giovedì 28 maggio 2015

τοῦ λεγομένου Χριστοῦ è un'interpolazione cristiana (XII)

Flavio Giuseppe, impersonato dall'attore Sam Neill nel film Dovekeepers.

In ciò che segue io sono profondamente debitore a Peter Kirby, admin del forum Biblical Criticism & History Forum, per le illuminanti rivelazioni intorno a questo cruciale passaggio di Flavio Giuseppe.
Venuto a conoscenza della morte di Festo, l'imperatore inviò Albino quale governatore per la Giudea. Il giovane Anano, che come ho già accennato era diventato sommo sacerdote, aveva un carattere insolitamente diretto e audace. Egli seguiva la setta dei sadducei, che sono nei loro giudizi i più severi fra tutti gli Ebrei, come ho già dimostrato. Anano, visto il tipo d'uomo che era, pensò di avere un'opportunità ideale, con festo morto e Albino ancora in viaggio. Convocò un consiglio di giudici; portò al suo cospetto il fratello di Gesù, detto Cristo, il cui nome era Giacomo, e alcuni altri, li accusò di trasgredire la legge e li condannò alla lapidazione. Tutti coloro che erano ritenuti i più ragionevoli della città, e coloro che erano rigorosi in questioni di legge si adirarolto per questo e in segreto inviarono n messaggio al re chiedendogli di ordinare ad Anano di non comportarsi più in tal modo; in effetti, dissero, egli aveva agito in modo illecito fin dall'inizio. Alcuni di essi si recarono addirittura da Albino in viaggio da Alessandria e gli dissero che era illegale che Anano avesse convocato un consiglio senza il suo permesso. Albino fu persuaso da ciò che dissero e scrisse una lettera adirata ada Anano, minacciando di punirlo. Fu a causa di questo che il re Erode Agrippa privò Anano del sommo sacerdozio, che aveva detenuto per tre mesi, nominando al suo posto Gesù figlio di Damneo.


IL SEGUITO

Quando Albino giunse nella città di Gerusalemme, rivolse tutti gli sforzi e fece ogni preparativo per assicurare la pace alla regione sterminando la maggior parte dei sicari.
Ora il sommo sacerdote Anania ogni giorno cresceva in reputazione ed era splendidamente ricompensato dalla benevolenza e dalla stima dei cittadini; perché era astuto e li forniva di denaro; ogni giorno offriva doni ad Albino e al sommo sacerdote.
(Aveva) però dei servitori assai perversi che, accompagnandosi con la gente più ardimentosa che c'era, si aggiravano per le aie e con la forza portavano via le decime dei sacerdoti; né si astenevano dal percuotere coloro che rifiutavano di dare. I sommi sacerdoti erano colpevoli allo stesso modo dei servitosi e nessuno li poteva fermare. Così accadeva che i sacerdoti, che negli antichi giorni vivevano delle decime, ora erano ridotti a morire di fame.

Di nuovo i sicari in occasione della festa, che allora si stava celebrando, entrarono di notte in città e rapirono il segretario del generale Eleazaro, figlio del sommo sacerdote Anania e lo legarono;
mandarono a dire ad Anania che avrebbero liberato il segretario se lui avesse indotto Albino a liberare dieci di loro che erano stati fatti prigionieri. Anania, sotto tale costrizione, persuase Albino ad aderire alla (loro) istanza.
Questo fu l'inizio di guai maggiori. I ribelli escogitarono di avere tra i rapiti l'uno o l'altro della cerchia di Anania che mantenevano sempre confinato e rifiutavano di liberarlo fino a quando avessero in cambio qualcuno dei sicari. Quando divennero di nuovo un numero considerevole, ripresero nuovamente ardire e cominciarono nuovamente a straziare ogni parte della regione.
In quel tempo il re Agrippa ampliò Cesarea di Filippo, come si chiamava, e le diede il nome di Neronia in onore di Nerone. Edificò inoltre, con grandissima spesa, un teatro per il popolo di Berito e lo presentò con spettacoli annuali, spendendo in questo progetto molte decine di migliaia di dracme.
Inoltre usava dare al popolo grano e distribuire olio di oliva; abbellì anche tutta la città con l'erezione di statue e copie di antiche sculture; trasferì in quel luogo quasi tutte le bellezze del regno. Di conseguenza aumentò l'odio dei sudditi perché li spogliava dei loro averi per abbellire una città straniera.
Il re poi depose Gesù, figlio di Damneo, dal sommo sacerdozio e designò suo successore Gesù, figlio di Gamaliel. Perciò sorse una ostilità tra quest'ultimo e il suo predecessore. Ognuno di essi raccolse una banda di gente molto temeraria e spesso avveniva che, dopo lo scambio di insulti, si andasse oltre, pigliandosi a sassate. Anania sovrastava tutti, facendo buon uso della sua ricchezza per attrarre quanti erano disposti a ricevere doni di corruzione.
Da parte loro, Costobaro e Saul, raccolsero bande di malviventi; loro stessi erano di stirpe reale e raccolsero favori a motivo della loro parentela con Agrippa, ma erano sfrenati e pronti a spogliare le proprietà dei più deboli. Fu da quel momento, in particolare, che la malattia piombò sulla nostra città e ogni cosa andò scadendo di male in peggio.

(Flavio Giuseppe, Antichità Giudaiche 20.9.1-4)

Ciò che ho messo in grassetto vale più di mille parole.

Praticamente il folle apologeta Origene lesse il link causale 
''morte di Giacomo'' ''caduta di Gerusalemme'' 
direttamente da Antichità Giudaiche 20.9.1-4. Nè più nè meno. Totalmente al di là se egli fosse stato o meno a conoscenza della leggenda di Egesippo su Giacomo.

Diventano di colpo non necessarie le ipotesi di Richard Carrier e di Earl Doherty, secondo le quali il link causale ''morte di Giacomo'' ''caduta di Gerusalemme'' nasce con Egesippo, arriva ad Origene, il quale si inventa il costrutto ''detto Cristo'', che finisce poi accidentalmente tramite l'errore di uno scriba nel testo di Flavio Giuseppe, giungendo infine ad Eusebio che si ritrova apparentemente con due racconti su Giacomo, uno da Egesippo e l'altro da ''Flavio Giuseppe'' (testo originale + interpolazione).

Semplicemente Origene poteva riuscire da solo a creare quel link causale basandosi direttamente su una lettura tipicamente apologetica cristiana del testo di Flavio Giuseppe.

Ma anche un'altra ipotesi viene a cadere sotto i colpi implacabili del Rasoio di Occam. Come nota giustamente Peter Kirby,
And this is just the sort of thing the thread aims to show as completely unnecessary and proceeding from false assumptions.

E questo è proprio il genere di cose che il thread mira a mostrare come completamente non necessario e procedendo da false assunzioni.

(fonte)

Kirby si sta riferendo all'altra ipotesi alternativa a quella di Doherty/Carrier, e cioè quell'ipotesi descritta da Sabrina Inowlocki (University of Lausanne) nell'articolo accademico  "Did Josephus Ascribe the Fall of Jerusalem to the Murder of James, the brother of Jesus?" Revue de Etudes Juives 70, 1-2 janvier-juin 2011, 21-49. La prof.ssa Inowlocki sostiene in pratica che Origene si stava limitando a riportare un'esplicita connessione causale fatta da Flavio Giuseppe in persona tra la morte di Giacomo e la caduta di Gerusalemme, in un passaggio ora perduto.
Ora non è più necessario supporre gratuitamente l'esistenza di brani perduti di Flavio Giuseppe, perchè è ormai chiaro che un folle apologeta come Origene aveva tutti gli strumenti ermeneutici, basandosi ALMENO su Antichità Giudaiche 20.9.1-4, per inferire apologeticamente e del tutto anacronisticamente la leggenda che le sue orecchie avrebbero preferito sentire: e cioè che la caduta di Gerusalemme sarebbe da addebitarsi da ultima istanza al crudele trattamento riservato a Giacomo, il fratello di Gesù detto Cristo, da parte dei ''giudei''.

Nessuna più necessità di brani perduti di sorta di Flavio Giuseppe su Giacomo. Pace la prof.ssa Inowlocki, pace il folle apologeta cattolico Gianluigi Bastia, e pace il prof Robert Eisenman.

Origene poteva giungere alla lettura di quel brano da Flavio Giuseppe già armato della conoscenza di Egesippo ma ormai è d'un tratto divenuto interamente certo che Origene si stava basando direttamente su Flavio Giuseppe, seppure è altrettanto evidente che ne stava facendo una distorta e interessata lettura apologetica.

Infatti è chiaro, rileggendo il brano di cui sopra, che Flavio Giuseppe, dicendo quelle parole:
Fu da quel momento, in particolare, che la malattia piombò sulla nostra città e ogni cosa andò scadendo di male in peggio.
non si riferiva unicamente all'assassinio di Giacomo, ma all'intero drammatico contesto delle rivalità e faide interne tra le famiglie aristocratiche sacerdotali di Gerusalemme: a quelle lotte intestine lo storico ebreo aveva fatto risalire da ultimo le origini del disastro. E neppure in Guerra Giudaica si discosta tanto da questa conclusione, allorchè chiarisce più esplicitamente il legame tra Anano e la distruzione della città, enfatizzando di più in quella sede la morte di Anano:
non dovrei sbagliarmi se ho detto che la morte di Anano fu l'inizio della distruzione della città.
(Guerra Giudaica, 4:318)

In ciascun caso, come nota giustamente Peter Kirby:
 ...it is the power vacuum left by the loss of control experienced by Ananus that is the immediate/final cause of all the trouble, in the narrative of Josephus.
(fonte)

...è il vuoto di potere lasciato dalla perdita di controllo esperita da Anano che è la causa immediata/finale di tutto il turbamento, nel racconto di Flavio Giuseppe.
(mia libera traduzione)

Ma il folle apologeta Origene aveva tutto l'interesse (come non perdonarlo per questo?) a fare becero revisionismo cattolico, condensando la causa dell'incipiente disastro abbattutosi su Gerusalemme, che per lo storico ebreo era decisamente più complessa, nella sola morte di Giacomo.

