete”, ed è raccontata nella maniera in cui lo ricorda il Libro di Giona (un uomo addormentato in un vascello, ecc.). Cristo quieta le tempeste nei cuori umani.
Il racconto dell'uomo di nome “Legione” è un altro racconto di come il Cristo giunse a combattere i mali, personificati come demoni. Oppure potrebbe essere un resoconto esagerato di un'opera di guarigione da parte dei cristiani. Sappiamo che la Chiesa antica inviò uomini a predicare e a “scacciare demoni” (Marco 6:7, 13).
La storia del nutrimento dei cinquemila è un'allegoria, il cui significato è offerto in Giovanni 6:41, 48: “Io sono il pane della vita”. La storia è modellata su quella di Elia che sfamò molti con un po' di (confronta Giovanni 6:9, “pani d'orzo”) pani d'orzo e pesci — si veda 2 Re 4:42-44. In entrambi i casi si disse che qualche cibo fu lasciato da parte. La storia del nutrimento dei quattromila (Marco 8) è una duplicazione, e la conversazione che segue la storia, in Marco 8:14-21, mostra come l'autore potesse comporre conversazioni per adattare la narrazione che stava raccontando (come se fosse Storia).
La querela circa le regole ebraiche di pulizia (Marco 7:1-23) fornisce forse un pezzo di conversazione del genere che potrebbe benissimo aver preso luogo tra cristiani ed ebrei. La donna siro-fenicia (Marco 7:24-30) rappresenta i gentili in generale. Anche da loro la nuova vita d'Amore e il suo potere dovevano recarsi, sebbene i “figli” (ebrei) dovevano essere nutriti prima). In Marco 7:31-37 abbiamo la storia di un uomo che era sordo e aveva un impedimento nella sua parola. Questa guarigione da parte del Cristo è basata su Isaia 32:4, “la lingua dei balbuzienti parlerà spedita e distinta” (confronta Marco 7:35, “parlava correttamente”), e su Isaia 35:5-6, “Il vostro Dio giunge e viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi (spiritualmente ciechi) e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto”
Qui c'era un passo “messianico” ad essere stato preso come la base di numerose storie nei vangeli (confronta Marco 8:22-26; 10:46-52). Senza dubbio erano intese a comunicare che il Cristo o Ideale d'Amore guarisce la cecità spirituale nell'anima. Un nuovo paragrafo del vangelo di Marco inizia in 8:27, quando si potrebbe dire che comincia la passione di Cristo. L'idea del Messia sofferente era una nuova idea per la maggior parte degli ebrei. Venne presa dalle Religioni Misteriche per interpretare l'esperienza cristiana di “morire per vivere” come legge d'Amore. Era supportata dal salmo 22 e da Isaia 53; Daniele 9:26; Zaccaria 12:10; 13:7.
Tali passi dell'Antico Testamento sono riferiti in Marco 8:31; 9:12, 31; 10:33, laddove viene ripetutamente detto che il Figlio dell'Uomo deve soffrire, e soffrire a causa delle Scritture (9:12). Anche Paolo aveva detto così (1 Corinzi 15:3-4).
La storia della Trasfigurazione è un'allegoria composta per dimostrare che Cristo è più grande sia della Legge che dei profeti, simboleggiati da Mosè ed Elia, “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltate lui!” (Marco 9:7).
La storia del bambino piccolo che viene ricevuto da Cristo è raccontata in vari modi (Marco 9:33-37, 42; 10:13-16). Non si riferisce a bambini piccoli, ma a “fanciulli e lattanti” (Matteo 11:25), che sono contrastati ai “sapienti e intelligenti”. Nella Chiesa antica alcuni pensavano che i fratelli giovani e inesperti e incolti non dovessero unirsi alla Chiesa, ma il senso migliore della Chiesa (“Cristo” nella Chiesa) li accoglieva come tali perché avevano umiltà.   
Anche la questione del divorzio era dibattuta nella Chiesa antica (Marco 10:1-12; il verso 12 non poteva essere stato pronunciato da un uomo Gesù, un ebreo, soltanto tra ebrei, in quanto essi non permettevano alle donne di divorziare dai loro mariti). La visione più severa del rabbino Shammai fu preferita alla visione più rilassata del rabbino Hillel nella Chiesa di quei giorni (ma si veda 1 Corinzi 7:15).
Il giovane possidente ricco (Marco 10:17-31) potrebbe rappresentare Israele, dal momento che, come ha sottolineato W. B. Smith, la rara parola greca per “rattristatosi” (Marco 10:22) occorre in Isaia 57:17, dove il riferimento è ad Israele. Se così, il significato mistico è che gli ebrei si rifiutavano di condividere la loro conoscenza di Dio coi pagani, e così per loro, in quanto ebrei, era difficile salvarsi.
Marco 11:1-10 racconta dell'ingresso a Gerusalemme del Cristo, una storia scritta chiaramente da Zaccaria 9:9, “Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina”. La duplicazione (due animali) è poetica, e il riferimento è, naturalmente, solamente ad uno; ma Matteo, nel suo zelo per avere pienamente realizzata la profezia, fa montare Gesù su due animali (Matteo 21:7)!
La storia di Cristo che maledice il fico è un'allegoria simbolica da parte della Chiesa per indicare che la nazione ebraica non ha recato nessun frutto (spirituale) e doveva presto essere distrutta (essendovi riferita la distruzione di Gerusalemme nel 70 E.C. da parte di Tito).
La questione del tributo a Cesare era una questione dibattuta nella Chiesa antica (Marco 12:13-17; e si veda Romani 13:7, un documento più antico di Marco).
Anche la questione della resurrezione (Marco 13:18-27) era una questione dibattuta tra cristiani (confronta 1 Corinzi 15). C'è solo una sua fase qui.
I due comandi, Ama Dio e ama il tuo prossimo, erano stati collocati assieme nei “Testamenti dei Dodici Patriarchi” (scritto A.E.C.), e così non figurano originariamente nella loro congiunzione qui (Marco 12:35-37).
La questione del Cristo come “Figlio di Davide” era un altro rompicapo messianico di quei giorni (Marco 12:35-37).
Marco 13 dà un discorso sul tempo in cui il Messia era atteso dal cielo, una materia che agitava grandemente la Chiesa antica, come evidenziato dalla prima e seconda epistola ai Tessalonicesi e dal Libro dell'Apocalisse. Questo capitolo in Marco non è un discorso di un uomo Gesù. Implica (verso 14) la distruzione di Gerusalemme nel 70 E.C. (si veda il parallelo in Luca 21:20).
Nella storia della donna e del l'ampolla di alabastro di unguento, espansa in Luca 7:36-50, abbiamo una storia allegorica per indicare quanto grandemente i peccatori gentili (si veda Luca 7:39, “una peccatrice”) accoglievano l'ideale di Cristo, in contrasto al rifiuto ebraico a fare così (Marco 14:4, “Perché tutto questo spreco di olio profumato?”).
Giuda è una figura composita nel dramma, fabbricata dal salmo 41:9; Zaccaria 11:11-12 (“trenta sicli d'argento gettati nella casa dell'Eterno”); 13:6 (“ferito nella casa dei miei amici”).
La storia dell'Ultima Cena vi perviene da Paolo (1 Corinzi 10:16-21), il quale ricavò l'idea dalle Religioni Misteriche, mentre la morte di Cristo è posta nel periodo di Pasqua perché lui era chiamato l'“Agnello” (Apocalisse 5:6; 14:1; Giovanni 1:29; si veda Isaia 53:7; 1 Corinzi 5:7-8). Nessuno era con Cristo, oppure ascoltò le sue parole nel Giardino del Getsemani, quindi ancora non abbiamo Storia qui, ma una bellissima allegoria di come mai l'amore soffre in segreto, eppure prega ed è rafforzato in tal modo. La cornice del quadro proviene da Isaia 63:3, “Io ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me”. Cristo è rappresentato come lasciato solo nella sua preghiera e in seguito abbandonato dai suoi discepoli.
Di nuovo, nel processo di Gesù ci sono difficoltà nel considerarlo come Storia, perché gli ebrei non giudicavano casi capitali in un giorno soltanto, né prima o durante un giorno di festa, né il Sinedrio si riuniva nella notte (verso 68, “il gallo cantò” mostra che il processo avvenne di notte).
Pilato (14:1-15) è una figura fantoccio, e non il crudele procuratore di cui ci racconta Flavio Giuseppe. Un Pilato che si lava le mani in pubblico, e ascolta il sogno di sua moglie (si veda Matteo), e cerca di liberare Gesù, non è una figura storica. La flagellazione di Gesù (Marco 15:15) ricorda Isaia 1:6. Lo sputare su Gesù è posto nella storia anche a causa di Isaia 50:6, dove è detto che il Servo Sofferente “non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”.
Il salmo 79:21 racconta, in un salmo “messianico”: “Mi hanno invece dato fiele per cibo, e, nella mia sete, mi hanno dato da bere dell'aceto” (si veda Marco 15:23 e paralleli).
Che altri (e criminali) dovessero essere crocifissi con Cristo era suggerito da Isaia 53:12, “è stato annoverato fra i malfattori”. Il fatto della crocifissione è dato dal salmo 22:16, “mi hanno forato le mani e i piedi”.
“Eloì, Eloì” è preso dallo stesso salmo 22:1. Il racconto dello squarciamento del velo del tempio (15:38) è una storia simbolica per indicare che ciò che separa gli ebrei dai gentili è rimosso in Cristo (si veda Efesini 2:13-38).
Che un uomo ricco dovesse seppellire Gesù (Matteo 15:43) è tratto da Isaia 53:9, “Gli si diede sepoltura ... con il ricco”.
La resurrezione del Messia era suggerita dalle Religioni Misteriche (come lo era la morte), ma fu supportata da Isaia 53:10; salmo 16:10 (citato in Atti 2:27); “Tu non abbandonerai l'anima mia in potere della morte”.
Così Marco non è una storia di un uomo, ma una drammatizzazione del cristianesimo paolino, in dettaglio, e una sua ambientazione nei giorni di Pilato e Caifa, che sono qui figure fantoccio.
La storia dietro Marco è che c'era una Chiesa antica a Gerusalemme, che discuteva questioni a proposito del tributo a Cesare, del divorzio, e del momento quando doveva apparire il Messia. 
Ma il rifiuto del culto di Cristo da parte degli ebrei (un fatto storico, dato che Paolo perseguitò la Chiesa) è raccontato come una crocifissione di Cristo da parte degli ebrei, com'era il metodo consueto nelle religioni di quei giorni.
Il vero Potere che guarisce gli uomini spiritualmente ciechi e che muore per risorgere di nuovo è “Cristo”, la Vita Spirituale dell'Amore nell'anima, nata in tutti coloro che muoiono al dominio del più inferiore sé.

