giovedì 30 aprile 2015

All'origine dell'antigiudaismo cristiano

GUERRE DI RELIGIONE: Salutari e abbondanti salassi che i medici delle nostre anime raccomandano ai corpi delle nazioni che Dio vuole premiare con una dottrina decisamente pura. Tali salassi sono divenuti frequenti a partire dalla fondazione della Chiesa; sono diventati assolutamente necessari per impedire ai cristiani di morire sotto l'eccesso di grazie infuse dal Cielo.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Manoscritto del V secolo che illustra la distruzione del Serapeum ad opera di quel bastardo di Teofilo, zio di quel Cirillo assassino di Ipazia fatto santo dalla chiesa cattolica.

Mi risulta difficile credere, leggendo la polemica del folle apologeta Ireneo contro gli gnostici, che quest'ultimi fossero privi di una loro profonda spiritualità. Per ''spiritualità'' intendo i noti fenomeni di possessione e allucinazione spirituale ben descritti da Stevan Davies e da Richard Carrier.
24.1. Prendendo spunto da costoro Saturnino, che era nativo di quella Antiochia che si trova presso Dafne, e Basilide, diedero origine a dottrine differenti, uno in Siria, l'altro ad Alessandria. Saturnino, allo stesso modo di Menandro, insegna un Padre sconosciuto a tutti, che ha creato gli angeli, gli Arcangeli, le Virtù e le Potenze. Da sette di questi angeli fu creato il mondo e tutto ciò che si trova in esso. Anche l'uomo è opera degli angeli, essendo apparsa loro dalla suprema Potenza un'immagine splendente, che non erano in grado di trattenere; allora - dice Saturnino - per il fatto che tale immagine era subito risalita in alto, si esortavano l'un l'altro dicendo: Facciamo un uomo ad immagine e somiglianza. Dopo che lo ebbero creato, poichè l'opera plasmata non era in grado di ergersi in piedi a causa della debolezza degli angeli, ma strisciava come un vermiciattolo, la Potenza dall'alto ebbe pietà di lui, perchè lui era a sua somiglianza, ed emise una scintilla di vita, che lo fece drizzare in piedi, lo fece muovere, lo fece diventare un essere vivente. Dunque egli dice che questa scintilla di vita, dopo la morte, risale verso ciò che è della sua stessa natura, mentre il resto degli elementi di cui è composto si separano nuovamente ritornando ciascuno alla natura da cui sono stati tratti.
2. Egli dimostrò che il Salvatore è ingenerato, incorporeo e senza figura, ma sembrò apparentemente un uomo. E dice che il Dio dei giudei è uno degli angeli. Poichè il Padre aveva intenzione di distruggere tutti gli Arconti, il Cristo venne per la distruzione del Dio dei giudei e per la salvezza di coloro che credevano a lui. Questi sono coloro che possiedono la sua scintilla di vita. Infatti egli fu il primo ad affermare che dagli angeli sono state modellate due razze di uomini, una malvagia, l'altra buona. Ora, dal momento che i demoni aiutavano i malvagi, il Salvatore venne per la distruzione degli uomini malvagi e dei demoni, e per la salvezza dei buoni. Il matrimonio e la generazione - dicono costoro - provengono da Satana. Molti di coloro che seguono le sue dottrine si astengono dalla carne, seducendo molti altri con una finta continenza di tale tipo. Quanto alle profezie, alcune sono state pronunziate da questi angeli che hanno fabbricato il mondo, altre invece da Satana stesso. Egli dimostra che quest'ultimo era egli stesso un angelo, era un avversario degli autori del mondo, e soprattutto del Dio dei giudei.

3. Invece Basilide, per mostrare di aver trovato qualcosa di più elevato e di più convincente, estese all'infinito lo sviluppo della sua dottrina, dimostrando che dal Padre ingenerato è nato l'Intelletto, da questo è nato il Logos, poi dal Logos la Prudenza, dalla Prudenza la Saggezza e la Potenza, dalla Potenza e dalla Saggezza le Virtù, gli Arconti e gli angeli, che egli chiama «i primi», e dai quali è stato fatto il primo cielo. Poi, per derivazione a partire da questi, altri angeli sono stati fatti, che hanno creato un secondo cielo simile al primo, e allo stesso modo per derivazione da questi altri ne sono stati fatti altri, come delle copie di quelli che sono al di sopra, e hanno fabbricato un ulteriore terzo cielo. Poi da questo terzo è derivato il quarto, nell'ordine digradante, e così di seguito; con questo sistema, essi affermano che sono stati fatti altri e altri Arconti ancora, e angeli, e 365 cieli. Per questo motivo l'anno ha un tale numero di giorni, conformemente al numero dei cieli.
4. Gli angeli che occupano il cielo inferiore, quello che noi vediamo, hanno creato tutto ciò che è nel mondo, e si sono divisi tra loro la terra e le nazioni che vi si trovano. Il loro capo è colui che è ritenuto essere il Dio dei giudei. Poichè lui intendeva sottomettere ai suoi uomini, cioè ai giudei, le altre nazioni, tutti gli altri Arconti si misero contro di lui e gli fecero guerra. Per questo motivo anche le altre nazioni si misero contro la sua nazione. Il Padre ingenerato e innominabile, vedendo la loro perversità, inviò l'intelletto, suo figlio Primogenito (si tratta di colui che viene chiamato Cristo), per liberare coloro che credevano in lui dal potere di quelli che avevano fabbricato il mondo. E Cristo apparve alle loro nazioni, sulla terra, come un uomo, e fece dei prodigi. Per questo motivo non fu lui che patì, ma un certo Simone di Cirene, che imprigionato portò la sua croce al suo posto: fu questo Simone che, per ignoranza ed errore, fu crocifisso, essendo stato trasformato da Cristo, affinchè sembrasse proprio Gesù, mentre lo stesso Gesù, prese le sembianze di Simone e, stando in piedi là davanti, li prendeva in giro. Infatti, dal momento che la Virtù era incorporea e l'Intelletto proveniva dal Padre ingenerato, si trasformava a suo piacimento, e così potè risalire verso colui che l'aveva inviato, prendendosi gioco di loro, perchè non poteva essere trattenuto, dal momento che era invisibile a tutti. Dunque, quelli che sanno queste cose, sono liberati dagli Arconti autori del mondo. E non si deve confessare colui che è stato crocifisso, ma colui che è venuto sotto sembianze di uomo, è sembrato che fosse crocifisso, è stato chiamato Gesù, ed è stato inviato dal Padre per distruggere, per mezzo di quest'economia, l'opera di questi autori del mondo. Dunque, se qualcuno confessa il crocifisso - dice Basilide - è ancora schiavo e si trova sotto il potere di coloro che hanno creato i corpi; invece colui che lo rinnega è liberato da questi, ma conosce l'economia del Padre ingenerato.
5. C'è salvezza per la sola anima: infatti il corpo è corruttibile per natura. Basilide afferma che le profezie stesse provengono dagli Arconti autori del mondo, mentre la legge proviene in modo più specifico dal loro capo, cioè da colui che ha fatto uscire il popolo dalla terra d'Egitto. Si devono disprezzare le carni offerte agli idoli, considerarle niente, ma farne uso senza la minima paura; si deve anche avere un uso indifferente delle altre azioni, e di tutte le forme di piaceri carnali. Anche queste genti fanno uso di pratiche magiche, di incantesimi, di invocazioni e di tutto il repertorio di manifestazioni di tipo magico; inventandosi certi nomi che dicono di essere degli angeli, proclamano che alcuni di questi sono nel primo cielo, altri nel secondo, e si sforzano di esporre i nomi degli Arconti, degli angeli, delle Virtù dei loro 365 cieli nati assolutamente dalle loro menzogne. Allo stesso modo dicono che il nome sotto il quale è sceso e risalito il salvatore è Caulacau.
6. Dunque, colui che avrà appreso tutte queste cose e che conoscerà tutti gli angeli e le loro origini, diverrà lui stesso invisibile e imprendibile per gli angeli e per tutte le Potenze, come lo è stato Caulacau. E come il Figlio è stato sconosciuto a tutti, così bisogna che anch'essi non siano conosciuti da nessuno: ma conoscendo essi stessi tutti e attraversando tutti, resteranno per tutti invisibili e sconosciuti. «Tu infatti - dicono - conoscili tutti, ma che nessuno ti conosca!». Per questo motivo coloro che sono di questa genia, sono pronti a ogni negazione, anzi addirittura essi non possono soffrire a causa del Nome, perchè sono simili a Tutti. Non molti possono sapere tali segreti, ma uno su mille e due su diecimila. E dicono di non essere più giudei, ma non ancora cristiani. E non bisogna assolutamente divulgare i loro misteri, ma tenerli nascosti con il silenzio.
7. Essi determinano la posizione dei 365 cieli nello stesso modo in cui lo fanno gli astrologi: essi hanno accolto i principi elaborati da quelli, e li hanno trasferiti al carattere proprio della loro dottrina. Il loro capo è Abrasax, ed è per questo che egli possiede in sé il numero 365.

(Ireneo, Contro le Eresie, I, 1-7)

È parimenti sorprendente come tutto ruoti in definitiva attorno all'incontro/scontro tra pagani ed ebrei, con l'apparente vittoria dei primi sui secondi, e il mal sopito desiderio di vendetta dei secondi rispetto ai primi. Viene difficile, assai difficile, credere che gli apostoli gnostici fossero precedenti alla caduta del Tempio, quando la loro ostilità al dio dei giudei non può che essere nata sull'onda del crescente antigiudaismo pagano a fronte della particolare stranezza riscontrata tra gli ebrei del tempo a differenza di tutti gli altri popoli: Israele era l'unico popolo che faceva coincidere la ribellione anti-romana, non importa se prima, durante o dopo il suo corso, con la netta condanna dell'idolatria pagana. Sarebbero apparsi, nel loro monoteismo teocratico, simili all'ISIS di oggi. E di certo nessuno nega che il dio dei bastardi terroristi dell'ISIS è Satanasso in persona.