La conclusione di Kirby è di una chiarezza cristallina:

Così, no, Flavio Giuseppe non connette egli stesso la morte di questo ''Giacomo'' alla distruzione della città. Quella connessione può essere stata fatta solamente da un Cristiano  che aveva letto le Antichità giudaiche con i propri pregiudizi fermamente ancorati in mente, trasferendo l'importanza di Anano e la sua rimozione dal ruolo alla più o meno marginale accidentale circostanza che condusse a quella rimozione, la condanna a morte di un ''Giacomo'' (che nei più tardi manoscritti divenne identificato come il fratello di Gesù, 'chiamato Cristo').
(fonte)

A questo punto sorge spontanea la domanda: come diavolo è nata la leggenda che voleva la morte di Giacomo causa diretta della caduta di Gerusalemme, prima di Origene  e indipendentemente da Origene e dalla sua lettura revisionistica/apologetica di Flavio Giuseppe?

Penso che Ken Olson abbia la risposta giusta.

Così scrive:
Io assumo che Egesippo stia dicendo che l'assedio di Vespasiano ... fu il risultato (''frutto'') dell'assassinio di Giacomo da parte dei gerosolomitani. Prima di quell'evento, la preghiera intercessoria del giusto nel santuario, inginocchiandosi e implorando perdono per il popolo, avevano trattenuto il giudizio di Dio su Gerusalemme. Ma uccidendo Giacomo, i giudei e gli scribi e i farisei rimossero ''la fortezza del popolo'' che stava proteggendo loro. Io penso che ciò sia da lontano la più plausibile maniera di comprendere l'esplicita citazione di compimento di Isaia 3.10 della Septuaginta,  “Rimuoviamo l'uomo giusto poichè è per noi importuno. Ma essi mangeranno il frutto delle loro opere” Che cosa assumi che sia  “il frutto delle loro opere”? Io penso che la citazione potrebbe benissimo essere un metalettico riferimento al più vasto contesto di Isaia 3 sulla punizione divina di Gerusalemme e Giuda. Possibilmente la menzione dei “Rechabim, a cui il profeta Geremia aveva recato testimonianza” è altrettanto un metalettico riferimento a Geremia 35 (specialmente il verso 17).

Così io non sono persuaso dal tuo argomento che  “
Subito dopo Vespasiano cominciò ad assediarli” appartenga realmente alla sezione seguente in Egesippo, non solo perchè si basa su una congettura circa quel che poteva esserci stato in una fonte perduta, ma anche perchè non si adatta bene con la logica interna del racconto, e le parole kai euthus (“Subito dopo,” ben note dal loro frequente utilizzo nel vangelo di Marco) sono improbabili per cominciare una nuova pericope ma piuttosto collegano quello che segue loro strettamente con quello che lo precede. Gli assassini di Giacomo dovevano mangiare i frutti delle loro opere. 

Allo stesso modo, mentre io sono sicuro che tu ti rendi conto che la storia non è realistica in molti dei suoi aspetti, e gran parte di essa è composta da passi scritturali rielaborati (Isaia, Geremia, il processo e la morte di Gesù e la lapidazione di Stefano in Atti 7, la porta da Giovanni 10, si veda le annotazioni marginali nell'edizione Loeb) penso che tu sopravvaluti la misura a cui Egesippo sta scrivendo una storia accurata o addirittura realistica. Giacomo, irrealisticamente, sembra aver assunto il ruolo del Sommo Sacerdote (fino alle vesti di lino), che da solo entra nel Santo dei Santi per fare espiazione per i peccati del popolo solo allo Yom Kippur, il giorno dell'espiazione (Levitico 16.29-34). Giacomo va nel santuario molto più spesso, probabilmente perché l'autore pensa che la gente ha molto più grande peccato che necessita di perdono.





Il passaggio sulle ginocchia di Giacomo ''diventate dure come quelle di un cammello'' è inteso a sottolineare che Giacomo è stato a fare questo per un bel pò. Non è un qualche recente sviluppo causato dalle distruzioni della guerra. Non ci sono distruzioni della guerra apparenti nel testo. Ci sono ancora i sacerdoti a Gerusalemme (2.23.7), così come scribi e farisei e "ebrei" e il loro grande problema nel testo, non è che sono in guerra con Roma, ma che così tante persone stanno andando fuori strada e seguono Gesù a causa della predicazione di Giacomo. Così, con una notevole mancanza di lungimiranza, loro domandano allo stesso Giacomo di  affrontare il popolo a Pasqua, per la quale  "tutte le tribù" (quante tribù sono intese?) e i Gentili sono stati in grado di raccogliere. Sperano erroneamente che Giacomo, contrariamente alla sua reputazione nota, tratterrà il popolo dall'accettare Gesù come il Cristo, e riconoscono che loro e tutte le persone sono, per qualche motivo, tenuti a rispettare Giacomo. Si tratta di una leggenda cristiana, e cercare di interpretarla inserendola nel contesto dei dati storici sulla Guerra Giudaica nota da altre fonti è un errore.Il problema storico/cronologico che la storia in Egesippo è destinato a risolvere mediante la propria prospettiva cristiana è la questione teologica della causalità divina: perché Dio aspetta 40 anni per punire gli ebrei per l'uccisione di Cristo? La risposta è: a causa della presenza di Giacomo il Giusto nella città, sempre a pregare per il perdono del popolo. La punizione di Dio venne solo dopo che il popolo si allontanò da Giacomo. La morte di Giacomo è l'evento scatenante per la punizione di Gerusalemme, ma la causa di fondo è il continuo rifiuto dei messaggeri di Dio culminante nell'uccisione di Gesù. (Mi rendo conto che ciò significherebbe che, in base alla mia teoria che Origene conosce questa storia, se da Egesippo o da un'altra fonte, egli la ottenne leggermente sbagliata). Sono in debito con John Painter (Just James 1e 1999 143-144), il quale rileva che Eusebio era pervenuto a questa spiegazione:
    Ma sarebbe giusto ricordare, anche, alcuni fatti che reca a casa la benevolenza di tutta la cortese Provvidenza, che per 40 anni dopo il loro crimine contro Cristo ritardò la loro distruzione. Per tutti quei tempi la maggior parte degli apostoli, tra cui lo stesso Giacomo, il primo vescovo di Gerusalemme, conosciuto come il fratello del Signore, erano ancora vivi, e essendo rimasti nella città fornirono il luogo di un baluardo inespugnabile. [Eusebio HE 3.7.7-9]

Vorrei andare al di là di Painter qui e propongo che la giustificazione teologica per il ritardo nel punire Gerusalemme pe l'assassinio del Cristo di Dio è già presente nella storia che Egesippo riferisce, e che è anche molto plausibilmente la ragione per cui Giacomo giunse ad essere chiamato "il Giusto" nel secondo secolo (nonostante l'affermazione Egesippo che Giacomo era conosciuto come il Giusto da parte di tutti dai tempi del Salvatore, Giacomo non è mai chiamato così nel Nuovo Testamento). Sono probabilmente più consapevole di molti degli effetti che Eusebio può avere sulla interpretazione più tarda. Ma mentre lui legge spesso cose nelle sue fonti che non ci sono là, penso anche che a volte prende le cose giustamente. 
Ken

Dunque il geniale PhD Ken Olson concorda con Richard Carrier che la leggendaria relazione di causa-effetto tra la morte di Giacomo e la caduta di Gerusalemme era anteriore a Origene e presente già in Egesippo, e ne spiega giustamente la genesi nella volontà tutta apologetica di voler giustificare perchè la vendetta divina non cadde sui giudei tutti immediatamente dopo la morte di Gesù sulla croce, ma ci vollero ben quarant'anni perchè si decidesse a cadere una buona volta su Gerusalemme, ovvero appena in tempo per permettere ai giudei di ammazzare Giacomo, il fratello di Gesù, e di risultare così una punizione più che completa e più che meritata. Quindi la morte di Giacomo ''il Giusto'' fu inventata a ridosso della caduta di Gerusalemme per spiegare perchè quella caduta non si verificò subito dopo la morte di Gesù, ma ben 40 lunghi anni dopo quella presunta morte.