martedì 27 marzo 2018

Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra? (2)

(proviene da qui)



(2) Ora arriviamo a Paolo.
(a) Prima della sua conversione Paolo era un ebreo ellenistico della diaspora (dispersione), non un ebreo rabbinico di Gerusalemme e della Legge. Il signor Claude G. Montefiore ha mostrato questo di recente in “Judaism and St. Paul”. Paolo non amava realmente la Legge né credeva che lo aiutasse a vivere. Ma egli auspicava una religione migliore piuttosto che una legale, sebbene il signor Montefiore potrebbe non pensarla così. Paolo bramava un'unione con Dio. Egli era stato allevato tra fedi misteriche, e sentiva il bisogno di quest'unione, sebbene fosse ebreo. Egli non era soddisfatto dall'osservanza della Legge. Egli voleva il Legislatore e la Legge all'interno del suo cuore. Egli sembrava vedere nei cristiani ciò che voleva, e a Cristo (la legge interiore del “morire per vivere” personificata e proiettata) Paolo si “convertì”. Egli aveva, all'inizio, perseguitato la Chiesa, tenendo duro come fece alle “tradizioni” degli ebrei. Ma nel suo cuore egli sentiva che questa legge del “morire per vivere”, questo principio d'Amore dei cristiani, era il segreto di tutte le cose. Egli “vide” la Verità sulla via per Damasco, e la descrisse come una “visione del Signore”. La “luce” che vide fu un effetto collaterale psicologico dell'esperienza spirituale da lui avuta, nella stessa maniera che è spesso capitata ad anime sensitive in momenti di esaltazione. Paolo fin da subito si rifiutò di consultare Pietro, Giovanni, e Giacomo. Egli ci dice di nuovo e ancora di nuovo, in Galati, capitoli 1 e 2, che egli elaborò la sua idea di cristianesimo per sé stesso. Dal momento che era versato nelle Religioni Misteriche egli poteva elaborare il cristianesimo come una Religione Misterica, e tale in effetti la rese. Leggiamo che egli si ritirò in Arabia, poi a Damasco (Galati 1). Accadde quattordici anni prima di trascorrere qualche tempo cogli apostoli, se non per un po' di giorni. Egli predicò il cristianesimo come una Religione Misterica. Sembra davvero probabile che era stato Paolo l'uomo che specialmente propose l'idea che Cristo avesse avuto un episodio sulla terra per salvare gli uomini.
(b) Paolo era stato allevato tra le Religioni Misteriche. Tarso era il quartier generale del mitraismo, che insegnava di un dio Mitra, che fu il mediatore tra Ormuz e l'uomo, che combatté i demoni del male, che era giunto sulla terra e aveva compiuto le opere di un Salvatore, aveva partecipato ad un'ultima cena, ed era asceso (senza morire) al cielo. Il prof. Cumont (Belgio) ci dice che si pensava anche che Mitra sarebbe giunto di nuovo come giudice.
A Tarso anche la religione di Attis veniva impartita nei templi. Attis fu un dio frigio, dal centro dell'Asia Minore. In origine un dio della vegetazione, che “moriva” d'inverno (al pari di Tammuz o di Adone — si veda Ezechiele 8:14) e “resuscitava” a primavera, egli venne moralizzato, così che i suoi adoratori morissero al peccato e risorgessero all'immortalità tramite la loro iniziazione nei suoi misteri.
Altre Religioni Misteriche erano quelle di Dioniso (un dio greco chiamato anche Bacco, che rappresentava la forza vitale provata dai suoi adoratori nelle loro danze), e di Osiride (il dio egizio che venne sulla terra, fu ucciso da Set, e che resuscitò e discese agli Inferi, diventando il Giudice di tutti gli uomini). Anche gli gnostici insegnavano l'esistenza di un Logos Salvatore del Mondo che discese in soccorso dell'anima del mondo (Sofia o Sapienza) e per liberarla dalle sue passioni. Questo Logos fu crocifisso, oppure il pleroma (pienezza) degli eoni (attributi eterni di Dio)  fu imprigionato, limitato da stauros (la croce).
Questo insegnamento gnostico si trova ricordato da Ippolito (220 E.C.). Si trova esistente in Valentino e Basilide nel secondo secolo E.C., ma risale a molto più addietro, poiché termini gnostici ci sono nelle epistole di Paolo — cioè, Sapienza, Pleroma, Teleios (iniziato), angeli, Arconte (dominatore di un mondo), uomini spirituali e carnali, mistero, battesimo. Da qui potremo presumere che ci fosse uno gnosticismo pre-cristiano, e che Paolo fosse un tipo di gnostico che rivelò una Sapienza tra gli iniziati (1 Corinzi 2:6-8). Ora l'impatto di quelle Religioni Misteriche significò che Cristo (che fu Amore personificato, e fu creduto esistente in cielo) fu guardato da Paolo come un “signore” (1 Corinzi 8:6), e si pensò che avesse avuto un episodio sulla terra, al pari degli altri dèi misterici, che fosse nato, che fosse morto e disceso agli inferi e fosse risorto di nuovo al cielo, e fosse prossimo a giungere come giudice. Anche il Sacramento della Cena del Signore proveniva da quelle Religioni Misteriche, specialmente da quella di Eleusi (presso Atene, sulla costa), dove Persefone era adorata come la Vita che discendeva d'inverno alle regioni inferiori (trascinatavi da Plutone, il dio dell'Ade) e veniva liberata a primavera e restituita a sua madre, Demetra. Questo mito fu moralizzato in tempi A.E.C. e l'adoratore si bagnava nel mare e procedeva attraverso riti iniziatori a simboleggiare il morire al peccato e il risorgere alla vita eterna. C'era un pasto comune in connessione a questa iniziazione, e così anche nel mitraismo. Un'iscrizione scoperta di recente dice di un invito che un uomo inviò ad un altro per cenare con lui “alla tavola del Signore Serapide” (Osiride). Paolo, in 1 Corinzi 10:21, paragona la tavola di Cristo alla tavola dei demoni. Per “demoni” egli, senza dubbio, intende Mitra e Osiride, poiché era la consuetudine dell'ebreo di mentalità piuttosto gretta definire “demoni” tutti gli altri dèi diversi dal proprio.
Il passo (1 Corinzi 2:23-25) sulla Cena non era probabilmente di Paolo ma una inserzione posteriore, poiché rompe il contesto. Anche l'elenco di coloro che “videro” il Signore in 1 Corinzi 15:3-8 è a sua volta probabilmente una glossa posteriore, poiché è nello stile di 1 Corinzi 2:23-25 (“Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso”), e offre un elenco di cristofanie non note apparentemente agli scrittori dei quattro vangeli.