Credete che io stia esagerando nell'equiparare i fanatici ribelli zeloti della Diaspora di allora ai bastardi dell'ISIS? Allora leggi questo, o mio lettore:

Documenti egiziani conducono ulteriore supporto all'idea che gli ebrei attaccarono la religione egizia durante la Rivolta nella Diaspora e distrussero numerosi templi pagani, eventualmente comprese parti del Serapeum alessandrino. L'attitudine iconoclasta degli ebrei contro immagini e templi pagani spiega perchè i documenti li descrivono come anósioi, 'empi'. L'autore di POxy 4.705 dichiara che: 'La nostra unica speranza e finale attesa dipendeva dall'aggregare bande degli abitanti del nomo per combattere contro gli empi giudei', e una lettera dell'epistrategos di Apollonopolis-Eptacomia al prefetto Rammio Marziale attribuisce la responsabilità dei disastri in Egitto agli ''empi giudei''. Quando gli ebrei persero la battaglia, i greci offrirono sacrifici agli dèi e, quando la rivolta fu soppressa, istituirono un memoriale annuale. Eudaimonide, la madre dello strategos del nome apollonopolita, scrisse in una lettera: 'Assicurati che io non presterò alcuna attenzione a Dio finchè mio figlio non torni sano e salvo' come se il dio in questione fosse direttamente coinvolto nella guerra.
 (Hadrian and the Christians, edito da Marco Rizzi, mia libera traduzione e mia enfasi)
 L'unica guerra di religione nel mondo antico: sarà forse una coincidenza?

Quando Ireneo riporta l'opinione di Basilide che
Gli angeli che occupano il cielo inferiore, quello che noi vediamo, hanno creato tutto ciò che è nel mondo, e si sono divisi tra loro la terra e le nazioni che vi si trovano. Il loro capo è colui che è ritenuto essere il Dio dei giudei. Poichè lui intendeva sottomettere ai suoi uomini, cioè ai giudei, le altre nazioni, tutti gli altri Arconti si misero contro di lui e gli fecero guerra. Per questo motivo anche le altre nazioni si misero contro la sua nazione.

...sta descrivendo un concetto inveterato e ancestrale che non è gnostico in origine. Già nel mondo giudaico si era sviluppata la dottrina sull'esistenza degli «angeli delle nazioni». L'idea può essere la stessa ripresa dall'Apocalisse, che parla di «angeli delle Chiese» (Apocalisse 2-3). Non tornerò su quell'assunto, tanto è scontato.

Il problema è : gli arconti che ammazzarono il Messia Gesù nel mito originario, assodato ormai che si erano serviti di esseri umani per compiere il loro crudele misfatto - 'misfatto dunque  «verificatosi» sulla Terra, erano alleati del dio degli ebrei oppure erano i suoi nemici?

La morte del messia Gesù fu un riscatto ben mimetizzato oppure fu un'espiazione sacrificale, nel mito originario?


Nella lettera ai Galati, nella sua forma originaria marcionita, quando sono gli angeli a dare la Legge, allora il loro capo è il dio dei giudei.

Nella lettera ai Romani, quando la Legge è considerata sotto una buona luce, allora è riverito il dio dei giudei.

Quindi lo scontro dio dei giudei versus dio alieno riflette essenzialmente lo scontro tra nomisti e antinomisti, tra circoncisi e incirconcisi.

E questo scontro riflette più in generale la Grande Questione della prima metà del II secolo: rimanere ebrei o non rimanere ebrei?

Credere che nella stessa comunità cristiana potessero convivere pacificamente senza urtarsi tra loro gentili non circoncisi ed ebrei circoncisi fu un'utopia fin dall'inizio, e perfino tarda rispetto alle reali divisioni settarie che travagliavano lungo la linea circoncisione/non circoncisione il nascente e complesso fenomeno cristiano: infatti è sufficiente osservare come sono stratificate le nostre cosiddette lettere «paoline» per realizzare che il volto del Paolo desideroso di una serena convivenza pacifica fra gentili ed ebrei nel nome di Cristo, era stato sovrapposto solo più tardi sopra quello del Paolo più antico, il Paolo accusato da Tertulliano di essere l'«apostolo degli eretici e apostolo di Marcione», creando l'ibrido su cui si rovellano invano i dementi folli apologeti.

La soluzione finale sarebbe stata una fatalmente di compromesso, dal sapore inconfondibilmente falso e artificiale, perchè tutto politico: rimanere sì  «ebrei», ma in una nuova forma. Cattolica.

sabato 25 aprile 2015

Sul Potere della Scrittura

LETTERE: Inutili alla Chiesa, i cui santi fondatori furono ignoranti e illetterati. Le sole lettere di cui la Chiesa ha bisogno sono le lettres de cachet.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Prima che Marcione fu fatto l'´arci-eretico`, egli sembra essere stato l'arci-teologo, ´il fondatore di una religione` e di un nuovo culto, il Cristianesimo.
(Markus Vinzent, Marcion and the Dating, pag. 135, mia libera traduzione)
Ho avuto una curiosa conversazione con Stuart Waugh nel suo blog, sui più disparati argomenti che preferivo toccare della sua visione critica radicale, che mi ha dato l'occasione di rivelare da ultimo alla fine, sia pure in modo ancora sparso e superficiale, la somma di alcune riflessioni che ''mi tenevo dentro'' come immediato e spontaneo riflesso speculativo provocatomi dalla lettura di un punto cruciale fatto dal prof Vinzent sul rapporto tra Marco e Marcione. A quel punto l'investigazione non si è potuta limitare al solo blog.

Sono estremamente contento nel realizzare di non essere il solo ad elaborare simili pensieri servendomi del giusto mix di pura logica e semplice intuito. E si badi che, oltre a quello, il mio esperto interlocutore, a differenza mia, è evidentemente di gran lunga più preparato e versato nella conoscenza delle lingue classiche e della letteratura neotestamentaria, apologetico/patristica e pagana del II e III secolo.

E tuttavia, non posso riassumere in un unico post l'insieme delle molteplici impressioni ricavate, per cui dovrò limitarmi per ora a professare pubblicamente un obbligato atto di umiltà nei confronti di me stesso e dei miei lettori: e quell'umiltà consiste nel socratico riconoscimento dei limiti della nostra conoscenza in materia di origini cristiane.

Per dirla tutta, non possiamo mai sapere con assoluta certezza cosa provocò l'irruzione di Marcione - il nostro primo testimone di un cristianesimo esistente - sulla scena del II secolo. Soprattutto, non sapremo mai cosa c'era prima di Marcione e dell'eruzione della sua scuola. Per Waugh, tutte le ipotesi sono equamente probabili. Perfino che ci fu un reale Gesù storico in Israele nel I secolo e un reale Paolo che diffuse il messaggio del primo per l'intero bacino orientale del Mediterraneo. Nell'assoluta ignoranza di ciò che accade in quei tempi oscuri da lui definiti per l'appunto ''preistorici'' proprio a rifletterne l'assenza di un benchè minimo indizio capace di illuminarli sia pure di poco, Waugh ritiene più saggio e più umanamente confortevole sospendere il giudizio sulle reali origini cristiane, preferendo concentrarsi invece nell'apprezzamento di quel che davvero rimane nelle nostre mani: pura letteratura liturgica e apologetica del II secolo. Non ''Storia ricordata'', si badi bene, ma al più ''Storia proiettata'' nella prima metà del I secolo allo scopo di dar lustro (apologetico) ad un ipotetico illustre passato - senza con ciò negare del tutto la mera possibilità astratta, al di là del puro mito e dei puri interessi teologici in gioco, di oscuri (e ipotetici) accadimenti del I secolo connessi con le origini.

Così la sua conclusione sulla questione della storicità di Gesù si può ben definire PURO AGNOSTICISMO.

A me che gli chiedevo con malcelata insistenza di rompere il suo silenzio in un modo o nell'altro sul fitto mistero delle origini cristiane, magari pronunciandosi in favore dell'una o dell'altra ipotesi speculativa intorno ad esse, traduco qui la sua pacata e serena risposta:
Le mie opinioni sono le mie. Ed esse evolvono. Dapprincipio io ero davvero speculativo, come te stesso, tentando di disegnare un quadro completo, poi cercare di adattarvi ogni cosa al suo interno. Ma i pezzi non si incastravano e furono i dettagli tecnici a indurmi a iniziare ad abbandonare il quadro da me costruito. E come te mi sforzavo di mettere insieme pezzi delle teorie tradizionali per spiegare i dati.  Ma non lavoravano, e pezzo dopo pezzo io lasciai perdere, finchè dovetti costruire un nuovo modello.

Mi piace quell'ultimo commento di van Manen che cita Price. Quello non è lontano dalla mia vista del Paolo di Marcione. Io penso che Marcione fu il Vescovo che organizzò un movimento. Ma egli proveniva da un campo esistente che era diverso, un fatto riflesso pure nella forma marcionita di Paolo. Il vangelo di Giovanni fu probabilmente scritto non molto più tardi di Galati, e tuttavia la teologia è radicalmente diversa da quella di Marcione come mostra l'esame di Giovanni il Battista. Così Marcione non fu unico. 

Una questione che ho è: era Giosuè il nome del Cristo prima che giunsero intanto gli eretici e fabbricarono i loro proto-vangeli? Io penso che potrebbe non esserlo stato. Giovanni 1:17 suggerisce che gli eretici scelsero il nome come allegorico, con Mosè associato alla Legge, il suo successore con la nuova grazia e verità. Così il concetto del movimento di Gesù pre-cristiano proto-ortodosso è forse un ossimoro.

Io non intendo quella come una posizione da difendere, ma invece come un esempio di quanto poco noi sappiamo di quel che fu il cristianesimo prima che eruppe Marcione. E anche per mostrare com'è pericolosa e tenue ogni speculazione su quel che sembravano e credevano le comunità cristiane del primo secolo. Io non conosco abbastanza per speculare, e io so più della maggior parte. La perdita di conoscenza non ferma le persone dal dover conoscere meglio e mettere in discussione le fondamenta di quel che dicono quando speculano sulle fondazioni del cristianesimo del primo secolo.

Il mio amico Dr. Detering è recentemente andato nell'altra direzione dello studio ed è stato a concentrarsi sui padri della Chiesa fino ad Agostino, che egli pensa è così interpolato che ciò che abbiamo non può essere considerato la sua opera, piuttosto di mani posteriori. Io penso egli sia giusto a lavorare in quella direzione, in quanto noi abbiamo da fin troppo tempo assunto che gli scritti dei padri della chiesa fossero essenzialmente profondi e corretti. Ma essi mostrano segni di più tarda interpolazione, proprio come il NT. Noi abbiamo bisogno di considerare loro prima di poter operare indietro con fiducia.
Non posso che ammirare simile franchezza e fermi propositi, e tuttavia sento troppo forte in me l'impulso a prendere, in qualche modo, una posizione leggermente più netta e differente dalla sua, sia pure nel crepuscolo di così tante certezze che, bene o male, potevo ancora portarmi dietro prima di questa conversazione ma alle quali ora non posso più guardare nella stessa ottimistica luce precedente.