Ovviamente a questo motivo bisogna aggiungere un altro: inventarsi, contro Marcione, un fratello di Gesù ''nella carne'' e pio ebreo, saldamente ben radicato a Gerusalemme al pari degli altri apostoli e per di più ''Giusto'' come lo era il dio creatore per i marcioniti.
 CONCLUSIONE
Per quanto riguarda dunque il ''detto Cristo'', è chiaro che a interpolare quel costrutto nel testo di Flavio Giuseppe fu uno scriba cristiano prima di Origene, se non Origene in persona. È improbabile che fosse Origene il falsario perchè il folle apologeta lamenta il fatto che  l'ebreo Flavio Giuseppe non è cristiano e per giunta biasima apparentemente la morte di Giacomo non dispiacendosi parimenti della morte di suo fratello Gesù (ulteriore prova che lo storico ebreo non scrisse affatto il Testimonium Flavianum nel Libro 18). D'altro canto, se l'interpolatore cristiano agì deliberatamente nel cambiare il testo originario
τὸν ἀδελφὸν Ἰησοῦ τινος, Ἰάκωβος ὄνομα αὐτῷ, καί τινας ἑτέρους

in quello attuale
τὸν ἀδελφὸν Ἰησοῦ τοῦ λεγομένου Χριστοῦ, Ἰάκωβος ὄνομα αὐτῷ, καί τινας ἑτέρους

allora è evidente il punto ironico che voleva realizzare: paradossalmente, proprio la morte del fratello di un trascurato ''cosiddetto Cristo'' (si noti la possibile sfumatura dispregiativo-dubitativa di τοῦ λεγομένου Χριστοῦ) avrebbe provocato, da ultimo, il disastro di Gerusalemme, ''per bocca'' dello stesso non cristiano Flavio Giuseppe e perciò ultimamente a maggior gloria del Cristo. Pensare che fosse Flavio Giuseppe l'autore deliberato di quel punto ironico è impossibile, visto che a farne uno simile mediante lo stesso costrutto ''detto Cristo'' fu l'autore di Matteo:
La frase appare anche in Matt 27.17 e 27.22, sebbene là è emessa da Pilato (diversamente da Matt. 1.16, dove è emessa dal narratore), ma un idioma simile appare in Giovanni 4.25. Questo implica che fu una comune designazione cristiana o ebraica per il messia; l'autore probabilmente intese ironia avendo Pilato a ripeterla. Degno di nota, la fonte di Matteo, Marco 15.9 e 15.12 non ha questa frase: Pilato là solamente si riferisce a Gesù come al ''Re dei Giudei'', che è chiaramente inteso ad essere ironico (poichè Pilato non considerò veramente Gesù il ''Re dei Giudei'', tuttavia al lettore è richiesto di comprendere che egli fu precisamente quello e che un ufficiale romano giusto inavvertitamente lo dichiarò tale).
(Richard Carrier, "Origen, Eusebius and the Accidental Interpolation in Josephus Jewish Antiquities 20.200", Journal of Early Christian Studies, 20, 4, 2012, pag. 511, mia libera traduzione)

Se invece l'interpolazione non fu deliberata prima di Origene, allora quell'ironia non era voluta nelle intenzioni del falsario e perciò si trattò più probabilmente di un'interpolazione accidentale, una glossa cristiana finita poi nel testo, tra secondo e terzo secolo.  E considerando le reali entità delle interpolazioni e falsificazioni di cui dettero prova i proto-cattolici già nel II secolo con i loro stessi testi e i testi dei loro rivali cristiani e pagani, ciò non meraviglia affatto.

lunedì 25 maggio 2015

Perchè se Mcn è il Più Antico Vangelo scritto allora Gesù non è mai esistito


Ho trovato una nuova dimostrazione della non-esistenza di Gesù.

Anche se personalmente sono persuaso che le lettere di Paolo sono tutte fabbricazioni del II secolo, penso che sia impossibile convincere del tutto chi la pensa diversamente, come d'altro canto è impossibile che i sostenitori della storicità di Paolo riescono nella mission impossible di dissipare qualsiasi dubbio sull'autenticità di quelle lettere. Per cui un fifty-fifty ci starebbe bene, per quanto riguarda la relazione tra le lettere di Paolo e la questione della storicità di Gesù.

Quindi le lettere attribuite a Paolo non contano nulla nella risoluzione del problema della storicità di Gesù. Il semplice sospetto che non sono autentiche basta e avanza per toglierle dai giochi, per non vederle, come fa Richard Carrier, il vero campo di battaglia tra miticisti e storicisti, ma semmai ignorarle in perfetta coerenza con il suo dichiarato disinteresse circa qualsiasi documento che è troppo tardo per poter contare qualcosa.
...la nostra conclusione riguardante tutti gli altri testi cristiani extrabiblici dev'essere la stessa: dal momento non possono essere stabiliti così antichi, essi non possono essere stabiliti altrettanto indipendenti, e pochi di loro possono essere stabiliti risalenti indietro ad alcune fonti di primo-inizio-secolo. Nessuno di loro contiene qualcosa o di differente da quel che è trovato nel NT oppure che è credibile perfino se differente (ad esempio i Vangeli dell'Infanzia o gli Atti di Pietro oppure i detti bizzarramente improbabili attribuiti a Gesù nel vangelo di Tommaso). Si può speculare che alcuni di loro lo fecero, ma ciò è insufficiente per derivarvi sopra un argomento, perchè tutti i qualificatori nelle premesse di un argomento commutano alla sua conclusione; in altre parole, 'speculazione in ingresso, speculazione in uscita'.
(On the Historicity of Jesus, pag. 273, mia libera traduzione)
D'altro canto, non posso rimanere neutrale per quanto riguarda i vangeli.

Penso innanzitutto di aver trovato finalmente un difetto in Richard Carrier. Lui dice in tutta franchezza che, dovesse basarsi unicamente sui vangeli, sarebbe praticamente agnostico sulla questione della storicità di Gesù, non avendo possibilità alcuna di esprimersi in una maniera o nell'altra.

Ma è esattamente qui che dissento da Richard Carrier.

Lui è di quest'opinione perchè convinto che Marco sia il Più Antico Vangelo.

Marco è un concentrato enorme di puro simbolismo, l'evidenza è praticamente enorme in tal senso e non starò qui a ripeterla.

Ma per quanto tu possa riuscire benissimo a vedere, anche con una piuttosto estrema facilità, il vangelo di Marco come una semplice storiella intrisa di simbolismo e densa di allegorie da cima a fondo, non riusciresti mai ad allontanare il più o meno forte sospetto che tutto quel simbolismo, tutta quell'allegoria, tutta quella velata ironia, sia in realtà solo un'interessata apologia con l'obiettivo di mascherare un'altrimenti infelice realtà: il fallimento di tutte le profezie apocalittiche di un ebreo del I secolo.

Non sto dicendo, si badi bene, che Marco da solo, con tale e tanta enfasi sul simbolismo e sull'invisibile sia sufficiente a dimostrare per semplice opposizione l'esistenza di un concreto e visibile profeta apocalittico fallito del I secolo. Sto parlando nè più nè meno di un puro e semplice sospetto che il vangelo di Marco, quando - E SOLO QUANDO - considerato il Più Antico Vangelo scritto, insinua, senza avere però la forza sufficiente nè per smentire nè per confermare del tutto un sospetto del genere.

Se il Più Antico Vangelo Scritto fosse in pratica Marco, allora, nell'ipotesi che un profeta apocalittico ebreo fallito sia effettivamente vissuto nel I secolo, è estremamente facile vedere Marco come un'allegorica apologia volta a mascherare il visibile fallimento di quel profeta, con l'unico modo a disposizione per un seguace post-70 di quel profeta: trasformare in un INVISIBILE trionfo SULLA TERRA l'apparente VISIBILE fallimento di quel profeta SULLA TERRA.

 
Se il Regno di Dio è arrivato finalmente tra noi in forma invisibile, come puoi negare, contro il Più Antico Vangelo Marco, che il profeta che lo annunciò fosse nient'altro che un fallito e falso profeta?

È possibile persuadere un ebreo che il Messia è arrivato: è sufficiente convincerlo che il suo Regno è presente, sia pure in forma invisibile, e che ogni profezia è realizzata, sia pure in forma invisibile.

L'esempio di Sabbatai Levi è illuminante: alcuni ebrei lo ritengono tutt'oggi il Messia, nonostante a rigor di termini non abbia fatto quanto era previsto perchè si rivelasse come Messia ebreo nel senso tradizionale del termine.

Al contrario sarebbe letteralmente impossibile convincere un ebreo che il Messia è arrivato per l'esatta ragione che tutte le profezie ebraiche del Messia sono state puntualmente e rigorosamente smentite e contraddette nella figura stessa del Messia, SIA IN FORMA VISIBILE CHE IN FORMA INVISIBILE: quello non sarebbe più un vero messia ebraico, ma qualcun altro. Dunque non tocca ad un ebreo seguirlo, se vuole continuare ad essere ebreo.

In Mcn io vedo che non c'è alcuna necessità di rimediare ad una confutazione delle profezie ebraiche tramite una loro auspicata e interessata invisibile realizzazione: al contrario quella confutazione è ricercata deliberatamente dall'autore di Mcn con l'esatto obiettivo di creare la contraddizione di un finto Messia ebraico che è in realtà il Figlio di un Dio Straniero.

Io non riesco ad immaginare che Mcn possa essere il Più Antico Vangelo scritto nell'ipotesi della storicità del suo protagonista, Gesù. Si produrrebbe un'inconsistenza logica nella misura in cui l'interesse dell'ipotetico Gesù storico, in qualità di profeta ebreo, fu la realizzazione delle sue profezie laddove invece l'interesse dell'autore di Mcn fu il fallimento di TUTTE le profezie ebraiche, dunque anche quelle dell'ipotetico Gesù storico.

1) l'ipotetico Gesù storico vorrebbe il Regno di Dio su questa Terra.

2) il Gesù di Mcn non vuole il Regno di Dio su questa Terra, nè in forma invisibile nè in forma visibile.

3) il punto 1 è in netta contraddizione col punto 2.


Quello che sto dicendo è che la priorità temporale del vangelo di Marcione rispetto a tutti gli altri implica necessariamente la non-esistenza di Gesù, mentre quella conclusione non sarebbe più tanto ovvia e potrebbe perfino rivelarsi falsa se il Più Antico Vangelo fosse un vangelo diverso da Mcn (ad esempio Marco).