Così la cerimonia della Cena del Signore penetrò nel cristianesimo dalle Religioni Misteriche, e la sua istituzione fu in seguito attribuita a Cristo, proprio nello stile delle religioni di quel giorno. Ciò che gli adoratori sperimentavano fu scritto come se fosse stata l'opera del Dio che adoravano.
Quando Paolo giunse ad esprimere la sua nuova religione dello Spirito, poteva farlo solo nei termini delle religioni delle Religioni Misteriche, e così disse del Salvatore, della salvezza e dei sacramenti. Raccontò di Cristo (l'Ideale d'Amore) come di uno che era “morto”. “Noi predichiamo un Messia crocifisso” (1 Corinzi 1:23, 2:2-8). Questo Messia era divino, era in cielo una volta, discese per combattere Satana (Colossesi 2:15), deve quindi essere nato, in qualche apparenza simile ad un uomo, morì su una croce (si veda l'idea gnostica del Logos che è crocifisso, la quale idea potrebbe benissimo essere stata pre-cristiana, poiché termini gnostici figurano nelle epistole di Paolo), e riascese al cielo (Filippesi 2:1-10; 2 Corinzi 8:9). La salvezza equivaleva per gli uomini a “morire” con Cristo (così la morte di Cristo era veramente spirituale, non fisica, altrimenti non avrebbe potuto essere condivisa dagli uomini che vivevano sulla terra), e a “risorgere di nuovo” ora ai luoghi celesti (Efesini 2:1-6).
I sacramenti in Paolo non sono meri simboli, ma sono efficaci (come pensava) a portare un'anima in Cristo, (cioè nella Chiesa) mediante battesimo, e a dare una rinnovata partecipazione in Cristo durante la cena.
Così Paolo (che era irritabile e non scientifico, e non distingueva la Storia dalla soteriologia) cominciò a introdurre un episodio nella vita del Logos Eterno o Cristo. Paolo (indotto dalle storie degli dèi misterici) creò la storia di Cristo, e la confermò con passi dell'Antico Testamento interpretati erroneamente per applicarli al Messia; perché in realtà si applicavano a Israele come nazione. Abbiamo visto (a) che Paolo fu allevato come un ebreo ellenistico prima della sua conversione, e (b) dopo la sua conversione non poteva che interpretare il cristianesimo come una Religione Misterica.
(c) “Ma Paolo ci dice che Gesù aveva vissuto sulla terra”, si dice.
Ehm, ma in che lingua? In Filippesi 2:1-10, Paolo dice che Cristo era dall'eternità (Colossesi 1:15) nella “forma di Dio”. La parola “forma” include un riferimento alla sostanza (si veda il “Commentary on Philippians” di Lightfoot). Cristo (dice Paolo) rinunciò a questa uguaglianza con Dio e fu trovato “nella somiglianza degli uomini” (si veda anche Romani 8:3). La parola “somiglianza” “non implica la realtà dell'umanità di nostro Signore” (Lightfoot). Significa soltanto apparenza. Paolo pensò che ci fosse stata una volta qualche Cristofania sulla terra. Paolo dice che Cristo era nato da una donna (Galati 4:4). Ma dire così di un uomo reale non sarebbe necessario. Vi è qualcosa di strano. Paolo dice anche che secondo la carne Cristo era “del seme di Davide” — poiché le Scritture lo indicano (Romani 1:1-3). Questo ci dà la chiave. Paolo sta in realtà comunicando dottrina non Storia. La Scrittura, Isaia 7:14 (citato in Matteo 1), disse che Colui che sarebbe giunto sarebbe nato da una giovane donna (“Vergine” — nella traduzione greca della Septuaginta). Isaia 11:1 disse che sarebbe stato del seme di Davide. Paolo non sta comunicando Storia, ma sta componendo teologia. Paolo credeva che il signore-Messia fosse stato sulla terra, e fosse morto su una croce, e resuscitato, poiché le Religioni Misteriche dicevano così dei loro dèi. Era il modo in cui gli uomini pensavano del Divino in quei giorni, come se fosse passato sulla terra quello che stavano sperimentando. E nella profezia dell'Antico Testamento, Paolo trovò la corroborazione della storia di come questo episodio del Cristo doveva aver avuto luogo. Isaia 7:14, 11:1, 1:6 (sputato in volto), 53 (il servo si recò come un agnello al sacrificio, e resuscitò dai morti) — questi passi furono presi ora come riferimento al Messia, e utilizzati dai cristiani per sostenere come vero per il Cristo ciò che le Religioni Misteriche avevano suggerito.
Gli ebrei non erano stati abituati a pensare a Isaia 53 come ad un riferimento alla sofferenza del Messia. Guardavano al Servo sofferente come Israele, come si dichiara, in effetti, in Isaia. Ma quando nacque l'idea (specialmente in Paolo) che il Cristo fosse morto e risorto, ci si appellò a questo passo di Isaia 53 (e anche al salmo 22) per sostenerla. Probabilmente un po' di ebrei avevano creduto che il salmo 22 e Isaia 53 avessero qualche riferimento al Messia, come indica Edersheim nel suo lungo elenco di oltre duecento passi dell'Antico Testamento che erano ritenuti “messianici” dagli ebrei.
Paolo, allora, disse in maniera vaga che ad un tempo il Cristo Eterno (l'Idea dell'Universo — Colossesi 1:15) venne sulla terra nell'apparenza (soltanto) di un uomo, morì e resuscitò, come sostenevano le Scritture. Paolo non predicò nulla che non potesse sostenere mediante la Scrittura, si veda Atti 26:23, 21 (i capitoli successivi di Atti sono più affidabili di quelli precedenti); Romani 16:26 (il sedicesimo capitolo è di Paolo, anche se il resto è probabilmente successivo). Così, allora, Paolo difficilmente credette che Gesù sulla terra fosse un uomo reale; egli non era sicuro di come fossero avvenute la sua discesa e la sua incarnazione. Era un punto disputato. Leggiamo in Ippolito (Vescovo di Porto, 220 Era Comune) nel suo “Philosophumena”, che gli gnostici del secondo secolo pensavano che il corpo di Gesù fosse o psichico oppure spirituale. Una scuola credeva che fosse psichico, un'altra (comprendente il famoso Bardesane) disse che era spirituale. Entrambi negavano che fosse fisico. Gli gnostici dissero che il Cristo eterno era nato da Maria, ma non partecipò della sua umanità. Così, possiamo comprendere che Paolo (che fu uno gnostico in realtà, e aveva tendenze docetiche) non sosteneva realmente che Gesù Cristo fosse stato pienamente un uomo. Egli aveva una vaga idea del suo esser vissuto una volta sulla terra, ma si trattava di una dottrina mistica, non di Storia, sebbene Paolo non distingueva accuratamente le due cose. 