In altre parole, devo fare anch'io i conti col Dubbio. Dubbio che finora solamente avevo  sguinzagliato a caccia dei dementi folli apologeti cristiani e dei loro stupidi e ottusi alleati ''agnostici con propensioni atee'' (ogni riferimento a quell'idiota di Bart Errorman è puramente casuale).

Ma che ora devo rivolgere contro me stesso e le mie più radicate convinzioni.
La questione era ed è semplicemente questa: cos'è che può essere davvero chiamata Storia? Dove risplende la luce? Vedere che si è stati in errore nella propria maniera di apprendere il passato è non una perdita ma un ottenimento. È sempre meglio, più sicuro, e più profittevole, sapere di non sapere, che andare a costruire su una base che è immaginaria.
(Van Manen, A Wave of Hypercriticism, edito da Robert Price, pag. 126, mia libera traduzione)

E allora io cerco di fare la scelta giusta, come sempre io ritengo di aver fatto in situazioni critiche nella mia giovane vita.

Decido di condurre solo con l'evidenza e soltanto con la pura evidenza. Il mio non è altro che un impegno al più semplice modello di onestà intellettuale: rendere le mie certezze direttamente proporzionali all'evidenza in mio possesso. Pretendere di essere certi di una cosa quando in realtà non lo si è affatto - addirittura, pretendere di essere certi su qualcosa di cui non esiste affatto nessun'evidenza concepibile -  è un fallimento morale e intellettuale insieme. Io mi vanto di essere uno dei pochi a realizzarlo. Perchè io ho percepito le menzogne della religione e mi rifiuto di farle mie.  

Ciò di cui non esiste nessuna evidenza, nè scritta nè archeologica e tantomeno orale, semplicemente io non sono tenuto affatto a prenderla minimamente in considerazione degnandola del valore di ''evidenza'' di qualche cosa, riconosciuta da ultimo la sua basilare natura di non-evidenza. Io non sono tenuto affatto ad ipotizzare un Gesù di Nazaret se non vedo alcuna evidenza della sua esistenza: ed è quella la posizione più umana, naturale e razionale possibile che potrei prendere.

E come dell'esistenza di Gesù di Nazaret, così di un cristianesimo già esistente nel I secolo, addirittura pre-70.

Nessuna evidenza significa nessuna evidenza. Ciò che non supera il dominio della pura ipotesi astratta non merita di valere come evidenza, ma di rimanere nel mondo che gli appartiene di diritto, fino a prova contraria: il mondo della pura immaginazione e del fantasy. Il mondo del romanzesco e della fiction. Il mondo assai edulcorato dove vivono e si ostinano a voler vivere i folli apologeti cristiani e tutti coloro che per interesse o per ignoranza si lasciano passivamente imbonire e suggestionare dalle loro chiacchiere e dalle loro frottole e da ultimo perfino dalle loro menzogne.

Nel Passato Reale può essere sempre in teoria accaduto di tutto. Ma ogni ricostruzione di quel Passato Reale che ambisce ad essere storica (con tutto l'abisso incolmabile che sempre dividerà qualunque Storia ricostruita dal corrispondente Passato Reale che intende descrivere) non può e soprattutto NON deve assumere, ma al contrario deve repentinamente sbarazzarsene, cià che non è richiesto a spiegare l'evidenza, tutta l'evidenza, disponibile ora nelle nostre mani. Un ipotetico Gesù storico, così come un ipotetico ''giudeocristianesimo'' pre-70, è completamente inutile a spiegare l'evidenza che abbiamo, la pura letteratura che abbiamo. La spiegazione migliore è quella che si basa sul minor numero possibile di ipotesi necessarie e sufficienti.

Chi sente qui l'eco delle sagge parole dell'accademico Thomas L. Brodie non si sbaglierà affatto.

E allora dedico direttamente alle sue sapienti parole il resto di questo modesto blog (punto di fine e insieme punto di inizio di una nuova fase nella mia ricerca), conscio che lui è uno dei pochi intellettuali ad aver veramente riconosciuto nella letteratura la giusta chiave, l'unica chiave, in grado di spalancare a noi le porte delle vere e più autentiche origini cristiane e non da ultimo del loro grandioso Mito di Gesù, al disincantato sguardo del nostro Più Profondo Sé:
ORIGINI CRISTIANE: SCRITTURA COME UNA CHIAVE
Non tutti gli ebrei seguirono la tradizione scritta spesso associata con Jamnia. Invece, alcuni svilupparono e seguirono la tradizione di un nuovo Giosuè, Iesous - la via che alla fine portò al Nuovo Testamento. Non è chiaro cosa suscitò questo sviluppo - cosa ispirò coloro alle origini del Cristianesimo. Un collega ha suggerito che anch'essi stavano rispondendo alla caduta del tempio. Certamente la distruzione del tempio ebbe un maggior effetto: ´Più di ogni altra singola azione, fu la distruzione del Tempio di Gerusalemme...nel 70 EC... che attivò la lenta... trasformazione della religione alla quale noi dobbiamo, tra le altre cose, la cultura europea` (Stroumsa 2009: 63). E Lloyd Gaston (1970), per esempio, ha da tempo indicato il significato della caduta del tempio per i vangeli. Ma una teoria che pone la caduta del tempio alle esatte origini del cristianesimo dovrebbe condurre con difficoltà sulla datazione, in particolare sulla datazione delle antiche epistole. Così, mentre concedendo un ruolo alla caduta del tempio, sembrerebbe che un ruolo dovrebbe anche essere dato alle ispirazioni e divisioni che esistevano all'interno dell'ebraismo prima del 70 EC.
Una cosa è certa:  quando la storia finale è raccontata ci sarà un ruolo speciale per il processo di scrittura. Parecchie ricostruzioni delle origini cristiane hanno raffigurato come tardo e sparso il processo di scrittura dei libri del Nuovo Testamento - decenni dopo che Gesù è detto di aver vissuto, e senza diretti legami tra i vari autori e scritti. E il processo di collegare assieme i libri in quel che ora è chiamato il Nuovo Testamento è stato visto come non accadendo fino a considerevolmente più tardi.
Comunque, in numerosi movimenti umani un processo di scrittura giunge presto ed è accuratamente sviluppato. Probabilmente sarebbe utile controllare la natura e il ruolo del processo di scrittura in vari eventi - i ruoli forse della Magna Charta, delle tesi di Lutero, delle
Salmanticences spagnole, dell'Encyclopédie francese in relazione alla Rivoluzione Francese, della Costituzione Americana, del Manifesto Comunista, della Proclamazione di Indipendenza Irlandese del 1916, in aggiunta, più di recente, al ruolo dei tape recordings e di Internet - ma quel che è certo è che, mentre il popolo ebraico divenne noto come il Popolo del Libro, i cristiani divennero de facto i principali sviluppatori del codex, il libro rilegato che sostituì i rotoli, e che, qualunque fosse la sua origine, emerse energicamente intorno allo stesso tempo del cristianesimo.
Ad ogni caso, al di là di quel che potrebbe essere accaduto intorno a vari altri eventi e al codex, esiste evidenza significativa che la scrittura, la scrittura coordinata, ebbe un ruolo importante nella fondazione del cristianesimo. Io menzionerò sei punti:

1. Il Cristianesimo fu fondato significativamente su un processo di riscrittura.
2. La riscrittura indica coordinamento - un gruppo oppure una scuola.
3. L'esistenza di altre scuole offre un supporto all'idea di una scuola/un gruppo del Nuovo Testamento.
4. La connessione scolastica di libri biblici con scuole offre ulteriore supporto all'idea di una scuola del Nuovo Testamento.
5. La ricerca della sequenza dei libri.
6. La verità della scrittura.