La logica sarebbe la seguente:
 

1) Se un Gesù storico è esistito e fu un profeta apocalittico ebreo, allora il Più Antico Vangelo avrebbe avuto, con probabilità attesa al 100%, tutto l'interesse ad offrire un'edulcorata apologia per convertire in un invisibile trionfo spirituale l'evidente fallimento storico e materiale di quel profeta, magari descrivendo il compimento profetico delle Scritture in modo invisibile sulla Terra (ogni riferimento a Marco è puramente casuale).

2)
Ma Mcn è il Più Antico Vangelo scritto.

3)
perciò: Gesù non è probabilmente mai esistito oltre ogni ragionevole dubbio.

 
Che Mcn venga prima degli altri vangeli significa che l'esigenza di un'apologia in Marco e negli altri vangeli costituisce una reazione non al fallimento di un ipotetico profeta fallito, ma una correzione applicata al Gesù di Mcn, che scende sulla Terra con la deliberata intenzione di introdurre e confutare le Scritture ebraiche per tutto il tempo della sua discesa sulla Terra.

Il Gesù di Mcn non deve realizzare nessuna profezia delle Scritture ma è programmato dal suo autore al solo scopo di contraddirle una dopo l'altra, per rivelare in definitiva di essere sostanzialmente estraneo alla logica e ai piani del dio creatore.

Il Gesù di Mcn non deve realizzare nulla sulla Terra, neppure un invisibile Regno di Dio, al contrario del Gesù di Marco, perchè non ha alcun interesse a farlo, per definizione di Gesù di Mcn.

Sarà Marco successivamente, in reazione a Mcn, a preoccuparsi che almeno un invisibile Regno di Dio venga realizzato sulla Terra, compiendo anche se in gran segreto le profezie ebraiche, le profezie di un Gesù ritenuto storico dal suo autore.

Perciò Marco vuole creare un Messia ebraico che realizza in modo invisibile il Regno diDio, in contrapposizione a Mcn che invece farebbe volentieri a meno di qualsiasi Regno di Dio sulla Terra, al di là se invisibile o visibile, essendo la Terra territorio esclusivo del dio creatore, prima durante e dopo l'apparizione del Figlio sulla Terra.

Se il fallimento del profeta Gesù fosse un fatto auto-evidente, è impossibile che il PRIMO evangelista a scrivere una vita di Gesù ritenesse di non dover giustificare tale fallimento salvando il salvabile (magari inventandosi qualcosa come il Segreto Messianico), ritenesse di non doverlo considerare un serio imbarazzo per il proprio credo ma al contrario volesse considerare proprio tale fallimento la dimostrazione della vera identità di Gesù. È uno scenario talmente innaturale da essere decisamente impossibile, a meno di rinunciare alla storicità di Gesù. Ed è innaturale perchè presuppone un Gesù ''storico'' pensato come mero mezzo per veicolare la propria teologia, non come originatore della stessa, e a quel punto riesce perfino difficile distinguere tra la sua storicità nel mondo reale e la sua esistenza nella sola immaginazione dei creatori di Mcn, dal momento che crea un abisso incolmabile tra il credo nel Regno imminente di YHWH di un ipotetico ebreo apocalittico e l'opposizione a qualunque Regno di YHWH, invisibile o visibile che sia, da parte del suo primo presunto ''biografo''.

Nella misura in cui tu ti aspetti che il PRIMO evangelista rimediasse apologeticamente al fallimento di un ipotetico profeta ebreo del I secolo, ed invece quello che trovi come Più Antico Vangelo scritto è Mcn, allora devi ritenere questo fatto sorprendente, inatteso, innaturale, e perciò valutare di conseguenza gli effetti sulla storicità di Gesù. Nella misura in cui tu ti aspetti che è assolutamente logico ed inevitabile aspettarsi che il Più Antico Vangelo offrisse un'apologia al fallimento di Gesù su questa Terra, dovresti parimenti meravigliarti con somma sorpresa ed elevato stupore che accade esattamente il contrario: il Più Antico Vangelo non intende riscattare in alcun modo invisibile su questa Terra il fallimento visibile di Gesù su questa Terra, e questo è strano, innaturale, improbabile. In realtà fin troppo improbabile quando hai sempre pensato che la principale ragion d'essere per ritenere Gesù un profeta apocalittico fallito fosse l'apologia offerta dal Più Antico Vangelo per trasformare un fallimento materiale in una vittoria spirituale SU QUESTA TERRA (e non invece un rinnegamento di qualsiasi rivincita SU QUESTA TERRA, fosse anche soltanto una rivincita invisibile).

Perciò ne consegue che non può esserci nessun desiderio di apologia in Mcn, perchè è assente a priori dalla prospettiva di Mcn qualsiasi imbarazzo del fallimento di un profeta ebreo da esorcizzare a tutti i costi con tanto di apposita apologetica. L'apologia invece è presente in Marco, di pari passo con la incipiente volontà di Marco di rendere più ''storico'', più 'incarnato'' il suo Gesù rispetto al Gesù completamente disincarnato e angelico di Mcn, cercando in tutti i modi di ''realizzare'', sia pure in modo segreto e invisibile, e perciò simbolico, allegorico, velatamente ironico, le profezie ebraiche sul Messia.

martedì 19 maggio 2015

“...[Pilato] liberò colui che era stato messo in prigione per sommossa e omicidio, e che essi avevano richiesto; ma abbandonò Gesù alla loro volontà” (Luca 23:25)

ADAMO: Il primo uomo. Dio creò un grande tonto che, per compiacere la moglie, fece la stupidaggine di mordere una mela che i suoi discendenti non sono ancora riusciti a digerire.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Un Messia ebreo ucciso dagli ''ebrei'' chiaramente non è per definizione un vero Messia ebreo. Quest'apparente contraddizione, lungi dall'essere imbarazzante, anzi ricercata deliberatamente proprio a causa dell'imbarazzo che suscitava all'orecchio altrui, era tuttavia presente nel più antico mito cristiano perchè rivelatore della principale ragion d'essere di quel mito: fungere da nemmeno tanto implicita CONDANNA del tradizionale messianismo ebraico, la vera causa di tutti i mali piombati sugli ebrei, e insieme da RIVELAZIONE di un Più Alto Dio, superiore al dio degli ebrei.

Un ''Messia Salvatore''  veramente ebreo da tutti poteva essere ucciso ma non dagli ''ebrei''. Questo sarebbe una contraddizione in termini per il messia davidico, a maggior ragione se portava i titoli messianici di ''Unto'' e ''Giosuè''.

La logica è la seguente:

1) Se il Messia è ebreo, il Messia non viene ucciso dagli ebrei.

2) ''Giosuè il Messia'' viene ucciso dagli ebrei.

3) Perciò: ''Giosuè il Messia'' non è il vero messia ebreo.

Dalla conclusione segue con logica necessità che Gesù dev'essere il Messia di un altro Dio, superiore al dio ebraico.

Il presunto ''Gesù Cristo'' fu ucciso dagli stessi ebrei, perciò rivelandosi al mondo non come ''YHWH salva'', non come il Messia davidico, ma come SALVEZZA di un Dio altro, come il Figlio di un Dio Straniero.

Per questo sono in errore quei miticisti che si affannano, come Renè Salm o Frank Zindler o perfino a suo modo lo stesso Stephan Huller, nel ''risalire' a ipotetiche etimologie pagane o ebraiche di altrettanto ipotetici titoli precedenti coi quali veniva indicata la deità poi chiamata ''Gesù'' e ''Cristo'' (rispettivamente ''YHWH salva'' e ''unto'' messia davidico). La latente contraddizione che quei titoli implicano quando a portarli è una vittima degli ''ebrei'' (e di nessun altro) è troppo stridente per passare inosservata e va spiegata, non elusa né ignorata. E l'unico modo per spiegarla è quello da me proposto: chi chiamò con l'Inno ai Filippesi una precedente anonima deità gnostica che muore e risorge, in qualunque modo essa fosse stata chiamata prima non è più dato saperlo, coi titoli ''Giosuè Messia'', intese insinuare in definitiva l'idea che ''Giosuè Messia'' non è veramente ciò che sembra essere, vale a dire ''Giosuè il Messia'': è un'entità altra, un essere altro, il Figlio di un Dio Altro. Un essere che si può definire soltanto in virtù di titoli che non appartengono davvero alla sua vera natura: un Messia davidico che non è veramente tale, una Salvezza che non è in realtà dai romani.

La logica si potrebbe ulteriormente definire così:

1) Chi porta il titolo ''YHWH salva'' non può venir ucciso dagli ebrei.

2) ''YHWH salva'' viene ucciso dagli ebrei.

3) Perciò: ''Gesù'' non è in realtà ''YHWH salva'' (ma è la salvezza di un altro dio diverso da YHWH e a lui superiore).

''Gesù'' e ''Cristo'' furono titoli dati ad una deità gnostica assassinata dagli ''ebrei'' per sollevare deliberatamente dal principio quest'intima contraddizione teologica in seno all'ebraismo e perciò portarla alle sue estreme conseguenze: i nomi ''Gesù'' e ''Cristo'' furono così usati come meri ''nome'' e ''cognome'' dagli gnostici, senza alcuna esigenza di fermarsi un attimo per giustificare nel dettaglio un ipotetico contesto storico della loro genesi e attribuzione, perchè non era quello il giusto campo di senso dove quei titoli erano originariamente interpretati dagli gnostici.