Così l'impatto delle Religioni Misteriche (compreso lo gnosticismo) sul cristianesimo antico condusse all'idea — nell'anima di Paolo (convertito) — che questo Cristo di Dio (agente e ideale di Dio) avesse avuto un episodio sulla terra in qualche tempo, fosse morto, disceso all'Ade, e risorto di nuovo al cielo.
Questa, comunque, non è la Storia di un uomo reale sulla terra, ma la drammatizzazione dell'eterno Amore di Dio, mediante cui Dio vive per sempre col morire, coll'offrire Sé stesso ai Suoi figli.
(d) Cristo era per Paolo uno spirito interiore. “Il Signore è lo Spirito” (2 Corinzi 3:17). Cristo era prima di tutte le cose, e in Lui tutte le cose si reggono assieme (Colossesi 1:15). Egli è l'immagine di Dio. Questa frase non implica visibilità, poiché Filone aveva parlato così a proposito del “Logos” quando scriveva ad Alessandria (20-30 E.C. circa), e Filone non intendeva che qualcuno avesse visto il Logos. L'idea deistica di Dio tra gli ebrei era diventata insoddisfacente. Gli uomini bramavano percepire Dio vicino, sì, interiormente — e gli stoici insegnavano così. La “Sapienza di Salomone” (un libro ellenistico degli Apocrifi dell'Antico Testamento) dice che la “Sapienza era con Dio quando Egli creò il mondo”. La Sapienza è una personificazione dell'Idea dell'Universo. Cristo è un'altra personificazione del genere. Le religioni in quei giorni personificavano forze naturali oppure ideali morali come dèi e signori, e raccontavano le verità intorno ai loro dèi nella forma di storie oppure di miti, i quali venivano spesso (come nel caso del dio greco Dioniso) espansi in lunghe narrazioni. Così accadde con Cristo. Egli è la personificazione dell'Ideale d'Amore (“morire per vivere” — in quanto il principio dell'universo. “Questo divino Ideale d'Amore è il termine della legge ebraica, e della separazione tra ebrei e gentili” disse Paolo in effetti (Romani 10:4; 13:8). Si trattava di un vangelo che raggiungeva il cuore. Non meraviglia che gli ebrei lo respinsero, per timore che la loro antica religione fosse arrivata ad una fine — a cui veramente era arrivata!
Paolo vide in Isaia 53 un'assicurazione del fatto che nella morte del Messia il Messia recasse la maledizione di Dio contro il peccato, così da liberare i credenti dal Giudizio Finale. Questo era un argomento rabbinico. Ma in realtà per Paolo Cristo era il principio del Morire per Vivere, eterno in Dio (Colossesi 1:15; 2:27), manifestato nel tempo (una volta, come Paolo insegnava pubblicamente, ma in realtà in tutti i cuori che “muoiono” per vivere). Paolo era “crocifisso con Cristo”. Paolo sempre “portava nel corpo il morire del Signore Gesù”. Paolo invitò gli uomini a “morire al peccato”, come fece Cristo, ad essere “sepolti con Cristo” (simboleggiato nel battesimo), e a “risorgere a Cristo” ora in una vita nuova (Galati 2:20; 2 Corinzi 4:10; Romani 6:5-11; Colossesi 2:12; Efesini 2:1-6). Nessuna crocifissione letterale nella Storia avrebbe potuto essere condivisa. Così, allora, Paolo sentì il principio d'Amore nel suo cuore (Galati 1:16), e lo chiamò “Cristo”, come fecero i primi cristiani, e versato, com'egli era, nelle Religioni Misteriche, Paolo attribuì a Cristo ciò che egli (Paolo) sentì di star attraversando, ossia una crocifissione (morte all'umanità inferiore) e una resurrezione (alla spirituale vita divina). Da qui crebbe la storia di Cristo che era morto e risorto (e da qui, parimenti nato, sebbene non come un uomo comune). Tutto questo era nel modo in cui gli uomini esprimevano le loro religioni in quei giorni. Quando, ad esempio, gli adoratori greci di Dioniso volevano dire che erano perseguitati dai re di Sparta, essi dissero che Dioniso (il dio) fu perseguitato da Licurgo (il famoso legislatore e re di Sparta) — si veda “Ency. Brit.” — articolo “Dioniso”. Paolo scrisse di Cristo, “Egli mi ha amato e ha dato se stesso per me”, “egli morì per tutti”, “Cristo morì per i nostri peccati” (Galati 2:20, 2 Corinzi 5:15; 1 Corinzi 15:3) Non avevano quelle espressioni alcun significato? Se non ci fosse stato nessun uomo Gesù e nessuna crocifissione, di quale valore è l'idea della morte di Cristo? La storia di Cristo è la storia di qualunque cosa accada in Dio. C'è un perpetua crocifissione di Dio. Morire per vivere è sempre la legge della vita divina. Questo è drammatizzato nella storia di un uomo che fu crocifisso, e tuttavia non di un uomo nel pieno senso ordinario della parola, poiché Paolo immaginava che avesse avuto luogo una teofania o una cristofania , nella sola apparenza di un uomo. Dio sempre dà la Sua vita per noi, sempre riversa il Suo amore in noi, sempre sopporta i nostri peccati e si addolora nel Suo cuore!
“L'Agnello è ucciso fin dalla fondazione del mondo” (Apocalisse 13:8). Effettivamente, il Libro dell'Apocalisse, che chiama Cristo “l'Alfa e l'Omega”, “Re dei re e Signore dei signori”, l'“Agnello” (da Isaia 53), il “Principio della creazione del mondo” (3:14), presenta di nuovo la visione paolina; confronta 1 Corinzi 8:6; Colossesi 1:15.
In Apocalisse 13:8, supponendo che le parole “dalla creazione del mondo” siano prese con “scritti”, e non con “ucciso”, noi ricaviamo ancora questa idea che i “nomi (di quelli destinati a salvarsi) sono stati scritti dalla creazione del mondo nel Libro della Vita dell'Agnello che è stato ucciso”.
Così che il Libro esistette alla fondazione del mondo (confronta 17:8), e dal momento che esso fu il Libro dell'Agnello ucciso, Cristo era l'Agnello immolato a sua volta da prima della creazione.