Cristianesimo come Fondato Significativamente su un Processo di Riscrittura
Nel cristianesimo, come in ogni religione, due degli elementi più centrali sono la sua storia (la narrazione o mythos che lo collega al divino) e le sue istituzioni (come si organizzò di giorno in giorno attorno a persone specifiche) (McGrath 2009; 23.25). La storia si avvolge attorno essenzialmente Cristo Gesù, e in un grado minore attorno ad altri personaggi, specialmente Paolo. Le istituzioni comprendono il battesimo, l'osservanza della Domenica, l'Eucarestia, un calendario liturgico che pende specialmente sulla Pasqua, una network umana che serve le persone, e l'aggregarsi di persone in comunità di varie dimensioni e forme.
Quando il cristianesimo cominciò, quelli elementi base - la narrazione e le istituzioni - avevano una certa novità. Ma esse non erano pienamente nuove. In larga misura erano un adattamento della narrazione e delle istituzioni dell'ebraismo.
Primo, la narrazione. Io non elaborerò i dettagli. In qualche misura, il principio era già presente in Sant'Agostino: ´Il Nuovo è latente nel Vecchio e il Vecchio è rivelato nel Nuovo`. E assieme a molti altri, io ho cominciato a illustrare la crescente evidenza che la descrizione del Nuovo Testamento di Paolo è modellata significativamente sul ritratto dell'Antico Testamento di Mosè, e che la descrizione di Gesù è largamente una sintesi del racconto dell'Antico Testamento di Dio e di tutto ciò che Dio fa, spesso tramite persone. L'evidenza non è completa, ma è già sufficiente, e come passa ogni anno di ricerca, il grado di continuità tra i due diventa più chiaro, lentamente.
Secondo, per quanto riguarda le istituzioni:
Gli elementi centrali del cristianesimo nella loro interezza, compresa l'eucarestia, la croce e il sistema di scomunica, sono direttamente derivate da sette ebraiche del tipo più tradizionale che pretendono di rappresentare il rinnovamento del vero Patto, specialmente in Galilea (Nodet e Taylor 1998: 437).
Tali sono i fatti basilari, assieme al fatto dell'esistenza dei cristiani stessi e dell'evidenza delle loro vite.
Così il punto di partenza per la storia del Cristianesimo è come segue. La storia/narrazione e le istituzioni del cristianesimo sono un adattamento della storia e delle istituzioni dell'ebraismo. Ma le figure prevalenti nella storia, Gesù e Paolo, non erano gli originatori nè della storia nè delle istituzioni. Piuttosto, il racconto su di loro è modellato sulla storia antica in tale maniera - completa, complessa, dettagliata, artistica - che essi emergono come figure scritturali formate da altri. Così, chi erano gli altri? Chi era la persona o le persone all'origine del cristianesimo? Che evento(eventi)?
La Riscrittura Indica Coordinazione - Un Gruppo oppure una Scuola
La prima principale evidenza riguardante l'origine del cristianesimo proviene non così tanto da quello che il Nuovo Testamento dice - altrimenti noi cominceremo il cristianesimo con l'angelo Gabriele - ma da quel che il Nuovo Testamento è, e ciò che fa. Essenzialmente esso consiste di 27 scritti che, nonostante parecchie differenze, sono tutte radicati, direttamente oppure indirettamente, nell'Antico Testamento, e sono anche variamente radicati uno sull'altro. La connessione all'Antico Testamento è importante e dev'essere riconosciuta in misura crescente, ma, nel rintracciare le origini del cristianesimo, la connessione tra i documenti stessi del Nuovo Testamento è particolarmente decisiva.
Il fatto centrale è come segue: le connessioni dei testi da uno all'altro sono così numerose e così profonde che come stavano per essere scriti, gli scrittori generalmente devono aver avuto accesso a quelli già scritti. Essi costruivano uno sull'altro. La maggior parte dei ricercatori, per esempio, ora direbbe che esiste solida evidenza che Matteo e Luca usarono Marco, e che esiste qualche forma di copiatura, diretta oppure indiretta, tra Matteo e Luca. Quella è la parte facile - riscrittura che invoca investigazione. Ma data la crescente consapevolezza dei modi complessi in cui i testi antichi venivano spesso trasformati, e data la calma e chiara pazienza da parte dei ricercatori nell'applicazione di testati criteri per stabilire trasformazione e dipendenza letteraria, le connessioni cominciano ad emergere. L'evidenza non è così precisa come nelle connessioni scientifiche - per esempio, connessioni fatte tramite DNA - ma complessivamente una sua porzione critica è già rintracciabile.
Come il pattern di connessione diventa più chiaro così lo diventa una conclusione basilare: il Cristianesimo fu fondato non proprio da uno o due persone ma da un intero gruppo. È possibile che il gruppo derivò parecchio della sua ispirazione da una oppure due figure chiave, ma, contrariamente alla pratica più moderna, gli antichi scrittori biblici spesso mantennero l'anonimato oppure uno pseudonimo, e sembra improbabile che noi mai sapremo molto circa leaders individuali. Quel che possiamo fare, comunque, è tentare di dare un senso della natura del gruppo.
L'evidenza indica che il gruppo formò o contenne un qualche tipo di scuola oppure di comunità letteraria, diverse persone che erano in comunicazione l'una con l'altra. Questo sembra essere la sola spiegazione che spiega sia la diversità e sia la coordinazione dei ventisette documenti. La più facile spiegazione è che il gruppo fu concentrato in un solo posto, ma il gruppo poteva anche essere stato sparso. Le comunicazioni erano buone, e i libri antichi potevano essere prodotti e circolare efficacemente (Alexander 1998:71-105).
Lo stesso gruppo oppure scuola deve anche essere stato coinvolto nella trasformazione delle istituzioni. Come un principio generale, nella composizione di una religione, narrazione e istituzioni sono inestricabilmente connesse, e la narrazione ha una certa precedenza ad un livello rispetto alle istituzioni. In realtà, la ridefinizione delle istituzioni del Nuovo Testamento è in linea con la ridefinizione della narrazione scritturale dell'Antico Testamento, e in qualche misura è meglio vista come conseguente da esso.
Conclusione: il cristianesimo, nella misura in cui era una nuova religione, fu fondato da una scuola di scrittori, oppure più probabilmente da una comunità religiosa molti dei cui membri erano scrittori. Il processo di scrittura fu probabilmente intrecciato con eventi specifici e/o esperienze religiose - una materia che necessita di ulteriore ricerca.
...
La Verità della Scrittura
Le persone hanno misti sentimenti intorno all'arte, scrittura, librerie e librari, e ciò è vero anche delle persone religiose. I cristiani attraverso i secoli si sono sforzati di comprendere Dio e Gesù e un'espiazione, ed è anche stato una lotta sapere dove le scuole e gli scrittori si adattino all'interno della presenza attiva di Dio. L'idea che il cristianesimo fu fondato da una comunità che era significativamente orientata verso la scrittura potrebbe sembrare strana oppure dissonante. Il cristianesimo è a volte diffidente che l'enfasi sulla scrittura esalterà l'abilità della letteratura e dell'intelletto superficiale (compreso il legalismo) al di sopra dei supremi valori di amore e giustizia. Come lo racconta il Nuovo Testamento, Gesù non pose mai una penna su un foglio. Il Sinedrio considerava i turbolenti discepoli come illetterati (Atti 4.13). E, come già menzionato, Luca non menziona mai che Paolo scrisse una parola. La sola volta che Luca connette Paolo al processo della scrittura è per dire che lui stava trasportando lettere (epistolae) dal sommo sacerdote - lettere relative alla morte (Atti 9.2). Gli scrittori possono significare turbamento. Alcune persone disprezzano i librai. Platone bandì i poeti dalla sua Repubblica ideale. È stato detto che Pancho Villa costruì la sua rivoluzione sulla solida roccia dell'ignoranza. Le immagini del falegname, dei pescatori, e del fabbricante di tenda suggeriscono una rudezza lontana dalla retorica della scrittura ma vicina al vivere onesto, vicino alla rudezza della croce.
Tuttavia la scrittura ha il suo posto. Se il cristianesimo è circa il bene nelle cose, compreso la presenza di Dio nei corpi umani, allora Dio e il bene sono anche presenti in altre cose umane, compreso la scrittura - la quale, prossima al linguaggio, è quasi una caratteristica distintiva dell'umanità; è linguaggio in un'altra forma. Sebbene i corpi possono abusare, essi rimangono essenzialmente bene, e così pure il linguaggio e la scrittura. Non è sorprendente allora che, nonostante la sua cautela, il cristianesimo impreziosisce la scrittura. Realizza che le parole e le pagine possono veicolare oppure far rivivere un messaggio, perfino un messaggio che aiuta a portare nel regno di Dio. E il cristianesimo è stato profondamente coinvolto nello sviluppo della scrittura - dall'apparizione del codex, per illustrare il Libro di Kells, per promuovere la letteratura in parti distanti del mondo (Gamble 1995; Stroumsa 1998). Mentre l'esagerazione dell'intelletto e della scrittura è sempre un rischio, la crescita salutare dell'intelletto e della scrittura è una benedizione, e, come osservato per esempio nel ruolo da esso giocata nella comunità gesuita dell'Università di El Salvador attorno al tempo delle uccisioni (Dicembre 1980), lo studio e la scrittura formano un raggio di speranza.
Ad un bilancio, perciò, l'azione di una comunità nell'assumere la loro antica eredità, la loro antica narrazione, e trasformandola, attraverso la scrittura, in una nuova eredità, un nuovo patto, potrebbe essere audace, potrebbe aver posto la creatività a nuovi limiti, ma il ruolo centrale della scrittura è non in sè stesso qualcosa di negativo. La questione non è se la scrittura fosse centrale, ma se il messaggio di quella scrittura fosse vero.
La scrittura al suo meglio veicola verità, perfino se lo fa attraverso un racconto. Un giorno, non molto tempo dopo che Davide aveva commesso adulterio ed effettivamente uccise il marito della donna, Nathan il profeta giunse e gli raccontò un racconto che suonava distante circa due uoini ed alcuni animali. Davide ascoltò, e nell'ascolto gli fu finalmente messo di fronte la verità della sua stessa vita (2 Sam. 12.1-15). E quando un uomo di legge interrogò Gesù sull'identità del suo prossimo, Gesù gli raccontò una storia (Luca 10.29-37).
Il punto è ben risaputo; le storie possono veicolare verità, e spesso fanno così assai più efficacemente dei fatti della Storia. I fatti potrebbero invero essere fatti, a essi sono spesso così disgiunti e logori da comunicare quasi nulla. Tuttavia, come mia sorelle mi ricordò di recente - la stessa sorella la cui infantile lettura fu una volta un oggetto di tale meraviglia per me - la grande scrittura, perfino se è un'opera dell'immaginazione, può raggiungere il cuore.
Al pari della parola ´fiction`, la parola ´immaginazione` è ambigua; può suggerire cosa è irreale, come immaginare che la luna sia fatta di formaggio verde. Ma, come mostrano le parabole, l'immaginazione può anche essere una guida alla verità. Può scegliere immagini e storie riempite di immagini che pervengono al cuore della verità. È spesso più efficace dell'analisi astratta oppure fattuale, e può operare mediante diverse forme di scrittura, specialmente mediante
poesia fantasiosa, prosa immaginifica, e scrittura immaginativa.
Immagini e parole che emergono dal più profondo livello di esperienza non sono solo segni. Portano la realtà in essere. Nelle parole di Catherine Hilkert, ´incarnano` la realtà:
Le parole umane pronunciate dal centro di noi stessi... permettono ad una più profonda dimensione della realtà di emergere. Quelle... parole non sono meramente segni che puntano ad una realtà che esiste indipendentemente della nomina. Piuttosto, in una maniera pubblica, consapevole, storica, quelle parole ´incarnano` la più profonda realtà spirituale da cui esse emergono. Le parole primordiali diventano sacramenti - funzionano come simboli che permettono ad un mistero più profondo, all'offerta della grazia, di diventare più concretamente presenti e disponibili nell'esistenza umana (Hilkert 1997: 33).
Questo processo con cui le parole portano la realtà in essere è connessa in qualche modo allo stesso principio della Bibbia: le parole portarono il mondo in essere (Gen. 1).
Il punto essenziale è fondamentale. ´Arte`, ´finzione` e ´immaginazione` potrebbero a prima vista suggerire qualcosa di irreale, ma di fatto possono essere le più sicure guide alla più profonda verità. I racconti di Gesù potrebbero in un senso essere fiction, e potrebbero essere formati da numerosi più antichi racconti, compreso per esempio il racconto della morte di Socrate. Ma l'arte al suo meglio può pervenire al cuore della verità, e i simboli pure a loro volta. La parola ´fiction` è ambigua. Può indicare cosa è non vero; ma può anche riferirsi ad una scrittura che, sebbene non storica, è una lacerante descrizione della realtà, della verità radicale, e i vangeli sono un supremo esempio di una tale scrittura.

(Beyond the Quest for the Historical Jesus, Memoir of a Discovery, pag. 182-196, mia libera traduzione e mia enfasi)

domenica 19 aprile 2015

Edwin Johnson sul dilemma posto dal Più Antico Vangelo

CONTROVERSIE:  Importanti dispute su oggetti che i teologi di sette diverse si contendono. Agli occhi degli uomini carnali, si tratta di sciocchezze indegne di preoccupare animali ragionevoli. In fondo, però, tali dispute sono utilissime alla Chiesa militante che in questo modo si tiene in esercizio e alimenta negli animi santi ostilità vantaggiosissime al clero.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)

Edwin Johnson, l'autore di Antiqua Mater, è quello, tra i Critici Radicali, che più di tutti gli altri ha scoperto la natura del vero problema in ogni scientifica ricerca delle vere origini cristiane.