Posso fare un esempio concreto: se utilizzo un oggetto della Fisica e lo applico in letteratura quello che creo è un ossimoro, perchè sto sovrapponendo campi di senso tra loro inconciliabili.
Mi spiego meglio: un tavolo o lo vedo come un oggetto d'arredamento oppure lo vedo come un agglomerato di particelle fisiche ma non posso vederlo come entrambe le cose perchè altrimenti mischierei tra loro campi di senso distinti col rischio di postulare erroneamente un inesistente campo di senso dove collocare TUTTI gli altri e chiamarlo ''mondo''.

Allo stesso modo un ''YHWH salva'' o lo si vede come un autentico messia ebreo (ed in tal caso non può essere stato ucciso da ''ebrei'') oppure non è un vero messia ebreo (ed in tal caso non può chiamarsi ''YHWH salva''). Ma nel caso di un ''YHWH salva'' ucciso da ''ebrei'' esiste un campo di senso, l'unico, dove poter mettere in associazione quei titoli, quella figura e quei carnefici senza più creare contraddizioni logiche di sorta: nell'interpretazione fondamentalmente gnostica del più antico e originario mito di Gesù.

La mia opinione in essenza è questa:

quasi tutte le genti che si affacciavano attorno al bacino del Mediterraneo orientale avevano adottato prima o poi la propria versione locale dei culti misterici ellenistici, istanziando il mito del dio che muore e risorge a seconda dei gusti locali. In qualche momento dopo il 70 E.C. un gruppo di ebrei della Diaspora avevano parimenti adottato e reso ebraica una versione dei misteri pagani.

Nel tempo questo mito finì per essere interpretato come un fatto storico e il cattolicesimo fu il risultato finale.

Il monoteismo ebraico però aveva a lungo funzionato come ostacolo contro l'adozione del tema ellenistico del dio che muore e risorge. Io dubito perciò che furono degli ebrei di Gerusalemme ad aver preso l'iniziativa in tal senso. Il dio che muore e risorge fu dato da ebrei ellenistici ad ebrei di Israele, non il contrario. Questo significa che eventuali giudaizzanti non furono i più fedeli seguaci del mito originario, significa che il Gesù degli ebioniti era più ''ebreo'' di quanto lo fosse veramente nel mito originario. Ma sostanzialmente un dio che muore e risorge di ebraico può avere al massimo solo il nome e il cognome: ''Gesù'' e ''Cristo''. Più un'altra cosa: l'identità prettamente e solamente ebraica dei suoi assassini sulla Terra.

Tutt'oggi noi sentiamo sempre e soltanto il solito ''leit motiv'' politicamente corretto, da parte sia di folli apologeti ebrei sia di folli apologeti cristiani, ossia che i romani erano i veri assassini di Gesù. Eppure i vangeli sono chiari nel distinguere tra il killer romano e il suo vero mandante: gli ebrei.

Sedicenti biblisti travestiti da storici hanno dato il loro ridicolo imprimatur da quattro soldi all'ipotesi che Gesù fu crocifisso per motivi politici dai romani, con gli ''ebrei'' mere comparse all'intera vicenda. Questo è puro sfacciato revisionismo che pochi hanno il coraggio di smascherare per quello che è: la follia apologetica di moda al giorno d'oggi.

Ma chi aveva interesse a dire che il figlio di un dio fu ucciso da ''ebrei''? Gli ebrei no di certo a meno che non volessero con ciò attribuirsi il merito di aver giustamente condannato a morte un lurido blasfema (ipotesi che non posso nè confermare né smentire).

I pagani allora? No, nemmeno loro, perchè i pagani non erano mai stati antisemiti nel mondo antico.

Chi allora? Gli unici che si trovavano nel mezzo tra ellenismo ed ebraismo: ovvero gli gnostici.

Prima di interessarsi alle cose ebraiche gli gnostici forse già veneravano un angelo che muore e risorge nel tentativo di ingannare le forze del male riscattando la scintilla divina finita preda delle tenebre. Quell'angelo però non era ancora nè ebreo nè agiva in Israele e tantomeno portava nomi ebrei.

L'Inno ai Filippesi testimonia però in maniera incontrovertibile che ad un certo punto quel dio, tra i vari nomi assunti nel secondo secolo, prese quello di Giosuè, ''YHWH salva'', ovvero il nome che per definizione avrebbe indicato la classica figura del messia ebreo davidico liberatore militare del suo popolo dalla dominazione straniera e idolatra.

Chiaramente si trattava di un chiaro tentativo di cooptazione sincretistica, mischiando deliberatamente campi di senso differenti: per quale dannato motivo dare deliberatamente l'apparenza, e soltanto l'apparenza, del ''legittimo'' messia ebreo ad un'entità angelica uccisa per giunta dagli stessi ''ebrei''?

C'è chiaramente dell'ironia qui. Sarebbe come dare ad un pacifista la maschera del guerriero. Ad un santo il volto di un terrorista. Al tuo miglior amico il volto del tuo peggior nemico. All'essere più bello il volto più brutto.

Perchè?

Per dare agli ebrei un messia alternativo
, a fronte del fallimento di tutti i loro messia nazionalistici. E quella consegna doveva passare obbligatoriamente attraverso il sincero ravvedimento degli ebrei: dovevano in sostanza cessare di essere ebrei.
Dovevano riconoscere sostanzialmente che il loro monoteismo si era rivelato d'ostacolo alla loro stessa sopravvivenza nel nuovo ordine mondiale imposto da Roma, d'ostacolo addirittura alla loro stessa salvezza spirituale individuale: la vera salvezza, pertanto, non era nazionalistica, militare, teocratica, ma al contrario era spirituale, trascendente, metafisica, ''non di questo mondo'' e neppure del dio di questo mondo. Ma da un Più Alto Dio. Un Dio Straniero.

Come riconoscono indubbiamente i miticisti Freke e Gandy, è pur vero però che:
''...ironicamente, comunque, i Misteri di Gesù non fecero realmente presa all'interno della comunità ebraica. Il fato di questa nuova fede doveva essere di gran lunga più strano di quanto chiunque potesse eventualmente aver immaginato al tempo. Nel giro di 100 anni il dio-uomo pagano malcelato come il Messia ebraico, che fu fabbricato per introdurre i Misteri Pagani agli ebrei, stava realmente portando le tradizioni ebraiche ai pagani!
(The Jesus Mysteries, pag. 138, mia libera traduzione e mia enfasi)

Parole assolutamente sante e affatto smentibili, alla luce del fatto in via di dimostrazione che non solo le originarie lettere di Paolo furono prodotte dai marcioniti (i veri paolini) ma perfino il Più Antico Vangelo fu nient'altro che Mcn, il ''Vangelo del Signore'' che leggeva il vescovo Marcione.

Gli gnostici avevano dunque un motivo per vedere negli ebrei stessi i killer del loro Gesù rivelatore.

Gli gnostici stessi erano ebrei ellenistici disillusi dalle promesse di YHWH dopo le continue disfate militari subite dagli zeloti nelle guerre del 66-70 E.C. e del 132-135 E.C.
I romani espulsero gli ebrei dalla città santa di Gerusalemme, che fu ribattezzata Aelia Capitolina. Perciò alcuni ebrei si rifugiarono nell'unica alternativa possibile ai loro occhi: prendere drammaticamente le distanza dalla tradizione ebraica dopo le brutture della guerra di cui quella stessa tradizione era considerata responsabile, specie ad Alessandria e a Cirene a seguito della rivolta e conseguente repressione degli ebrei di quelle province nella sanguinosissima Seconda Guerra Giudaica (115-117 E.C.). In particolare quelle esperienze avevano costretto alcuni ebrei della Diaspora ad elaborare una sorta di ''crisi d'identità''.

Era ancora possibile aver fede nel dio degli ebrei, YHWH ?

A questo si accompagnava anche il fatto che ad Alessandria ebrei colti come lo era Filone in misura crescente erano divenuti via via sempre più imbarazzati dal Dio della Genesi, un Dio così scandalosamente ''umano, troppo umano'' dato che passeggiava nel Paradiso Terrestre (anch'esso ''terrestre, troppo terrestre'') e manifestava una così ignobile ignoranza tipicamente umana (''Adamo, dove sei?''), ira, rancore e difetto di mezzi (''sia la luce''), per giunta. La filosofia platonica aveva convinto le menti più raffinate che un Dio davvero perfetto sarebbe in realtà assolutamente remoto e distante, un essere del tutto spirituale, al di là di ogni emozione - imperturbabile e angelico come il Gesù di Mcn e impassibile come il Gesù gnostico di protoGiovanni - uno Spirito Invisibile a tutti gli effetti, esistente al di là del territorio dominato dall'imperfetto Ialdabaoth e che poteva rivelarsi unicamente mediante un estremo e commovente atto di pura e disinteressata bontà.

E tuttavia io aggiungerei qualcosa a questo ritratto assolutamente convincente e plausibile degli gnostici.

Io non penso che la gnosi si originò nell'ebraismo a prescindere dal cristianesimo. Io penso che i folli apologeti crisiani come Ireneo ed Epifanio avevano tutto sommato ragione a dire che gli gnostici deviavano ''da un cristianesimo originariamente singolare e uniforme'', anche se ritengo che ogni persona di buon senso debba correggere la loro fin troppa interessata mira: il ''cristianesimo'' rispetto al quale la spiritualità gnostica costituì reazione, deviazione e ''tradimento''  non fu quello fantasticato dai folli apologeti cattolici revisionisti della peggior specie. Fu semplicemente il puro e semplice messianismo ebraico, rispetto al quale lo gnosticismo si sentiva quasi in dovere di contrapporsi lungo tutta la linea.