lunedì 26 marzo 2018

Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra? (1)

(proviene da qui)


Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra?

Sta diventando sempre più difficile credere che visse un uomo Gesù. Sempre più delle storie nei vangeli sono trovate allegoriche oppure composte semplicemente per esaltare il Signore Gesù Cristo. La posizione ortodossa era che tutto nei vangeli fosse vero storicamente. Poi un dubbio fu gettato sulla nascita verginale, sulla trasfigurazione, sul camminare sulle acque, e sulla resurrezione fisica di Gesù. Ma il processo è proseguito. Il cristianesimo liberale è passato nel cristianesimo radicale, se ci è possibile utilizzare la frase. La figura di un uomo Gesù diventa sempre meno apparente.
Un rifugio è preso da molti negli scritti dell'Apostolo Paolo, ma, come spero di illustrare brevemente, il suo ritratto di Gesù fu dettato dalle Religioni Misteriche del suo giorno. Da ultimo, si dice che ci dev'essere stata una grande personalità a iniziare il cristianesimo, ma altre religioni sono venute senza una grande personalità, e possiamo discernere numerose anime orientate spiritualmente nelle quali iniziò il cristianesimo, se si possa dire che abbia avuto un inizio — vale a dire, Pietro, Giovanni, Paolo.
È lo scopo di questo breve saggio presentare, in una maniera sommaria, le considerazioni che conducono alla tesi che Gesù Cristo non fu mai un uomo, ma era l'Ideale Divino esperito (negli uomini), personificato, proiettato, e drammatizzato dalla Chiesa antica.
Al fine di fare questo passiamo in rassegna i cinque diversi strati, o livelli, della letteratura del Nuovo Testamento che sono di speciale valore su questo soggetto.

(1) Per prima cosa si potrebbero prendere i “Logia”, o collezione di detti attribuiti a Gesù. Troviamo che nel vangelo di Matteo una gran parte è attinta utilizzando il vangelo di Marco — la maggior parte di Marco è in Matteo. Ma ci sono larghe parti di Matteo oltre e sopra quelle che contengono Marco. Ci sono i primi due capitoli, di cui tratteremo in seguito. Poi ci sono parecchi discorsi, come per esempio quelli in Matteo 5, 6, 7, 10, 18, 25. Quei sei capitoli sono anche (in parti) in Luca.
(a) Possiamo rintracciare l'origine di alcuni dei “Logia” come forniti in Matteo e Luca.
Beati i miti perché erediteranno la terra” proviene dal salmo 37:11.
L'idea di interiorità in Matteo 5 è data in Geremia 31:31-34 (“Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore”).
Osea 6:6 è citato due volte in Matteo: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, così che l'etica cristiana costituiva il meglio dell'Antico Testamento, selezionata di là da uomini in cui uno spirito ideale (o Cristo — infatti, “il Signore è lo Spirito”, 2 Corinzi 3:17) era stato evoluto in Storia.
I grandi comandamenti di amare Dio e il proprio vicino provengono da Deuteronomio 6:4 e Levitico 19:18, e l'idea di “perdonare per essere perdonati da Dio” figura nel “Testamento dei Dodici Patriarchi”. Esortazioni a dare elemosina si trovano nel Libro di Tobia, mentre in Proverbi leggiamo che dobbiamo sfamare i nostri nemici (citato in Romani 12). Così perfino il comandamento di amare i propri nemici non è un'idea originale nel cristianesimo. Figura, naturalmente, anche nel buddismo (500 A.E.C.).
Le parabole del Regno sono proprio com'erano dette dai rabbini (si veda Edersheim: “Life and Times of Jesus Messiah” — per paralleli). Il Libro di Enoc parla del Cristo assiso sul trono del suo giudizio (Matteo 25:31).
Nessun uomo avrebbe potuto pronunciare tutte le parole dei “Logia”, come per esempio “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Matteo 25:40), “Chi accoglie voi accoglie me” (Matteo 10:40). Chi parla è uno spirito che può vivere e vive in molti cuori.
Il passo “Venite a me” di Matteo 11:28-30 è teologia, non Storia. È attinto da Siracide 51:23-27 (“Avvicinatevi, sottoponete il collo al suo giogo”, ecc.). La dottrina della chiesa in realtà è implicata nei detti “Su questa pietra edificherò la mia chiesa”, “Dillo alla chiesa” (Matteo 16:18; 18:17).
Il ricco epulone (nella parabola lucana) rappresenta l'ebraismo incurante del mondo gentile (Lazzaro), mentre Zaccheo (Luca 19) è una figura allegorica intesa a rappresentare i “pubblicani” (collettori di tasse), dalla cui classe provenivano alcuni cristiani.
La parabola del Figliol Prodigo ha le sue radici in Filone di Alessandria (20 A.E.C. — 30 E.C. circa), che scrisse di figli scialacquatori e di come i loro padri li amassero e prestassero loro un'attenzione speciale. La “Preghiera del Padre Nostro” è una compilazione di alcune preghiere ebraiche utilizzate dagli ebrei, e qui selezionate per dare l'idea di brevità nella preghiera (si veda Matteo 6:7-13).
Così noi non possiamo trovare nessun originale Maestro divino nella collezione di “Logia”. Essa è una produzione della Chiesa, e parla di discussioni nella Chiesa quanto alla venuta del Messia, ai perdoni (Matteo 18:21-22), alla preghiera, e ad altre materie; dato che la voce della Chiesa era messa per iscritto come la voce di “Cristo” (l'Ideale d'Amore nella Chiesa, sebbene, naturalmente, ivi appreso in maniera imperfetta).
(b) Da dove provenne quest'idea di Cristo? Il Libro di Enoc è una collezione di trattati sul Messia, e nella parte chiamata “Le Similitudini”, scritta intorno al 70 A.E.C., ci viene detto che il Cristo era con Dio quando egli creò il mondo, ed egli è l'eletto di Dio, il Figlio dell'Uomo, e verrà a giudicare tutti gli uomini. Così in tempi anteriori alla nostra era Cristo fu pensato come già esistente, come una vita ideale in cielo, con Dio, presto a venire come Giudice e “assiso sul trono” (si veda Matteo 25).
Non è necessario risalire dietro il Libro di Enoc, se non per dire che prima di quel tempo il Messia veniva pensato soltanto come un Sovrano Ideale, un uomo, che avrebbe dovuto liberare Israele dai suoi nemici e introdurre il regno di giustizia (si veda Isaia 11:1-10; 9:1-6; Michea 5:1-3). Il titolo Messia non si presenta se non parecchio tempo dopo di Isaia, ma l'idea si può far risalire a Isaia.
Nel Libro di Enoc ricaviamo la concezione che il Messia fosse un sovrumano essere divino, già esistente. Egli venne immaginato come una persona.
Questo fu il punto di inizio per la Chiesa, che consisteva di pii ebrei di Antiochia (in Siria) e Gerusalemme attorno al principio della nostra era, uomini che si incontravano per discutere del Messia, e che credevano in lui e guardavano alla sua venuta.
Ma quando essi composero i “Logia” non avevano pensato al Messia come di uno che fosse nato, come di uno che fosse morto e risorto. Essi pensavano di lui solo come a un maestro celeste che doveva presto venire come giudice. Realmente vi era arrivata, naturalmente, nella Storia, uno stravolgimento spirituale in quelli uomini; e quest'auto-rivelazione di Dio come l'Ideale d'Amore (che terminava la Legge) venne chiamata “Cristo”. La pienezza del tempo era giunta, poiché tre movimenti si erano poi concentrati assieme — lo stoicismo, il messianismo, e le Religioni Misteriche.
Lo stoicismo in Posidonio (maestro di Atene nel primo secolo A.E.C.) fu una fede celeste. Esso insegnava un Dio interiore, tutto-penetrante, e il potere dell'uomo di raggiungere la vita immortale. Il messianismo nei Libri di “Daniele” e di “Enoc” aveva dato da credere agli ebrei ad un Messia vissuto in cielo e che sarebbe giunto come giudice. Le Religioni Misteriche insegnavano un Salvatore del Mondo (chiamato in vari modi) che era stato in cielo, era venuto sulla terra, aveva sofferto la morte, era disceso agli inferi, ed era risorto o asceso.
Lo scontro di quelle tre fedi l'una con l'altra dette origine ad una nuova religione, il cristianesimo, che sopraggiunse naturalmente nella Storia; poiché il divino è visto nel modo in cui gli eventi naturali si svolgono. La più antica Chiesa cristiana non aveva questa nuova religione in pienezza. Ciò sopraggiunse soltanto con Paolo.
La Chiesa più antica teneva ad un Cristo che era presente dovunque due o tre si fossero incontrati nel suo nome. Questa Chiesa era realmente l'Interiore Ideale d'Amore, partorito dai pensieri dello stoicismo, del messianismo, e delle Religioni Misteriche. Quest'ultime insegnavano che l'anima doveva morire per vivere. Il messianismo è un termine che indica le speranze religiose degli ebrei nei due secoli A.E.C., ed è associato all'ideale di vita data in un libro come “Il Testamento dei Dodici Patriarchi” (scritto in tempi A.E.C.).
I più antichi cristiani, allora, non possedevano nessun'idea del Messia che era nato e che era morto e risorto. I loro pensieri erano solo una continuazione del Libro di Enoc. Essi dissero, in effetti: “Noi percepiamo un Ideale d'Amore: esso termina e realizza per noi le leggi cerimoniali e morali degli ebrei; è tutto ciò di cui noi abbiamo bisogno: è il Messia che ci parla,  il rappresentante di Dio in mezzo a noi: ci lega assieme: è Cristo Gesù, Messia Salvatore che noi adoriamo”.
Questa era la loro fede e il loro amore. Alcuni del loro numero cominciarono a “vedere” Gesù Cristo in visioni. Essi impartirono le loro idee agli ebrei ma furono respinti. La vita in Cristo di cui parlarono, dal momento che resero inutili le regole sulla pulizia e le osservanze sui cibi impuri, che gli ebrei ingiungevano, fu respinta dagli ebrei. La libertà, tra cristiani, di guarire di Sabato, di trascurare il digiuno, e di mangiare ciò che desideravano, fu aborrita dai farisei, parecchi dei quali erano di un tipo limitato e severo. La nuova religione fu ritenuta eretica. Costituiva un passo al di sopra dell'ebraismo nel Regno dello Spirito. 