 Si tratta del medesimo problema che ero arrivato a toccare qui, sia pure indipendentemente con i miei logori strumenti ermeneutici. Ma ora lo ripropongo usando le stesse parole di Johnson.
Rimane fino a questo giorno un problema se quel che Tertulliano chiama 'mio Vangelo', 'mio Cristo', 'mio Gesù', oppure il Vangelo secondo i Marcioniti, che negavano il profetico adombramento del loro Gesù, fosse la più antica concezione nel mondo. Il soggetto sembra senza speranza oscuro; e forse nient'altra conclusione può essere raggiunta, salvo quella generale, che cioè il cristianesimo ecclesiastico dal tempo di Tertulliano prese la forma di un compromesso tra lo spassionato ideale di innovazione gnostica, il quale incontrò le aspirazioni dei mistici ellenici e romani, e le positive intuizioni dello spirito ebraico.
(Antiqua Mater, pag. 112, mia libera traduzione e mia enfasi)

Ogni cristiano interessato alle Scritture ebraiche, al di là se con legittimo diritto oppure senza alcun diritto nel fare ciò (perchè non veramente ebreo), ha sempre fatto una storica necessità ciò che era solo letto, per di più assai goffamente, nella letteratura sacra precedente. «È scritto. È rivelato. Perciò è accaduto.» Questo sembra essere stato il loro folle tentativo di fabbricare iterativamente un'intera Non-Vita per il loro chimerico Gesù, attingendola a ritroso dalla Septuaginta.

Ne deriva che la più antica ''biografia'' di Gesù, in realtà un sacro dramma liturgico, se togliamo tutto ciò che è copiato dai testi sacri ebraici, prevedeva soltanto, più che una biografia, una mera missione in incognito del Figlio sulla Terra. Ma qual era questa missione? E per conto di chi? Di quale Dio? Del Dio ebraico o di un altro Dio?

Io ritengo più probabile, forte dei sorprendenti risultati della ricerca scientifica più recente, che il più antico dramma liturgico a proposito di Gesù, il più antico protovangelo, al di là se comparso assieme al mito vero o proprio oppure tardivamente solo per istanziarlo sulla Terra a mero scopo didattico degli outsiders, sia frutto di coloro che saranno poi chiamati ''eretici''. O tra gli gnostici oppure tra i marcioniti. Non tra i valentiniani. Non tra i cattolici. Non tra i ''giudeocristiani''.

Il mito più embrionale poteva e doveva essere interamente ebraico. Ma il processo in cui fu istanziato e antropomorfizzato sulla Terra fu inaugurato dagli eretici.

Il geniale Roger Parvus, al di là dei dettagli di mero intrattenimento con cui colora la sua sorprendente ed audace tesi di un'origine simoniana del cristianesimo, ha catturato un punto fondamentale. E cioè che i primi a scrivere una Non-Vita sulla Terra per l'entità Gesù, al di là di cosa fosse o a cosa rimandasse tale misteriosa entità, furono gli «eretici», al di là di chi fossero realmente nelle opinioni specifiche di Parvus (lui pensa simoniani, io penso proto-marcioniti, ovvero i più immediati precursori di Marcione).

L'intenzione, o meglio una delle intenzioni principali, dietro il Più Antico Vangelo sospetto che era la seguente: deridere l'ebraismo.

Quella risata era causticamente aggressiva per i simoniani di Parvus, rivolta com'era nella sua concezione a deridere quegli idioti dei Pilastri.
Ma esistono anche risate amare, ironie intese a mostrare il lato purtroppo drammatico del reale, in quanto inteso a criticarlo radicalmente, a mostrarne per converso l'irrealtà, la tragica inconsistenza. Non è forse tragicamente ironico che gli ebrei nel Più Antico Vangelo, anzi perfino gli stessi discepoli di Gesù, perfino Pietro, non capiscano un tubo di quale Dio fosse in realtà Figlio il Messia che avevano di fronte e dal quale si attendevano così ciecamente il puntuale compimento di una qualunque antica profezia ebraica?

È proprio questo il punto. Perchè inventarsi un sacro dramma liturgico dove la figura degli idioti, degli ottusi, dei ciechi, delle marionette, è recitata fino alla fine proprio dai 12 compagni ebrei di un Messia solo apparentemente umano? Perchè scomodare gli ebrei? Perchè, se gli eretici non avevano vere origini ebraiche, non antropomorfizzavano il loro eroe rivelatore del Vero Dio in tutt'altro contesto, magari in Grecia, in Galazia o nello stesso Ponto da dove proveniva Marcione, così da lasciare in pace gli ebrei?
Chiaramente la risposta è una sola:
quelli eretici stavano reagendo ad un preesistente culto ebraico o tradizione ebraica già infiltratosi nel variegato mondo ellenistico. Desideravano fargli concorrenza sul suo stesso terreno, inglobando, fagocitando e cooptando nel proprio mito i suoi stessi credi, per ribadire la superiorità e il naturale imperio della spiritualità ellenistica (che evidentemente vendeva e attirava di più) rispetto a quella ebraica e/o semiebraica. Per sconfessare una volta per tutte l'odiosa Torah degli ebrei. Sbarazzarsene per sempre. Del dio degli ebrei e perciò pure dell'identità ebraica.

Ne deriva con matematica necessità che, se è vero che le origini del cristianesimo devono essere ebraiche, e se è altrettanto vero che il Più Antico Vangelo, ovvero l'idea stessa introdotta la prima volta di una ''biografia'' per Gesù, fu scritto da marcioniti, allora il più antico culto ebraico di Gesù, per poter essere intravisto nella sua reale ebraicità, dev'essere obbligatoriamente spogliato, volente o nolente, di tutto ciò che fu introdotto sull'onda eretica del Più Antico Vangelo (Mcn).

Il sillogismo andrebbe come segue:

1. Le origini del mito di Gesù sono ebraiche.
2. Ma il Più Antico Vangelo (alla base di tutti gli altri) è Mcn.
3. Perciò l'originario mito ebraico di Gesù prevedeva un Gesù del tutto non-evangelico.

In altre parole, per avere evidenza di un vero antico culto ebraico di Gesù delle origini, l'unica mossa consentita per farlo è spogliare da tutta l'evidenza disponibile ogni dettaglio, credo o ideologia su Gesù nato sulla scorta del Più Antico Vangelo.

Parvus è andato molto vicino a realizzare questo, perchè nelle vicissitudini che opposero ''Simon Mago'' ai ''Pilastri'', per quanto ricostruite all'insegna della fiction e del romanzesco, è riuscito a scorgere la reale drammaticità dell'incontro/scontro tra i primi predicatori ebrei di Gesù (chiunque sia stata tale entità) e gli incombenti cooptatori protognostici dell'idea. L'importante che occorre sapere qui è che della gente arrivò a odiarsi, a scomunicarsi e a maledirsi di puro odio tra loro in nome delle loro idee. Lo ribadisco con caratteri maiuscoli: PURO ODIO.

Se il culto di Gesù serviva a cementificare il senso di appartenenza ad una embrionale comunità di profeti/predicatori/posseduti dallo Spirito, se quindi serviva essenzialmente ad UNIRE in vista della sopravvivenza in un mondo sempre più ostile - e ostile perchè PAGANO - è altrettanto vero che l'incipiente mito gnostico e il suo mettere le mani sul mito originario per cooptarlo serviva essenzialmente a DIVIDERE in vista della spaccatura definitiva con un mondo (semi)ebraico considerato ancora gelosamente ''succube'' della propria Legge.

Paradossalmente, l'enfasi sull'ODIO qui, specie se rivolto contro l'idolatria pagana e un ordine mondiale prossimo alla fine, serviva a UNIRE.
Mentre l'enfasi marcionita sull'AMORE, specie se emanato da un dio straniero, serviva a DIVIDERE.
Tutto il contrario quindi di quel che siamo di solito abituati a pensare, ovvero che l'AMORE UNISCE, mentre l'ODIO DIVIDE. Ma quando ci sono troppo interessi di mezzo, come fu nel Grande Gioco tra le molteplici sette cristiane, le parole perdono il loro apparente significato. Per divenire della stessa materia di cui sono fatti i sogni. E i peggiori incubi.

venerdì 10 aprile 2015

Del perchè le epistole «di Paolo» erano − e sono − così silenti sul Gesù evangelico

EDUCAZIONE CRISTIANA: Consiste nel far contrarre fin dall'infanzia ai piccoli cristiani la salvifica abitudine di sragionare, credere a tutto quello che si dice loro, odiare tutti coloro che non credono in quello in cui credono loro. Il tutto per offrire allo Stato cittadini formati, pieni di buon senso, ragionevoli, tranquilli e soprattutto sottomessi al clero.
(Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Bene, o mio amico, allo stesso modo, tu puoi già considerarti un Critico Radicale di tuo proprio diritto. Tu hai abbandonato il teologico Paese dei Balocchi del letteralismo fondamentalista. Tu sei fiducioso nella tua raffinatezza. Tu ti sei sbarazzato delle cose infantili del tradizionalismo. Ma non così presto! Forse tu sei ancora impegnato completamente nell'inerzia della fede e nella lealtà alla tradizione quando si arriva a certe materie di autenticità e autorevolezza.
Oseresti andare oltre? Sarai tu altrettanto aperto alle scioccanti nuove prospettive come tu lo fosti una volta, comunque con riluttanza all'inizio, quando tu per la prima volta considerasti il Criticismo Radicale? ''Tu conosci gli assicurati risultati del criticismo''. ''Io le ho apprese sin dalla mia giovinezza.'' ''Ti manca una sola cosa. Se vuoi essere perfetto, và e leggi Van Manen''.

(Robert M. Price, parole introduttive finali al A Wave of Hypercriticism, the English Writings of W.C. Manen, edito da Robert Price, 2014, mia libera traduzione)

Ora finalmente riesco a scorgere un pò di luce. Ora intravedo qualcosa della verità, sia pure una minuscola parte della stessa, su qualcosa all'opera circa duemila anni fa che fu molto più grande di me e della mia immaginazione.

Il ''sorprendente silenzio'' di un Gesù storico nelle nostre odiate e amate ''epistole paoline'' si appresta finalmente a trovare la soluzione che cercava da tempi immemorabili.

E come succede quando si scopre la banale verità e nient'altro che la verità, il mistero è che non c'è nessun mistero, nessuna meraviglia o niente che vi rassomigli, nient'altro stupore che non sia quello indotto dal fatto stesso, puro e semplice, quando considerato nella sua più disincantata, materialistica essenza.