All'unisono Flavio Giuseppe, Tacito e Svetonio ammisero a denti stretti che come propaganda religiosa il messianismo ebraico fu un grande successo, arrivando a lambire col bacillo contagioso dei suoi germi velenosi perfino Roma stessa, grazie all'azione evidentemente terroristica dei riottosi ''crestiani'', un appellativo che per i romani indicava ne più nè meno che dei criminali.

Beninteso, quei ''crestiani'' non erano cristiani. E tuttavia non c'è dubbio che erano dei fanatici ebrei. Perchè solo dei fanatici motivati dall'odio religioso potevano appiccare il fuoco alla ''Babilonia la Grande'' sapendo di andare comunque incontro a morte certa. 
Ebbene, i primi cristiani gnostici si opposero a tutto questo.

Come i musulmani moderati non esitano a pervertire, per proclamarsi tali di fronte alle anime belle dell'Occidente, il concetto originario del Jihad (la Guerra Santa contro tutti gli infedeli) per farne un edulcorato sinonimo di ''conflitto spirituale tutt'interiore'' pur di occultarne l'innata violenza, così i primi ebrei gnostici decisero di utilizzare la stessa terminologia e parole d'ordine del in ultima istanza violento messianismo ebraico convertendole in senso appunto gnostico-spirituale, pur di stravolgere (ovviamente a fin di bene) il loro antico significato teocratico - perfino le antiche profezie ebraiche ree in definitiva di alimentare e ravvivare quella cieca fede apocalittica-teocratica - e neutralizzarne gli effetti nocivi sulla società reale.

L'operazione di ''tradimento'' degli antichi ideali messianici sembrò talmente irrealistica - dato il congenito apocalitticismo ebraico avvolto nella folle speranza di un'imminente teocrazia prossima ad instaurarsi sulla Terra una volta per tutte grazie al Messia davidico - da apparire quasi a tratti cospirazionistica.

E di certo non esito ad etichettare ''cospirazionistica'' la descrizione del complicato processo e doppio-processo di Gesù nel Più Antico Vangelo e derivati, un processo dove apposta non si capisce veramente la natura dell'accusa nè la reale identità del condannato, per risolversi definitivamente in una critica radicale di tutto ciò  che è ''non vero'' - paradossalmente lo stesso passato, presente e futuro di questo mondo che si vorrebbe negare - a favore di tutto ciò che veramente fu, è e sarà ''vero'' - il dualismo metafisico, costantemente in atto, risoltosi da ultimo con la morte e resurrezione del figlio di un dio straniero.

I ribelli ebrei alla dura Lex Romana si sarebbero trasformati nei ribelli alla Legge data dal Demiurgo: quelli erano i veri galilei, non i reali galilei seguaci di quel Giuda che rese famigerato l'intero movimento. Ma l'ironia volle che nel giro di qualche secolo, perfino l'imperatore Giuliano decretasse per legge che i cattolici venissero chiamati col loro ''vero'' nome: Galilei.

Perciò, attraverso lo gnosticismo i gentili furono resi partecipi per la prima volta ed in modo esauriente ad un culto misterico apparentemente ''messianico'' ma in realtà edulcorato, poichè faceva un uso deliberatamente distorto e tendenzioso della precedente letteratura sacra ebraica, poichè tale culto era il mero involucro esteriore di un'autentica sottostante e retrostante intensa spiritualità gnostica (leggi: visioni, allucinazioni e fenomeni di possessione spirituale) tanto più vera quanto più di eredità fondamentalmente ancestrale e pagana  (ricordati che un dio che muore e risorge non necessita di chiamarsi ''Gesù Cristo'' per indurre la gente a chiari fenomeni di delirio mistico-religioso, e quei fenomeni comuni ad ogni religione erano anche e soprattutto pagani, basta farsi un giretto a Delfi o ad Eleusi per accorgersene).

In conclusione, io sono dell'opinione che alcuni ebrei ellenisti, almeno dopo il 70, ma sicuramente dopo il 115-117 E.C., come effetto del collasso dell'imminente speranza dell'apocalitticismo ebraico in una finale liberazione militare, dettero inizio ad Antiochia e ad Alessandria e nei principali centri ellenistici orientali della Diaspora un culto misterico giudeo-ellenistico non centralizzato (e quindi prossimo a scindersi in mille rivoli e in tante minuscole altre sette) e incentrato nel culto di un dio-uomo che muore apparentemente (doceticamente) sulla Terra assassinato dagli ebrei in un non meglio precisato passato al solo scopo di redimere gli iniziati del culto con la conoscenza rivelatrice di un Più Alto Dio, un Dio superiore al dio degli ebrei, una conoscenza tenuta fino all'ultimo nascosta agli angeli creatori del mondo.

È possibile, anche se non dimostrabile, che solo l'elitè di tale culto misterico (gli insiders, i cosiddetti Pneumatici) si riservava per sè il privilegio di distinguere il Più Alto Dio dal malvagio dio inferiore YHWH, lasciando ai neofiti ebrei e/o pagani di identificare ancora per molto il dio creatore YHWH con il Più Alto Dio (e perciò di osservare se volevano la Torah) purchè rispettassero la gnosi dei superiori pneumatici, sia pure tenendosene a debita e reverenziale distanza, e disprezzassero nel contempo la creazione come se fosse territorio nemico. Chi non si salvava erano tutti gli altri, meri outsiders: pagani ed ebrei, entrambi ignari dell'esistenza di un Più Alto Dio.

Tra le sette scaturite da questo inziale piuttosto anarchico culto misterico (l'autentica e originale chiesa gnostica sethiana) alcune tendevano a giudaizzare di più e perciò ad immaginarsi un Gesù più a loro immagine e somiglianza (finendolo per identificare davvero col messia davidico, e perciò rendendolo più ebreo di quanto fosse veramente: e qui penso agli ebioniti, ai nazorei, agli elcasaiti, ecc.) mentre altre sette tendevano all'opposto a separarsi sempre più dall'ebraismo, chiamando la deità addirittura non più nemmeno Gesù ma Seth o Melchisedec, Logos, Metatrone o Adamo Primigenio.
Ma una setta in particolare - una Scuola letteraria più che una setta -, quella che aveva raggiunto la Galazia e il Ponto, si distinse dalle altre per la fabbricazione dei più antichi testi cristiani propriamente detti: le lettere di Paolo e il Più Antico Vangelo, Mcn. Questa fu la setta gnostica che decise di tentare, servendosi del potere della scrittura e mediante revisionismo storico, qualcosa che non era mai stato tentato prima: l'invenzione di una Grande Chiesa centralizzata a tutti gli effetti, una nuova religione distinta in tutto e per tutto dall'ebraismo. La prima, embrionale forma di Reductio ad Unum.

mercoledì 13 maggio 2015

Perchè il disprezzo della cecità del mondo deve precedere necessariamente il disprezzo della cecità di un particolare gruppo etnico

Ron Mueck / A girl 2006
RIDERE: Un cristiano davvero devoto deve essere serio come come se gli fosse appena morto il gatto. Gesù Cristo non ha mai riso; c'è poco da ridere visto che in ogni momento un cristiano rischia di cadere nella fornace che la divinità prepara a quelli alle cui spalle vorrà ridere in eterno. Solo ai preti, sotto i baffi, è permesso di ridere di coloro di cui detengono il denaro.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Stephan Huller consiglia la lettura di questo link per comprendere una sostanziale differenza tra Luca, ovvero la versione cattolicizzata di Mcn, e gli altri sinottici. Si tratta di un post, si badi bene, scritto da un teologo cristiano, evidentemente con malcelata intenzione di proselitismo religioso nel net, eppure coglie così bene una radicale diversità di Luca dagli altri vangeli, che non ho esitato a tradurlo qui per il beneficio dei miei lettori, non da ultimo chiedendo a chi lo legge di porsi la seguente domanda: che cosa viene prima, che cos'è più antico? La condanna radicale (in Mcn) di un mondo incapace di riconoscere il Vero Dio? O la condanna radicale (in Marco) di un popolo incapace di riconoscere il suo legittimo messia?

Se la seconda condanna è precedente alla prima, perchè ci appare così innaturale, così sorprendente, così inattesa, così interessata, così forzata, così goffa, così POLITICA, quell'enfasi sulla cecità di un solo popolo, di una sola etnìa, di un solo gruppo di persone - e non altri?

Viceversa, se è la prima condanna in realtà la più antica, perchè ci appare così complicata, così complessa, così artificiale, così APOLOGETICA quella condanna successiva alla precedente? Perfino se fa tutti i punti allegorici e simbolici che preferisci?

La mia conclusione: per un cattolico fu meglio, molto meglio, ridersela di un ebreo cieco (incapace di vedere il vero messia), che di un uomo cieco (incapace di vedere il Verus Deus)!

Che cosa ci vuole per subire un processo?

Accuse? Testimoni? Una difesa? Un verdetto?

L'udienza di Gesù di fronte alle autorità ebraiche nel Vangelo di Luca è notevolmente carente in queste cose.

In Luca 22:66-71, Gesù viene portato davanti al Sinedrio.

Lo so, lo so, tu pensi di sapere cosa succede dopo: vanno alla cerca di accuse in modo da poterlo mettere a morte, sono convocati falsi testimoni per cercare di sollevare un'accusa contro di lui. "Ha detto questo circa il tempio", ecc. ecc.

Non in Luca.