domenica 25 marzo 2018

Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra?


Il Dio di Coincidenza

Può qualcuno negare che

Una cosa dopo l'altra

In sequenza e logica

Mai vista prima

Non può essere che la

Interferenza di un Dio

Determinata a provare che

Ognuno che pretende

Di conoscere ora

Una cospirazione è

Demente?


(Kent Murphy)
Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna.
(Matteo 10:28)
 Ora l'essenza stessa dell'anti-creazione
Il guardiano dell'Abisso
Scelse di dimorare in un Serpente nell'albero.
È chiamato Satana, poiché si oppone a Geova.
È chiamato Lucifero, poiché porta la luce della conoscenza all'uomo.
È chiamato Cristo, perché è unto con le Acque di Tiamat.
(Dal Vangelo del Serpente, 13)


Nei tempi antichi vi erano stati uomini convinti che il mondo fosse il frutto di un'entità malvagia. Secondo quelle persone era un carcere di dolore per gli esseri umani. Un luogo nel quale gli uomini e le donne che popolano la Terra non avrebbero conosciuto altro che sofferenza.

Non tutti i cristiani primitivi erano stati monoteisti. Alcune comunità cristiane credevano in varie divinità, che potevano essere anche decine, e persino trecentosessantacinque, come i giorni dell'anno. Il dio degli ebrei, in particolare, tra quelle divinità, poteva essere, per l'appunto, l'entità che il filosofo greco Platone aveva chiamato demiurgo, e che era stato assimilato dagli gnostici, che lo trasformarono in un'entità malvagia. Era colui che aveva convertito l'essere umano in uno schiavo della materia e delle passioni. Gli gnostici credevano che l'anima e il corpo fossero impegnati in una battaglia dura e incessante. L'Inferno era la lontananza dal Cielo. E tale Inferno era la Terra, per la sua distanza dalla Gloria. Solo l'amore avrebbe potuto salvare l'uomo, liberandolo dalle catene della materia.

Molti sono i folli apologeti cattolici che deplorano il fatto che, in chiesa, della Bibbia non si legga altro che il Nuovo Testamento. Spesso invidiano i folli apologeti protestanti, che prendono le sacre scritture come una guida, secondo l'interpretazione che ne dà lo spirito. Ma in genere i folli apologeti cattolici che provano tale rammarico ignorano che l'Antico Testamento mostra un Dio giustiziere, vendicativo, sessista e implacabile, che inganna gli uomini, li castiga, li maledice, li stermina. Un Dio che, come nel caso di Giobbe, schiaccia l'uomo senza pietà per metterne alla prova la fede, fa scommesse con il Serpente sulla pelle degli esseri umani.

Scommesse con il Serpente.


Il miticista Gilbert T. Sadler è un altro miticista il cui merito principale è riscattare nella maniera più nobile e appassionata le origini gnostiche del cristianesimo, qualcosa che molti altri miticisti, perfino Richard Carrier, non intendono fare. Nel caso del dr. Carrier, posso capirlo benissimo dal momento che il suo intento dichiarato è proporre la versione in termini assoluti più minimale del miticismo, ovvero quella versione dell'ipotesi mitica che concede all'ipotesi di un Gesù storico il maggiore ventaglio di spazi possibili (e il mito gnostico è certamente quanto di più lontano vi possa essere dall'universo di un ipotetico Gesù storico) ... ...prima di farla evaporare del tutto sotto i colpi dell'evidenza storica rivelatasi ad oggi semplicemente quella più probabile in termini puramente bayesiani.

Il merito di Sadler è nell'aver dimostrato che, perfino se le lettere di Paolo fossero state il prodotto di una Scuola Paolina posteriore al 70 E.C., ebbene, perfino così, il miticismo rimane ancora più probabile rispetto alla storicità (perfino se non nella stessa misura in cui il miticismo sarebbe più probabile rispetto alla storicità nel caso in cui le lettere di Paolo fossero veramente autentiche come sostengono entrambi il dr. Carrier e il consenso degli studiosi). 