Non è vero che le epistole sono silenti su Gesù perchè ignari di un Gesù come quello descritto nei vangeli.

Non è neppure vero uno qualunque dei ''motivi'' apportati finora dai folli apologeti cristiani o complottisti di vario genere per spiegare quel sorprendente silenzio.

Per dirla in termini brutali ma efficaci, quel silenzio sarebbe invero sorprendente se quelle epistole fossero tutte di un solo, unico autore. Un Paolo reale autore di lettere nel I secolo che non parla mai esplicitamente di un Gesù storico sarebbe a dir poco stupefacente. Sarebbe de facto impossibile. E difatti lo è.

Per la semplice ragione che quelle epistole non risalgono affatto al I secolo. Nè furono scritte in un primo tempo da un invididuo di nome Paolo.

Quelle epistole sono trattati teologici, composti e assemblati e collezionati e venduti come ''la Verità'' nel II secolo, nel campo eretico. Marcioniti.

E poichè dunque sia le epistole sia i vangeli videro quasi parallelamente la loro nascita, strettamente le une a ridosso degli altri, così da non poter consentirci di dire quale vangelo precedeva quale lettera (anche se di tutte le lettere che Marcione riuscì a collezionare, assieme al Vangelo, lui fu l'autore almeno di Galati), era pressochè inevitabile che materiale evangelico finisse alluso in un modo o nell'altro nelle epistole e viceversa.

Alluso. E soltanto alluso. Non quotato esplicitamente. Non brandito all'ipse dixit maniera.

Perchè i vangeli, diversamente dalle lettere, non meritavano ancora - e per tutto il tempo in cu il nome di Paolo doveva servire a sigillare la Verità, non avrebbero mai meritato - il loro medesimo, autorevole statuto.

Anche se i vangeli mettevano in bocca al loro Gesù ciò che gradivano sentir dire i loro creatori, innanzitutto, il loro Gesù terrestre non aveva ancora attirato su di sè quella forte rivendicazione di verità scritturale che avrebbe conquistato solamente in seguito, troppo evidente era la sua natura fittizia, allegorica, la sua appartenenza di fondo al mondo della fiction, ad uso e consumo dei cristiani meno istruiti. Il nome di ''Paolo'' e di qualche altro grande apostolo (ma quale apostolo poteva mai reggerne il confronto?) serviva per diffondere e propagandare alti concetti teologici, i più essenziali. La funzione dei vangeli era leggermente diversa, ad uso pedagogico delle masse ignoranti.

Ma il Gesù evangelico era avvertito dai molteplici fabbricatori delle epistole come troppo banale, troppo allegorico, troppo fittizio, per essere appellato in quanto foriero di autorità scritturale, perchè ne era sostanzialmente privo. Una lettera di ''Paolo'' non poteva venire accusata di essere una pura invenzione, una pura favola, un racconto senza senso, una pura sciocchezza. Al più si poteva accusare di essere stata orrendamente mutilata, censurata, interpolata, corrotta, in una parola: FALSIFICATA.

Ma un vangelo si prestava assai più facilmente, rispetto ad un'epistola, all'accusa di essere nient'altro che quello che in fondo in fondo, e non a torto, esso fondamentalmente era: una pura invenzione letteraria, una storiella, una favola, una sciocchezza.

Appellarsi al Gesù evangelico in un'epistola non conveniva, perchè avrebbe esposto l'epistola stessa alla stessa facile denuncia sollevata contro il vangelo: le tue parole non hano alcun valore, o ''Paolo'', se ti appelli a favole senza senso (le stesse favole che saranno chiamate vangelo) - perfino se tu fossi Paolo in persona. Così, pressapoco, sarebbe stata la prevedibile reazione di polemici avversari. Così congestionato di dure polemiche e velenose accuse reciproche di falsità e di ciarlataneria era ogni discorso reo di vertere esplicitamente attorno alla presunta verità o meno di un vangelo scritto (al di là se cattolico o ''eretico''), che del Gesù evangelico di turno - e delle sue azioni e dei suoi detti - era meglio, molto meglio, non parlarne, nelle epistole. Appellarsi all'autorità di un vangelo scritto in un'epistola equivaleva ad esporsi fin troppo ingenuamente all'accusa di deliberata volontà di imbonire e truffare la gente - e non c'era alcuna necessità di ridurre la più sofisticata propaganda teologica a meri insulti reciproci. I vangeli, a causa della loro evidente natura fittizia - la gente non era mica così scema come pensi, caro lettore - erano esclusi da ogni seria trattazione di alte verità teologiche, specie se fatta da intellettuali (e i veri inventori delle epistole lo erano) perchè erano divenuti altamente controversi e carichi di sospetto fin dalla loro prima apparizione al mondo.

E così Stuart Waugh mi ha fatto cambiare idea, illustrandomi in una luce totalmente diversa l'apparente silenzio di un Gesù evangelico nelle epistole. Ecco tradotta la sua risposta ad un mio quesito.
Perfino studiosi radicali come Price hanno difficoltà a far cadere l'idea dei vangeli contenenti qualche sorta di informazioni biografiche. Ma Price non è poi così lontano dalla mia posizione, solo che io non vedo altrettanto probabile  che Marcione non possedeva un vangelo - questa posizione vorrei notare è opposta a quella di Markus Vinzent che sostiene che Marcione è l'autore del vangelo.

I vangeli ci raccontano la teologia degli scrittori. Hanno posto i concetti più importanti nella bocca di Gesù come detti. In questo Price è completamente corretto. E spero che, se non altro le mie letture comparative dei vangeli rendano chiaro questo punto.

La mia opinione è che la maggior parte delle epistole paoline erano trattati senza nome da diversi scrittori nel campo eretico. Erano raccolte insieme e avevano ricevuto il titolo di Paolo. Credo che la collezione prese luogo in almeno due forme durante la fase marcionita, e in almeno altre due nella fase cattolica (è una spiegazione complicata basata sul titolo e forme introduttive dei libri stessi nonché sull'ordine di lettura del manoscritto). È mia convinzione che Marcione raccolse l'Apostolikon, senza Galati, e il suo Vangelo quasi allo stesso tempo. Questo da solo potrebbe spiegare l'interazione minima.

I vangeli credo fossero qualcosa come drammi in origine, cioè  drammi recitati. La maggior parte delle persone erano analfabete, e un draamma recitato era come comprendevano i punti chiave della loro religione. Sembra che quasi tutti i culti li avevano. Che le epistole hanno poco interazione con loro indica che i vangeli non erano visti come la Scrittura per se nei primi anni dagli scrittori di epistole, non che fossero sconosciuti. Le epistole si concentravano su punti teologici e distinguono la setta dello scrittore da altre sette. È difficile non notare le polemiche in quasi tutte.

Ebrei è uno strano uccello. Si tratta di un testo composito di simile materiale tematico - Pensa ad esso come ad una più piccola "palla di neve" di diciamo Isaia. Era sconosciuta prima del 3° secolo e sembra essere correlata ad una setta di cristiani adozionisti. E chiaramente giunse assieme dopo i vangeli, e condividere molto vocabolario con Luca-Atti (anch'egli un autore adozionista). Che non cita i vangeli ci dice di più circa il basso livello di riverenza dei vangeli di ogni altra cosa. Solo 1 Giovanni fa un forte riferimento al vangelo di Giovanni, e più in tema. La maggior parte delle epistole cattoliche sono trattati essenzialmente politici che martellano sugli a"eretici" che si oppongono alla setta degli scrittori.

Il problema che hanno i miticisti  è che stanno cercando così duramente di mettere tutto nelle lenti del miticismo che spesso non riescono a esaminare altre spiegazioni per i fenomeni che vedono nelle epistole. La mancanza di una significativa citazione dei vangeli indica meno che non li conoscevano del fatto che non li tenevano come autorevoli. Questo è il motivo per cui mi rifiuto di venir tirato nel  dibattito di Gesù mitico versus storico; quel dibattito mette i paraocchi ai tuoi studi.

Per quanto mi riguarda, nel caso di Marcione, salvo 1 Corinzi 15:1-4 (in forma marcionita), vi è un minimo contatto, perché la collezione e i vangeli sono della stessa epoca. E poiché Marcione vide i vangeli, come probabilmente tutti i cristiani a quel tempo, come storia allegorica che comunicano  verità non scritturali, tranne il punto della croce e della risurrezione.
E non si creda che la mia si tratti di un'ipotesi ad hoc, svincolata dal contesto, perchè io possiedo davvero vera evidenza a favore della bontà di quanto detto, e quell'evidenza è storica e accademica insieme.
''Ma Cristo – se Egli è nato veramente, ed esiste da qualche parte - è sconosciuto, e non lo sa neanche Lui stesso, e non ha alcun potere finché Elia non venga ad ungerLo, e renderLo noto a tutti. E tu, avendo accettato un racconto senza fondamento, inventi un Cristo per voi stessi, e per lui perite sconsideratamente.'' (mia enfasi, Giustino, Dialogo con l'ebreo Trifone 8.3.4)
Così il prof Markus Vinzent:
Trifone è critico del racconto di Giustino e vede nella sua scelta un rinnegamento di Dio ed un riporre la fiducia in un uomo. Per giunta, il Trifone di Giustino ora si lancia in una critica che è non un attacco al racconto di Giustino del messaggio del vecchio uomo, ma, come vedremo, la critica di una forma marcionita dell'ebraismo. Trifone non rigetta il discorso dell'uomo vecchio, che era nato, esistito e bisognò dell'approvazione del profeta Elia per ungerlo e renderlo manifesto, ma l'invenzione di un Cristo, basato su 'vuote favole, o parole prive di alcun fondamento', di qui un Cristo scollegato dalle Scritture ebraiche, non predicato dai Profeti, ma approvato da inventate narrazioni. Il dialogo si dispiega tra Trifone e Giustino dopo una breve considerazione sulla ''guerra che imperversava in Giudea''. Se o no Giustino riporta dati storici, la sua narrazione riflette l'argomento che il 'cosiddetto Vangelo' che Trifone aveva letto era considerato come fiction e letteratura.
(Marcion and the Dating, p. 44, mia libera traduzione e mia enfasi)

Visto? Non appena il folle apologeta proto-cattolico Giustino parla di un Gesù evangelico, urta la suscettibilità del suo fittizio polemico interlocutore ebreo, Trifone. Il suo unico errore agli occhi di Trifone? Non quello di prospettare la prima volta ad un ebreo la menzione di un Gesù sceso sulla Terra, ma piuttosto rammentare al suo orecchio l'eco furibondo e sinistro delle innumerevoli controversie sorte fin dalla prima ora attorno al vangelo, attorno ai vangeli: favole ingannevoli, nel caso peggiore, racconti puramente allegorici ad uso didattico delle masse ignoranti, nel caso migliore. Non ''Storia ricordata''. O meglio, non ancora considerata tale (per quello essere considerato tale, occorreva aspettare ancora, quando la storicizzazione del Gesù mitologico sulla Terra avrebbe oramai raggiunto il punto di non-ritorno, una volta unitosi al processo pure i folli pagani, come Celso).