Nessuna dichiarazione che vogliono trovare qualcosa per la quale condannarlo. Nessun testimone.

La prima interazione in Luca è la domanda: "Se tu sei il Cristo, diccelo."

Il Gesù di Luca non lo rivendica totalmente, come fa il Gesù di Marco: "Voi non mi crederete se vi dico ... D'ora in poi il figlio dell'uomo sarà seduto alla destra di Dio."

In Marco, la rivendicazione dell'umanità del figlio porta ad una condanna di morte: "Ha bestemmiato! Cosa ne pensi?!" "Sì, lui è degno di morte!"

Ma non in Luca.

''Ah, seduto alla destra di Dio, eh? Quindi tu sei il Figlio di Dio?'' È quello che voi tutti dite..'' ''Capito. Ok, è tutto quello che ci serve. Grazie."

Nessun'accusa di blasfemia. Nessuna condanna a morte.

Che cosa hanno? Non un'accusa in base alla quale Gesù è colpevole secondo la legge ebraica. Hanno una pretesa politica da sventolare davanti a Ponzio Pilato: "Lui chiama sé stesso Cristo - un re!"

In breve, non c'è nessun processo in Luca. C'è un'udienza preliminare, forse, qualcosa per sollevare accuse. Ma nessun processo. Nessuna sentenza di condanna. Nessun'attribuzione di colpa.

Perché no?

In tutto, questo sembra adattarsi con la più grande teologia di Luca della morte innocente di Gesù e il senso di colpa che porta sulla leadership ebraica.

Quando Gesù è appeso su una croce, è solo in Luca che uno dei banditi con lui crocifissi dice: "Quest'uomo non ha fatto nulla di male." Gesù è innocente.

Contrasta Matteo e Marco, dove Gesù è in realtà "colpevole" di tutto ciò di cui è accusato: Cristo, re d'Israele. La sua innocenza è nota al lettore, che vede nelle accuse un'ironica descrizione della verità.

Ma Luca la sottolinea per noi.

In Matteo e Marco, il centurione sbotta alla morte di Gesù, "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!"

In Luca la confessione è diversa: "Veramente quest'uomo era giusto (o, innocente, δίκαιος)."

Non è un caso che i leader ebrei di Luca non trovano alcun modo di pronunciare una condanna su Gesù. È parte dell'unica storia che Luca sta raccontando.

Quando Paolo predica in Atti 13, fa un preciso punto di esso: "Anche se non hanno trovato nessun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che fosse ucciso."

In Marco e Matteo hanno trovato la causa. Ma in Luca non l'hanno fatto. Hanno trovato un titolo che avrebbe reso la morte di Gesù una necessità politica per i romani.

Come funziona la morte di Gesù negli Atti di Luca?

Uno dei ruoli più importanti che essa svolge è di convincere Israele che anche loro, hanno bisogno del perdono di Dio, che è la chiave per entrare nel regno di Dio. Un popolo che a loro volta può essere "giusto" attraverso osservanza della legge (come Zaccaria ed Elisabetta sono detti di essere in Luca 1) comunque hanno bisogno del misericordioso perdono di Dio.

Nella storia di Luca-Atti, il rifiuto di Gesù, la condanna di Gesù a morte, lo dimostra.

Si ersero contro un uomo innocente. Si ersero contro un uomo innocente nel quale Dio aveva fatto opere potenti. Si ersero contro un uomo innocente solo per far sì che Dio capovolga la loro condanna morte con la grande risposta di Dio "Io non la penso così", che è la resurrezione.

Uh oh.

Questo è quando tu hai bisogno di perdono. Questo è quando tu hai bisogno di invocare il nome del Signore per la misericordia e la liberazione da te stesso. Questo è quando tu hai bisogno di salvezza.

domenica 10 maggio 2015

Il miticista Georges Ory sulle Origini Cristiane

Il Dio-Uomo non riceve il nome di Gesù fino a dopo la sua crocifissione. Quello da solo, a mio giudizio, è fatale alla storicità di Gesù.
Paul L. Couchoud
TRADIZIONE: Parola di Gesù Cristo, raccolta dagli uomini illuminati che l'hanno trasmessa senza alcuna alterazione ai cristiani di oggi. La tradizione si è conservata per miracolo: gli uomini comuni di solito aggiungono o tagliano le cose che vedono e sentono. Per gli apostoli non fu così e i nostri preti sono troppo onesti per alterare la tradizione.  
 (Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Ho letto Analisi delle Origini Cristiane, di Georges Ory, recentemente tradotto in inglese dal francese.

Sintetizzo i punti dove sono totalmente d'accordo con questo studioso miticista e che dunque faccio miei:

1) Nessun giudeocristianesimo prima del 70 E.C.
Noi abbiamo cominciato a pensare che non ci fu nessun cristianesimo, strettamente parlando, prima della caduta del Tempio nel 70. Certamente, là esistevano, in Giudea, ai margini della religione ufficiale, gruppi di messianisti, apocalitticisti, gnostici (prima che il nome apparve nel secondo secolo), e culti misterici, ma le persone che comprendevano quei gruppi erano non ancora cristiani, perfino se essi non erano ebrei ortodossi.
(pag. 3, mia libera traduzione)

2) Il tema del dio che muore e risorge è fondamentalmente di origine non-ebraica e quindi pagana e gnostica.
Il colto olandese Tiele ha correttamente classificato le religioni in due categorie:
a) le religioni teocratiche nelle quali il divino è separato dall'umano da un abisso incolmabile; esempi sono trovati tra i popoli semitici.
b) le religioni teantropiche, che credono in una comunicazione o relazione tra esseri celesti e creature terrestri, grazie ad un dio-uomo oppure un uomo-dio; esempi sono trovati tra i popoli ariani.
La seconda concezione, che ha ottenuto dominio, non poteva provenire da Gerusalemme; non ha nessun posto nella visione religiosa degli ebrei.
In ultima istanza, il Nuovo Testamento stesso ci trattiene dal credere nell'esistenza di una Chiesa-Madre cristiana a Gerusalemme. 

(pag. 24, mia libera traduzione)


Così Robert Price:
Qualsiasi nome essi potevano aver utilizzato, le varie sette gnostiche credevano che la loro dottrina, o gnosi, provenisse loro da un celeste rivelatore che giunse sulla Terra in carne umana o qualcosa di simile ad essa e risvegliò coloro che possiedono la divina scintilla alla loro vera origine e destino.
(Robert Price, The Amazing Colossal Apostle, pag. 133, mia libera traduzione)

3) Le Odi di Salomone, scritte probabilmente intorno al 100 E.C., riflettono un culto ebraico del Cristo sofferente anteriore a quello di Gesù.
Non solo Sanders conclude che le Odi di Salomone sono evidenza di un cristianesimo ebraico pre-Gesù che incorporava i temi principali di inni cristologici crucialmente importanti del Nuovo Testamento, egli fa qualcosa che pochi altri studiosi fanno: egli guarda a nord. Dovrebbe essere, ma spesso non lo è, ovvio che c'erano influenze culturali sulla Galilea, e sulla Samaria, e perfino sulla Giudea provenienti dal nord, da Siria, Tiro, Sidone, Damasco, Antiochia, influenze sull'ebraismo che non erano ebraiche in origine.
...
C'erano, naturalmente, religioni nel mondo antico vicino alla Palestina che erano non ebraismo e il popolo ebraico e i culti ebraici erano influenzati a minori o maggiori gradi da quelle religioni. Nel leggere le Odi di Salomone, Jack T. Sanders è colpito dalla frequenza del loro utilizzo della parola ''Signore''. Quella parola conduce a qualche ambiguità per due ragioni. Primo, non è sempre chiaro quando il termine ''Signore'' allude a Dio e quando il termine ''Signore'' allude alla figura secondaria del Figlio o Messia. Secondo, influenzati dai loro retroterra cristiani, i moderni studiosi tenderanno ad assumere che ''Signore'' allude al Signore Gesù Cristo perfino se non c'è nessun posto nelle Odi dove questo è evidente.
Sanders suggerisce che la parola ''Signore'' in ebraico, che è ''Adon,'' il cui plurale, ''Adonai'' è comunemente utilizzato nell'ebraismo come il nome o il titolo del Dio ebraico, potrebbe aver penetrato la comunità delle Odi di Salomone da un'altra tradizione religiosa diversa dall'ebraismo, la tradizione che adorava Adon, il Signore, come Dio, la religione del culto di Adone. Sanders scrive che ''Adone, dovrebbe essere ricordato, è la designazione occidentale di Tammuz (oppure, visto altrimenti, Tammuz è regolarmente designato semplicemente 'il Signore'), e la sua influenza fu percepita sulla religione ebraica prima del tempo di Ezechiele, come è attestato da Ezechiele VIII.14: '
Allora mi condusse all'ingresso della porta della casa dell'Eterno, che è verso il nord; ed ecco, là sedevano donne che piangevano Tammuz'. Sanders non pone questo punto di vista troppo lontano, lui scrive che ''l'eclettismo presente nelle Odi di Salomone impedisce una spiegazione finale del carattere del redentore da essi presentato semplicemente nei termini di una fusione tra concetti dall'ebraismo e concetti dal culto di Adone; ancora, le Odi di Salomone sembrano attestare che l'ebraismo poteva, sotto qualche influenza esterna, dare nascita ad almeno un mito di redenzione simile a quello illustrato negli inni cristologici del Nuovo Testamento, e tuttavia in apparenza indipendente dalla tradizione del Nuovo Testamento''. Guardare a nord, come ha fatto Sanders, ci ricorderà del fatto che il popolo di Giudea, e tanto più così il popolo di Galilea, erano influenzati da un esercito di differenti idee e sistemi religiosi. 
(Stevan L. Davies, Spirit Possession and the Origin of Christianity, pag. 260-261, mia libera traduzione)

4) Originario significato ebraico messianico/politico del nome Yeshua indicante generica Salvezza militare dai pagani.