L'influenza di Sadler sui miticisti (nonchè critici radicali) Robert M. Price ed Hermann Detering è notevole (sebbene, stranamente, a mia conoscenza nè Price e neppure Detering hanno ricordato da qualche parte il loro profondo debito a Sadler — e questa dimenticanza di Sadler, lo dico con rammarico, mi sembra alquanto ingiusta da parte loro, dato che l'influenza mi sembra indubbia). 

Sadler stesso offre un semplice diagramma che riassume la sua ricostruzione delle Origini:

tradotto da G. T. Sadler, The Origin and Meaning of Christianity, 1916, pag. 80.
Nelle sue parole: 
 Così Cristo nelle epistole paoline è un essere divino che fu ritenuto vagamente vissuto sulla terra e morto e risorto. L'idea di Cristo qui non è la più antica idea mistica di Cristo invisibile “nel mezzo” della Comunità, ma non è neppure l'idea pienamente storicizzata che noi troviamo in Marco. Mostra la transizione da una all'altra. La Scuola Paolina insegnò Cristo come un aspetto di Dio, ma quest'idea fu introdotta come se Cristo fosse nato e morto e asceso di nuovo. La “crocifissione” fu in realtà quella di Dio, un processo cosmico, condiviso dai cristiani, e scoperto dall'antica Comunità quando quella Comunità venne perseguitata. Ma si parlò della crocifissione nelle epistole come se fosse di un uomo Cristo sulla terra, e la resurrezione “dev'essere stata” di un corpo letterale dalla tomba, poichè nessun altro tipo poteva essere immaginato dagli ebrei, riguardo ad ogni uomo. 
(G. T. Sadler, The Origin and Meaning of Christianity, 1916, pag. 39-40, mia libera traduzione)

Entrambi Sadler e il prof Price riconoscono che la Parabola del Seminatore è pre-cristiana e riflette il mito gnostico della creazione:

Giacché il fine — spiegano [i Naasseni] — sono i semi sparsi nel mondo dal Senza-forma, attraverso cu tutto il mondo viene realizzato. Da lui infatti ha cominciato la sua esistenza. E in tal senso — dicono è stato detto: “Uscì il seminatore a seminare: alcuni semi caddero lungo la strada e furono calpestati; altri su un terreno sassoso e germogliarono, ma poiché non avevano profondità si seccarono e morirono; altri infine caddero sulla terra ferma e fruttificarono, chi cento per uno, chi sessanta, chi trenta. Chi ha orecchi per intendere, intenda”. La loro spiegazione è la seguente: nessuno diventa discepolo di questi misteri eccetto i soli gnostici perfetti.
(il folle apologeta proto-cattolico Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, 5:8, mia enfasi)

 ...ma solo Price, a differenza di Sadler ed è qui dove riconosco pienamente il genio del grande accademico americano
vede in quel mito stesso la forma embrionale della stessa crocifissione celeste dello gnostico “Uomo di Luce” in quella medesima creazione del mondo. Nelle sue parole: 
Il demiurgo, imitando la suprema divinità, di cui fu nondimeno ignorante, procedette a creare la materia e una serie di creazioni materiali, un genere di volgare sostituto per il pleroma di luce. Egli creò un mondo, ma esso era inerte e caotico, “privo di forma e vuoto”. Per innescare qualche azione, egli riuscì a rubare parte della luce spirituale dal pleroma. Secondo qualsiasi testo gnostico di tua scelta, questo potrebbe essere stato realizzato assalendo e smembrando l'Uomo di Luce, il Figlio dell'Uomo, l'Uomo Primordiale (4 Ezra 13:1-4), oppure un altro degli eoni, oppure la luce potrebbe essere stata presa dall'immagine riflessa di Sofia. In ogni caso, il demiurgo e i suoi malvagi scherani, gli arconti (i figli di Dio o angeli caduti delle versioni apocrife ebraiche di Genesi 6:1-6), utilizzarono quelle scintille di luce aliena come qualcosa di simile ad un DNA per programmare un ordine auto-replicante nell'altrimenti non ancora nato cosmo o materia.
(Robert M. Price, The Amazing Colossal Apostle, 2012, pag. 132-133, mia traduzione e mia enfasi) 

Così Sadler è certamente in errore quando nega che prima del 70 Era Comune ci fosse stato un mito di un Cristo crocifisso nei cieli inferiori prima della creazione del mondo — e necessaria (necessità che solo un mito gnostico poteva spiegare) a quella stessa creazione. Eppure in un altro libro (quello che ora mi appresto a pubblicare in questo blog nella sua traduzione italiana) lo stesso Gilbert ravvisa le tracce di quell'antico mito in un misterioso passo dell'Apocalisse (13:8): 
L'adoreranno tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti nel libro della vita dell'Agnello che è stato ucciso  fin dalla creazione del mondo.
...a cui offre il seguente, convincente commento (rispondendo implicitamente all'ovvia obiezione dei folli apologeti cristiani che soltanto il “Libro della vita” era stato scritto “fin dalla creazione del mondo”  e non la morte dell'Agnello):
 In Apocalisse 13:8, supponendo che le parole “fin dalla creazione del mondo” siano prese con “scritti”, e non con “ucciso”, noi ricaviamo ancora quest'idea che i “nomi (di coloro che salvò) furono scritti fin dalla creazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello che è stato ucciso”.  
Così che il Libro esistette alla fondazione del mondo (confronta 17:8), e dal momento che esso fu il Libro dell'Agnello ucciso, Cristo era l'Agnello immolato a sua volta da prima della creazione. 
(Gilbert T. Sadler, Has Jesus Lived on Earth?, Cassell and Co., Londra 1914, pag.30, mia traduzione)

Richard Carrier ha sollevato dei dubbi sulla possibilità che il mito cristiano originario prevedesse la crocifissione celestiale di Gesù prima della creazione del mondo. Secondo lui, l'idea non si adatterebbe perfettamente con la teodicea ebraica, che prevede un'espiazione di sangue solo dopo un mondo corrotto, e non prima della sua corruzione, tantomeno prima della sua creazione. Eppure la Parabola del Seminatore, letta alla maniera dei pre-cristiani Ofiti, ci consegna proprio la miglior ragione possibile del perchè l'“Uomo di Luce” o “Adamante” o “Logos” (totalmente aldilà se venisse chiamato “Cristo” oppure “Gesù” già in tempi pre-cristiani, perchè è un fatto che ad un certo punto fu chiamato così almeno in tempi cristiani) doveva essere crocifisso dagli arconti — e da uno di loro in particolare: il dio degli ebrei — prima della creazione del mondo. Perchè solo così il malvagio Demiurgo, “YHWH”, il dio degli ebrei, poteva permettersi di animare la sua squallida creazione (in realtà, la vera Caduta). Perchè solo così il Serpente della Genesi poteva essere riscattato dagli Ofiti (letteralmente: “Serpentisti”) come lo stesso “Uomo di Luce” o “Adamante” o “Logos”, sprigionatore prometeico dei suoi semi di luce nella materia informe per darle quella vita altrimenti mai concessa dall'impotente Demiurgo e dai suoi scagnozzi arconti. Se il Demiurgo non avesse mai ucciso il Serpente (ovvero: Cristo stesso!), egli non sarebbe mai riuscito a creare il mondo dalla materia, l'uomo dall'argilla, lo spirito dall'uomo. E di conseguenza, non avrebbe neppure permesso al medesimo Serpente di svolgere il suo ruolo di “Lucifero” (=Portatore di Luce: la luce della Gnosi) tra la stessa umanità creata dal Demiurgo, ai fini della liberazione di quella parte di essa che fosse riuscita a risalire, grazie alla gnosi salvifica (e “luciferina”!) consegnata dallo stesso Serpente, al Pleroma di un Più Alto Dio, superiore al Demiurgo, opposto alla sua creazione e ignoto alle sue creature.