Il mio congedo dai miticisti alla Doherty-Carrier non può essere più netto.

domenica 5 aprile 2015

“Figlio di Yahweh” ??? Cosa significa che il Vangelo di Marcione fu il Più Antico Vangelo

“O meraviglia delle meraviglie,
estasi, forza e stupore
che non si possa dire nulla sul Vangelo,
nemmeno dire qualcosa su di esso,
nemmeno paragonarlo a nulla!

Inizio del Vangelo di Gesù Cristo.
Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare,
mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea,
quando Gesù scese dall'alto,
apparve
e iniziò a insegnare nella sinagoga. . . .”
 (Il Vangelo, 1:1-3)
ASSURDITÀ: Non possono esistere nella religione, che è opera del verbo o della religione divina che, come è noto, non ha niente in comune con la ragione umana. Gli increduli pensano di scorgere assurdità nel cristianesimo solo per mancanza di fede; e non avere fede è probabilmente il culmine dell'assurdità. Per non scorgere le assurdità del cristianesimo, bisogna essere assuefatti dall'infanzia e non addentrarsi mai in profonde analisi. Più una cosa è assurda agli occhi della ragione umana, più è conveniente alla ragione divina o alla religione.    (Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
 «Sono certo che nel mondo c'è troppa certezza»
(Michael Crichton)
Molti lettori di questo modesto blog mi chiedono perchè son così attirato dal fatto che Mcn (il Vangelo di Marcione) sia il Più Antico Vangelo scritto, del quale tutti gli altri costituiscono reazioni.
E si domandano giustamente quali sarebbero le conseguenze, una volta riconosciuta con me quella fondamentale premessa della priorità temporale di Mcn.
Voglio offrire a questi lettori un illuminante esempio di cosa significhi per me tutto questo.
Userò a tal scopo le parole del PhD Michael Vicko Zolondek, autore di questa tesi pubblicata online We Have Found the Messiah: The Twelve and the Historical Jesus’ Davidic Messiahship (Università di Edimburgo, 2013), di sicuro unPhD della stessa stregua del folle apologeta cattolico Federico Adinolfi, che si prestano ottimamente a dare un piccolo assaggio della profonda rivoluzione in corso nella nostra percezione del Passato Reale (che non sarà più come prima).
Scrive Zolondek:
L'ipotesi che Gesù fu una figura messianica davidica spiega l'intercorso tra Gesù e i Dodici plausibilmente ed economicamente. Essa fornisce una chiara spiegazione riguardo a perchè Gesù stava facendo e dicendo potenziali cose messianiche. Una figura messianica davidica farebbe e direbbe piuttosto ovviamente il genere di cose in linea con quel ruolo.
...
L'ipotesi che io ho esposto sopra è ovviamente non la sola disponibile, in quanto si poteva tentare di spiegare l'intercorso tra Gesù e i Dodici con l'ipotesi che Gesù non fosse una misura messianica davidica.
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Sebbene l'ipotesi alternativa spiega l'intercorso tra Gesù e i Dodici, ci sono quattro ragioni perchè io preferisco la prima ipotesi a quest'alternativa.
...
Quarto, e questo è per sinceramente la mia ragione più soggettiva per preferire la prima ipotesi, io non mi sento confortato dal livello di speciale giustificazione che io sento è richiesto dalla seconda ipotesi. Sembra a me che si sta essenzialmente dicendo, ‘Si, Gesù fece e disse cose potenzialmente messianiche per tutta la sua predicazione; sì, i Dodici videro lui come il Messia Davidico a causa di quello che lui stava dicendo e facendo; sì, Gesù continuò a fare e dire cose potenzialmente messianiche; sì, i Dodici mantennero la loro fede in Gesù come il Messia Davidico; e sì, Gesù fu crocifisso come un pretendente regale. Ma . . ..

Io semplicemente non sarei confortato da questa specie di ragionamento. Io mi sentirei come se stessi spiegando via i dati piuttosto che semplicemente spiegando i dati.  Quinto, ed infine, ipotizzare che Gesù non fu una figura messianica davidica richiederebbe di approvare un'ipotesi che rassomiglia fin troppo strettamente ad un film di Monty Python, e sto solo apparentemente scherzando. Io penso qui alla Life of Brian di Monty Python, in cui il personaggio principale, Brian, viene scambiato per una figura messianica (davidiva?), perfino se lui non assunse mai quella parte, agisce in modi che la folla interpreta come messianiche, perfino se questo non era sua intenzione, ed è condannato come un pretendente regale, perfino se non lo era. Ogni ipotesi che fa rassomigliare la mia opera storica strettamente a qualcosa partorita dalle menti di Monty Python è un'ipotesi che io gradirei evitare! È per tutte quelle ragioni che io sono convinto che la prima ipotesi sia l'ipotesi preferibile.

(pag. 185-190, mia libera traduzione, corsivo originale, mia sottolineatura)

Notate l'eccessiva sicurezza che il folle apologeta pone in quelle parole (forse sono troppo ingeneroso a qualificarlo suo malgrado come tale per questo soltanto, perchè di certo non si è mica macchiato della diffusione di certe autentiche stronzate campate in aria simili a queste, e anzi la sua chiarezza è un enorme contributo alla discussione) eppure, alla luce delle sue premesse (collocandosi sotto il vecchio paradigma tradizionale che vuole Marco il Più Antico Vangelo) non si può dar lui mica tanto torto se inferisce esattamente quelle conclusioni e non altre: che Gesù nel Più Antico Vangelo scritto (supposto essere Marco) si pensò ed era pensato dai suoi discepoli in piena coscienza essere - e non apparire meramente - il Messia Davidico.

Ma se accetti Mcn come il Più Antico Vangelo cambia tutto.

Perchè vorrà dire che le peggiori paure dell'apologeta Zolondek si realizzano, ovvero l'esatto contrario di ciò che ha voluto dimostrare nella sua tesi. La lettura più spontanea del Più Antico Vangelo (nel caso questo fosse Mcn e non più Marco) porta a sollevare proprio quell'inquietante e sconvolgente - Marcione direbbe antitetico - interrogativo:
‘Sì, Gesù fece e disse cose potenzialmente messianiche per tutta la sua predicazione; sì, i Dodici videro lui come il Messia Davidico a causa di quello che lui stava dicendo e facendo; sì, Gesù continuò a fare e dire cose potenzialmente messianiche; sì, i Dodici mantennero la loro fede in Gesù come il Messia Davidico; e sì, Gesù fu crocifisso come un pretendente regale. Ma . . .’
Notate  la luminosità intrinseca di quel ''Ma...'' avversativo.
Gesù sembra questo, sembra quello, MA . . .   Sta al lettore di Mcn completare con estrema facilità quella frase incompiuta, colmando quella lacuna: . . . MA Gesù non è veramente questo, non è veramente quello. In altre parole, Gesù sembra ma non è in realtà il Messia Davidico nel Più Antico Vangelo (Mcn), anzi non è affatto Figlio di YHWH.

Ne deriva che se altri vangeli furono scritti dopo Mcn ed in reazione a Mcn, il loro intento principale fu il più ridicolo intento proto-ortodosso e apologetico che si possa mai immaginare a memoria d'uomo: RIBADIRE, REITERARE, RIAFFERMARE, RECLAMARE, RIVENDICARE, INSISTERE CHE NO, NON È VERO CHE GESÙ NON FU IL MESSIA DEGLI EBREI, LUI FU VERAMENTE DAVIDICO, LUI FU VERAMENTE EBREO, LUI FU VERAMENTE ''NELLA CARNE'', LUI FU VERAMENTE CIÒ CHE SEMBRÒ ESSERE. I nostri quattro vangeli protocattolici (Marco, Matteo) o cattolicizzati a forza (Luca e Giovanni) presentano la stessa litania di parole che oggi ripetono a squarciagola i folli apologeti cristiani. Si prenda Marco, considerato erroneamente da alcuni come un vangelo non protocattolico quando in realtà è cattolico fino al midollo. Sia che gli si faccia dire a Marco il seguente messaggio:

i discepoli di Gesù sono così idioti da non comprendere per nulla che Gesù è il Messia Davidico;

...oppure una leggera variante del medesimo leit motiv:

i discepoli di Gesù sono così idioti da non riconoscere che Gesù, OLTRE AD essere il Messia Davidico, era anche qualcosa di più;

...la mira protocattolica dietro Marco è sempre quella essenzialmente di correggere il messaggio veicolato dal Più Antico Vangelo, Mcn, ossia che:

 i discepoli di Gesù furono così idioti da non accorgersi che egli non solo NON era il Messia Davidico, ma non aveva un cazzo a che fare con YHWH.

Passando dalla letteratura alla ricostruzione del Passato Reale, quindi, la priorità di Mcn minaccia di mettere in DUBBIO le nostre certezze su quale fosse stata la più antica, originaria concezione cristiana di ''Gesù'' rispetto al dio degli ebrei e alla definizione ebraica di messia degli ebrei: Gesù fu creduto AB ORIGINE il Messia Davidico, il Messia del dio degli ebrei, il Mashiach ebraico, il Figlio di YHWH ? ???
Con la letteratura marcionita - Mcn e le lettere di ''Paolo'' - intesa a negare ed eclissare eventualmente questa concezione più antica? Oppure Gesù fu fin dall'inizio concepito come il Messia sì, ma di un altro Dio, di un Dio distinto e addirittura ostile al dio degli ebrei? Con la letteratura marcionita il naturale sbocco letterario di questa più originaria concezione?

In altre parole: i marcioniti, per quanto inventori di Mcn, il Più Antico Vangelo, erano i veri originali ''cristiani'' oppure erano solo usurpatori giudeo-ellenistici di idee, simboli e concetti di legittima proprietà di un semi-oscuro culto embrionale riconoscibilmente cristiano (nonostante ancora privo di un qualsiasi vangelo scritto) già preesistente all'interno dell'ebraismo? Il fatto puro e semplice della priorità di Mcn implica una continuità o discontinuità di vedute con l'originario movimento cristiano?