È importante rendersi conto una buona volta che il nome Gesù è una versione latinizzata del nome ebraico Giosuè. Sebbene è usato per indicare un individuo specifico, nessuno nell'Israele del I secolo avrebbe riconosciuto il nome Gesù. La stragrande maggioranza dei dementi folli apologeti cristiani quando scrivono intorno a Gesù, proiettano l'espressione latinizzata nel greco antico e nei testi ebraici, come se avessero il suo significato cristianizzato moderno già nella Gerusalemme del primo secolo.
In realtà Giosuè fu il nome intorno al quale si focalizzarono alcune delle nuove sette politico-religiose ebraiche, non essendo altro che lo stesso Giosuè biblico che condusse gli israeliti alla conquista della Terra Promessa dopo la morte di Mosè. La radice del nome ebriaco HO-SH-U-A è relativa alla parola 'salvezza' ed è facile aspettarsi come le sette incentrate sulla liberazione messianica dallo straniero pagano potevano distinguersi brandendo il nome di Giosuè - una setta di salvezza essendo PER DEFINIZIONE una setta di Giosuè - ma senza avere alcuna relazione specifica ad un profeta contemporaneo o perfino ad una persona particolare.
Robert Eisenman ha notato la presenza nei rotoli del Mar Morto, in particolare nel Documento di Damasco, della seguente frase:
''...Il Suo Nome, finchè Dio rivelerà Salvezza''

dove l'ultima parola è veramente Yesha, o Giosuè. Si tratta della prova lampante dell'utilizzo tutto GENERICO del nome ''salvezza/Giosuè'' adottato dai culti messianici in un momento successivo.
Un Giosuè messianico significò effettivamente una salvezza messianica. Se il nome Giosuè giunse ad essere riferito ad una setta, è altamente probabile che evocherebbe la tradizione del compagno di Mosè.

L'accademico Robert Kraft, esaminando la questione delle tradizioni relative ad un Messia-Giosuè nel I secolo, è giunto alla conclusione che era probabile che ''in una o più scuole di speculazione escatologica ebraica pre-cristiana, l'idea era stata trattenuta e sviluppata che l'atteso Messia di Dio realizzerebbe o almeno rifletterebbe il ruolo del successore di Mosè, Giosuè'' (fonte).

Oltre al biblico Giosuè, un altro Giosuè fu decisivo nella tradizione ebraica. Il Libro di Zaccaria descrive il sommo sacerdote Giosuè, assieme al governatore persiano Zorobabele, come i due '
'unti che stanno presso il Signore di tutta la terra'' (Zaccaria 4:14). Anche questo Giosuè, come il suo predecessore omonimo, fu esaltato per aver liberato gli ebrei ancora una volta dalla prigionia - la prima volta dagli Egiziani e dai Cananei e la seconda volta dai Babilonesi.

Quindi c'erano state sicuramente sette di 'salvezza'/Giosuè a Gerusalemme e nella diaspora già prima del 70, ed è probabile che ancor più si diffusero fuori da Israele, a seguito della repressione romana di ogni rivolta messianica ebraica, portando così nel mondo pagano la conoscenza dell'allusione velatamente politico-religiosa associata al nome di Giosuè: Salvezza da un mondo in sè considerato corrotto.

Il nome Giosuè comunque, anche se indicava generica Salvezza per un ebreo apocalittico messianico (filozelota o comunque antiromano), non era ancora stato personalizzato, tantomeno storicizzato.

5) Ad un certo punto dopo il 70 E.C. avvenne la Cooptazione gnostica del nome ''Gesù'' e del nome ''Cristo'' che personalizza il concetto di Giosuè/Salvezza, ma senza ancora alcun contesto biografico o storico applicato alla persona in questione.
Il nostro pseudoepigrafo o redattore cattolico ha incorporato in [Filippesi] 2:6-11 quello che virtualmente tutti gli studiosi riconoscono come il frammento di un inno. Esso è arcaico in confronto al circostante testo cattolico, il cui autore non più ne afferra il significato. Per come lo vide F. C. Baur, l'inno incarna chiaramente una mitologia gnostica. In esso, un anonimo salvatore si avventura dal pleroma di luce divina nel Kenoma, che è il profondo vuoto al di fuori della Divinità. Nel fare ciò egli sta capovolgendo la caduta di Sofia, l'ultima degli eoni divini emessi dalla Divinità. Sofia ha perdurato così a lungo nei misteri del Padre, che andarono così lontano distanti da lei. Nella sua hybris simile a Pandora, lei diede la nascita ad un goffo demiurgo, il Creatore Gnostico di un mondo miserabile di disgustevole materia. Ma il salvatore segretamente penetra il mondo dei malvagi arconti, gli angeli che governano le sfere planetarie, per giungere sulla Terra e assumere l'illusoria apparenza di carne umana. Alla morte, realizzata la sua missione salvifica, egli ritorna trionfalmente al pleroma e riceve il nome titolare di Gesù, che significa ''salvezza''.
Come riconobbe P. L. Couchoud, l'inno precede il processo di riconcepimento del dio Gesù come una figura storica dal momento che ''Gesù'' diventa il suo nome
solamente dopo che la sua missione terrena è completa. Coloro che per la prima volta cantarono quest'inno non pensarono mai ad un uomo di nome Gesù girovago per le strade di Galilea, insegnando ed esorcizzando demoni, tanto meno finito crocifisso sulla Terra per ordine del governatore romano. Quel che il redattore cattolico apprezza circa l'inno, l'auto-sacrificio di Cristo a beneficio altrui, è là, ma lui ha mancato la cornice cosmico-teologica. Riconosce il fondamentale modello di discesa e ascesa, ma gli elementi gnostici passano inosservati sotto i suoi occhi.

(Robert Price, The Amazing Colossal Apostle, pag. 133, mia libera traduzione e mia enfasi)
Il prof Price porta fino in fondo cosa tutto questo significa:
 L'intuizione di Couchoud, se la si accetta, potrebbe consentirci di fare un intero nuovo senso dai testi gnostici di Nag Hammadi gnostici che presentano un amato salvatore, se Mechizedek, Seth, Derdekas, o Zoroastro, che è soltanto alla fine della giornata identificato con Gesù. Abbiamo bisogno di una sorta di nuova chiave per sbloccare il significato di questi testi enigmatici e il mistero di dove e come si inseriscono nell'evoluzione del cristianesimo primitivo. La teoria di Couchoud potrebbe fornirla. Come chiamava la porzione non citata dell'inno ai Filippesi la sua figura di Cristo prima della sua esaltazione e possessione del nome-da-trono «Gesù»? Poteva forse essere stato uno di quei nomi? Ciò implicherebbe che il Cristiano Gesù era solo una fase più recente nello sviluppo di un molto più antico personaggio mitico, proprio come Seth, Enos, e le altre antiche figure venerate dagli gnostici nonostante una mancanza assoluta, nella natura del caso, di qualsiasi dato biografico o storico su di loro.
(Robert M. Price, The Incredible Shrinking Son of Man, mia libera traduzione e mia enfasi)

6) Mcn come il Più Antico Vangelo.
Marcione (attorno al 140) nel suo Evangelion ha un Gesù che discende dal cielo come il figlio di Dio nella forma di un uomo adulto, ma egli è non un uomo; egli possiede un corpo etereo, incorruttibile. Egli è uno spirito salvatore, un fantasma. Per Giustino altrettanto bene, attorno al 150, Gesù il dio è fatto di etere e assume forma umana. È perfettamente naturale che, successivamente, i discepoli e le persone non più a lungo hanno compreso quelle sottigliezze teologiche e sarebbero giunti a considerare Gesù come un uomo.
Pare che la responsabilità per questo fallimento di comprensione risalga a Marcione, il quale fu il primo ad aver concepito l'epifania terrestre di Gesù. In lui, noi rischiariamo il “punto di svolta” della metamorfosi da un dio ad uno storico individuo.

(pag. 38, mia libera traduzione)

7) Il resto è Storia Nota. 

Nel senso che poi in reazione a Marcione subentrarono i cattolici a fagocitare tutto quanto nella loro Grande Chiesa e coi loro ridicoli vangeli canonici uno più storicizzante dell'altro. La Lettera di Barnaba è un documento squisitamente cattolico di fine II secolo, eppure creduto un documento ebraico di inizio I secolo dal consensus.  In realtà ogni documento che mostra la teologia del sacrificio espiatorio Gesù, è praticamente protocattolico e dunque post-marcionita.

In un successivo post intendo discutere il punto critico di svolta ipotizzato da Georges Ory che segna il passaggio da un concetto personalizzato ma mitologico di ''Gesù Cristo'' al concetto storicista e antropomorfo del medesimo, proponendo un'alternativa mia personale.  Come il lettore avrà capito, una volta riconosciuto che Gesù era una deità gnostica e non-ebraica in origine (e fu chiamata Gesù solo nel II secolo), il problema è riuscire a comprendere come germinò nelle menti di alcuni ebrei l'idea che Gesù doveva essere un particolare individuo storico vissuto nel più o meno recente passato.

Anche se al prezzo di suonare troppo speculativo, azzardare delle ipotesi plausibili a spiegazione di tutto questo vale ancora il piacere di questa particolare inchiesta.