Così il crimine originario commesso dal Demiurgo — la creazione di questo mondo mediante la crocifissione celeste del Serpente — avrebbe permesso provvidenzialmente (vedi qui la provvidenza di un dio non di questo mondo) da ultimo la consegna della gnosi rivelatrice alle stesse creature del Demiurgo, ritorcendo contro di lui le sue stesse creature (o almeno, soltanto quelle che avrebbe “rubato” mediante l'infusione della gnosi). I semi del “seminatore” rappresentano i brandelli del Logos, quando il Logos venne smembrato spietatamente dagli arconti del Demiurgo, pezzi che servirono a creare l'umanità senziente dalla volgare materia.   

Le implicazioni sono devastanti.

Di tutti gli enigmi evangelici, il più complesso è a mio avviso quello derivante dal luogo della crocifissione di Gesù: il “Golgota” o “luogo del cranio”. Si tratta di un mistero che forse non troverà mai una soluzione, qualcosa che gli evangelisti giudaizzanti riportarono senza riflettere sul suo (reale) significato gnostico, forse perchè non lo compresero appieno (proprio come si inventarono “Nazaret” per spiegare perchè Gesù veniva chiamato “nazareno” in tempi ancora pre-cristiani).

Il “cranio” infatti è allegoria per gli Ofiti della materia informe in cui venivano rinchiusi i fotoni divini del Serpente Cristo, dopo il suo smembramento celeste da parte del Demiurgo (per permettere la creazione del mondo a partire dalla materia informe). Così il folle apologeta cristiano Ippolito descrive il ruolo del “cranio” nell'allegoria del mito gnostico: 

Per pietra — secondo loro — si intende Adamante. Perché questo appunto è Adamante: la pietra angolare messa a capo dell'angolo. Nel capo infatti sta il cervello che dirige, l'essenza “da cui ha tratto distinzione ogni paternità che — dicono — io pongo come pietra preziosa a fondamento di Sion”: ecco — secondo loro — come si esprime allegoricamente la creazione dell'uomo. L'Adamante così “posto” è l'“uomo interiore”, le fondamenta di Sion sono i denti, come anche Omero dice “la chiostra dei denti”, cioè il muro e la fortificazione dentro cui sta l'uomo interiore, caduto quaggiù dall'Uomo originario celeste Adamante, “colui che è stato tagliato senza opera di mani atte a tagliare”, portato giù nel creato dove regna la dimenticanza, ovvero il terreno, la dimensione “d'argilla”. 
(Confutazione di tutte le eresie, 5:7, mia enfasi)

La croce piantata sul Golgota quindi rappresenta una Caduta (di chi viene crocifisso) che è (gnosticamente) anche una Creazione (mediante quel crocifisso). E proprio come ai primi giorni della creazione non c'era la luce (il Demiurgo, dicendo “sia la luce!”, doveva evidentemente implorarla da un Dio Più Alto, secondo gli gnostici), così, al momento della crocifissione, “si fece buio su tutta la terra” (Marco 15:33). Per chi aveva “occhi per vedere”, i due momenti erano in realtà gli stessi. Se l'avatar inventato a tavolino del Cristo celeste fu crocifisso sotto Pilato, lo stesso Cristo celeste fu crocifisso dal Demiurgo prima della creazione del mondo.

Così i primi rozzi giudaizzanti di quel mito originariamente gnostico, potevano solo vedere un “giusto” sacrificio espiatorio — il sacrificio di suo Figlio da parte di Jahvè — laddove gli gnostici avrebbero visto invece (prima di loro) un crudele assassinio, nel caos primordiale, da parte del dio degli ebrei, del Serpente Cristo. Ma scrivendo quell'espressione così inconciliabile in un universo ebraico agli occhi del dr. Carrier:
L'adoreranno tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti nel libro della vita dell'Agnello che è stato ucciso  fin dalla creazione del mondo.
(Apocalisse 13:8)

...il giudaizzante avrebbe tradito goffamente l'impronta del mito gnostico precedente che lui stava cercando di cooptare in un'ottica sacrificale ebraica: l'impronta altrimenti inspiegabile (in termini puramente ebraici) di un “Agnello immolato fin dalla fondazione del mondo”.         

Evidentemente non bastava.

Ben quattro vangeli, fabbricati a forza di midrash dalle scritture ebraiche, avrebbero assicurato, perfino agli occhi degli stessi gnostici, l'appartenenza “totale” del Cristo celeste al dio degli ebrei, e non al suo mortale nemico: il Serpente rivelatore (e non redentore) che fu adorato come “Cristo” dai pre-cristiani Ofiti. Ma quell'autentica ossessione nel far realizzare a tavolino al Gesù di carta il maggior numero possibile di sacre scritture e profezie ebraiche tradiva in realtà il loro più recondito timore che il Cristo celeste, in realtà, non fosse davvero il figlio e il Messia del dio degli ebrei, la loro segreta e malcelata speranza che l'astuzia del Serpente non fosse ancora più grande e più terribile di quanto loro stessi avrebbero mai potuto immaginare.

Di seguito pubblicherò in una serie di post la traduzione italiana di uno dei libri di Gilbert T. Sadler, Has Jesus Lived on Earth?, Cassell and Co., Londra 1914.  




Gesù Cristo È Vissuto sulla Terra?
Un Saggio che cerca di dimostrare che Gesù Cristo non fu la seconda Persona divina una volta incarnata, e né un uomo sulla terra che divenne deificato, ma un aspetto di Dio, il Suo Amore Ideale, esperito, personificato e drammatizzato dalla Chiesa antica
di 
GILBERT T. SADLER


SINOSSI

(1) I Logia o Insegnamenti di “Gesù” nella comunità della Chiesa antica furono compilati da cristiani, selezionati (dal “Cristo”, ossia il nuovo Spirito d'Amore nei loro cuori) dall'Antico Testamento, il Libro di Enoc, e da detti e parabole rabbiniche. . . . .

(2) Le idee di Paolo concernenti la storia di Cristo provengono dalle Religioni Misteriche e dallo Gnosticismo, e dicono dello Spirito d'Amore personificato come se questo “Cristo” fosse una volta vissuto sulla terra. . . .

(3) Il vangelo di Marco (incorporato anche in Matteo e Luca) è una descrizione più completa della vita di Cristo sulla terra, le cui storie erano composte da passi “messianici” nell'Antico Testamento, e da discussioni nella Chiesa e tra la Chiesa e gli ebrei. . . .

(4) In Matteo 1 e 2, Luca 1 e 2, ricaviamo più arte, non Storia, composizioni di quel che la nascita del “Cristo” “dev'essere stata”; ma le storie sono fabbricate da quelle di Samuele e Mitra, e dai passi “messianici” dell'Antico Testamento.

(5) Il Quarto Vangelo è pieno di storie simboliche e discorsi dottrinali (nello stile dell'autore, che scrisse anche 1 Giovanni), mentre la storia della crocifissione mostra di nuovo l'influenza dell'Antico Testamento.

La conclusione è che Gesù Cristo non fu mai un uomo sulla terra, ma fu un altro termine per la “Sapienza” o “Logos” di Dio, e fu la personificazione dell'Ideale di Amore Illimitato (il principio del “morire-per-vivere”), che è la Legge di Dio e la legge più profonda di ogni esistenza umana. . . .