Questo è il grande interrogativo sollevato dalla priorità di Mcn, e nessuno più può reprimerlo, a questo punto, a meno che non sia un bastardo, demente ignorante, o peggio ancora un pericoloso oscurantista con una malcelata agenda religiosa alle spalle, in una parola: un folle apologeta cristiano.

sabato 4 aprile 2015

Le Vere Origini del Mito Cristiano


ISTRUZIONI CRISTIANE: Consistono nel raccontare sacre favole e nel combattere la ragione dei fedeli da istruire. Queste sublimi funzioni appartengono esclusivamente al clero che gode del diritto divino di rendere i popoli sufficientemente imbecilli e pazzi per soddisfare i loro interessi. 
 (Il Libero Pensatore Paul Heinrich Dietrich, barone d'Holbach, La théologie portative, 1768)
Il cristianesimo, pur avendo radici ebraiche, arrivò dopo, non prima, in Israele. Gesù, gli apostoli e Paolo non sono mai esistiti. Tutta la letteratura sacra cristiana, tranne il primo strato dell'Apocalisse, risale al II secolo e fu prodotta da ebrei fortemente ellenizzati della Diaspora, non dagli ebrei meno ellenizzati di Israele. Furono i primi, non i secondi, ad inventare e storicizzare gradualmente la figura non-storica nota come ''Gesù detto Cristo'' e a retrodatarla nell'Israele pre-70, sulla solida ''roccia'' ebraica. Quando il cristianesimo infine arrivò in Israele, i veri ebrei non potevano che considerarla come una religione del tutto fredda, aliena, estranea, in altre parole: soltanto l'ennesimo tentativo ellenistico di invadere e corrompere Israele.

Così, un giorno ti svegli, e cerchi di immaginare come andarono veramente le cose:

70 E.C. L'assedio, un costante, duro attacco gravato quattro anni sulla popolazione ebraica da parte degli eserciti dell'Impero Romano di stanza in Giudea (ora Israele), si conclude con l'annientamento di una nazione e di un popolo. La distruzione e il saccheggio del loro singolo, grande luogo santo, il loro tempio imponente, il loro punto di conforto, di orgoglio, una casa simbolica sulla terra per la loro strana e particolare mitologia ... in un attimo tutto è andato, svanito, evaporato; no, peggio ancora, tutto è incrinato, rotto, insanguinato, violentato, schiavizzato, mortificato, annichilito. E tutte le tribù di Israele ora ridotte alla schiavitù di un Impero che insieme disprezzavano e temevano.

 
70 E.C. Quella grande crisi sprigiona idee che fino a quel tempo si erano limitate a restare ai margini, se coltivate del tutto. Vengo a sapere da Flavio Giuseppe e da Tacito dei prodigi  testimoniati prima della Caduta del Tempio.
S'eran verificati dei prodigi; prodigi che quel popolo, schiavo della superstizione ma avverso alle pratiche religiose, non ha il potere di scongiurare, con sacrifici e preghiere. Si videro in cielo scontri di eserciti e sfolgorio di armi e, per improvviso ardere di nubi, illuminarsi il tempio. S'aprirono di colpo le porte del santuario e fu udita una voce sovrumana annunciare: «Gli dèi se ne vanno!» e intanto s'avvertì un gran movimento, come di esseri che partono. Ma pochi ricavavano motivi di paura; valeva per i più la convinzione profonda di quanto contenuto negli antichi scritti dei sacerdoti, che proprio in quel tempo l'Oriente avrebbe mostrato la sua forza e uomini venuti dalla Giudea si sarebbero impadroniti del mondo. Questa oscura profezia annunciava Vespasiano e Tito, ma il volgo, come sempre sollecitato dalla propria attesa, incapace di fare i conti con la realtà anche nei momenti più difficili, interpretava a suo favore un destino così glorioso.
(Tacito, Storie, V, 13)
Non bastò la Prima Guerra Giudaica a stradicare quelle speranze apocalittiche e messianiche, tantomeno l'opportunistica attribuzione del titolo di Messia all'imperatore vincitore sul campo.
Si doveva aspettare la Seconda Guerra Giudaica per il totale annichilimento di quell'antico fervore, con la Terza Guerra Giudaica come mero effetto collaterale innescata da cause ben più prosaiche e non religiose.
Il Libro dell'Apocalisse, scritto probabilmente nel suo primo strato ebraico intorno al 95 E.C., prova l'esistenza di questo intenso fervore messianico-apocalittico e la sua inquietante evoluzione in una nuova forma. Ma prima ancora dell'Apocalisse, Flavio Giuseppe e Tacito già confermano la STESSA profonda certezza di tutti gli ebrei, dentro e fuori Israele, di quel tempo: un punto che va enfatizzato e sottolineato al massimo.

È estremamente importante comprendere che gli ebrei aspettavano con bramosa smania di vendetta il loro PROFETIZZATO Cristo esattamente nei fatidici e cruciali anni 66-70 E.C. Il Messia davidico ebraico PROFETIZZATO nelle Scritture era creduto REALMENTE VIVO dalla stragrande maggioranza degli ebrei (perfino dagli ebrei della Diaspora) durante la ribellione di Israele contro Roma avvenuta nel 66-70 E.C. E oltre che vivo, atteso da un momento all'altro, SUL PUNTO di uscire allo scoperto e di manifestarsi in tutta la sua potenza. Il messia davidico era NATO, era VIVO, era ADULTO e dunque prossimo ad uscire dall'ombra per cingere la corona che gli spettava per diritto divino. Potevano esserci divergenze qualora alcuni ebrei fossero tanto audaci da già scommettere su questo o quel candidato specifico, ma al di là delle singole preferenze sovrastava unica e sola la profonda fiducia nel fatidico, imminente realizzarsi delle profezie sul Messia Liberatore: solo ai fatti restava il compito di confermare CHI fosse veramente il Messia, TRA tutti gli ebrei di quel periodo.
Ma quello che maggiormente li incitò alla guerra fu un'ambigua profezia, ritrovata ugualmente nelle sacre scritture, secondo cui in quel tempo uno proveniente dal loro paese sarebbe diventato il dominatore del mondo. Questa essi la intesero come se alludesse a un loro connazionale, e molti sapienti si sbagliarono nella sua interpretazione, mentre la profezia in realtà si riferiva al dominio di Vespasiano, acclamato imperatore in Giudea. Tutto ciò sta a dimostrare che gli uomini non possono sfuggire al loro destino nemmeno se lo prevedono. Così i giudei alcuni presagi li interpretarono come a loro faceva piacere, altri non li considerarono, finché la rovina della patria e il loro sterminio non misero in chiaro la loro stoltezza.
(Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica 6.5.4)

Lo stesso Svetonio ammise che la speranza messianica era un credo RADICATO oramai da tempo e soprattutto, per TUTTO L'ORIENTE. Dovunque c'erano due o più ebrei raccolti nell'Impero romano, quella speranza germinava nelle loro menti.
Tutto l'Oriente credeva, per antica e costante tradizione, che il destino riservasse il dominio del mondo a gente venuta dalla Giudea a quel tempo. Applicando a se stessi questa profezia, che riguardava invece un generale romano, come gli eventi successivi dimostrarono, i Giudei si ribellarono, misero a morte il loro procuratore e volsero anche in fuga, dopo essersi impossessati di un'aquila, il legato consolare di Siria che arrivava con i soccorsi.
(Svetonio, Vita di Vespasiano, 5)
Dopo la Prima Guerra Giudaica del 66-70 E.C., Il Messia NON si manifestò e il Tempio ebraico, e con esso Gerusalemme, fu distrutto dai romani.
 
Gli ebrei collaborazionisti col nemico, come Flavio Giuseppe, cercarono come potevano di persuadere i loro contemporanei, se non della quasi provocatoria identificazione del Messia con l'imperatore romano, quantomeno della realizzazione di ben'altra profezia, quella che voleva ancora una volta Dio adirato col suo Israele per avere il popolo, trascinato dagli zeloti, infierito sugli innocenti e sugli inermi.
Chi ignora ciò che fu scritto dagli antichi profeti, e l'oracolo che incombe su questa misera città e che sta ormai per avverarsi? Predissero che essa sarebbe stata espugnata quando qualcuno avesse cominciato a far strage dei suoi connazionali.
La città e il tempio intero non sono ora ricolmi dei cadaveri delle vostre vittime? E’ il Dio, è certamente il Dio in persona che insieme coi romani vi porta il fuoco purificatore e distrugge la città con il suo enorme carico di nefandezze.

(Flavio Giuseppe, Guerra Giudaica, 6.1.2)
Due certezze si fusero tra loro, come estrema, radicale teodicea che spiegasse l'origine del MALE:

1) la certezza, fino al limite dell'inganno e dell'auto-inganno, che il Messia era VIVO durante gli anni 66-70.

2) la tragica realtà che Dio aveva punito i ribelli per via della loro crudeltà sfogata contro gli stessi ebrei.

Quindi sembra davvero probabile, alla luce del FATTO puro, semplice e definitivo che il Libro dell'Apocalisse risale al 95 E.C. (un FATTO che necessita di una spiegazione), che quelli ebrei o semi-ebrei che per qualsiasi ragione di sorta non si facevano più illusioni sulla bontà della vecchia gerarchia sacerdotale dell'establishment e d'altro canto neppure si rassegnavano di buon grado ad accettare nel loro animo la sottomissione all'arrogante vincitore pagano, avessero mostrato una piuttosto intensa riflessione spirituale, foriera dei più imprevedibili e originali risultati, al risveglio della coscienza.

Lascia allora che delle voci si diffusero di un Messia che doveva soffrire, e solo dopo trionfare.
Di un Messia che era già apparso e che tutti sentivano fosse già apparso. Di un Messia che aveva già subìto tutto quello che fu predetto dai profeti. Tutte queste voci non avrebbero riscosso un relativamente ampio seguito all'istante, dato il momento e dato il dramma e la minaccia profilatosi dell'estinzione imminente di un'intera civiltà sull'orlo del collasso più irrimediabile?


L'originario culto ''cristiano'' - che di cristiano ancora non aveva nulla - cominciò quando si diffusero le voci che volevano il Messia UCCISO dalla stessa corrotta GERUSALEMME che aveva attirato, così facendo, su di sè il Disastro del 70. Non si trattava ancora del Messia davidico. Quel Messia sarebbe dovuto arrivare da vincitore ancora nell'imminente futuro. Il Messia assassinato era il Messia bar Joseph, della cui morte, espiatrice dei peccati di Israele, proprio a ridosso del 70 si speculava.

Questo è documentato.


Sommario. L'autore rivede la frequente affermazione che la morte del Messia ben Joseph non ha significato espiatorio. Un esame della letteratura rabbinica dalla Rinascita all'epoca del tempio, e una considerazione dello sfondo concettuale della morte espiatoria nel medioriente, suggerisce che questa vista è errata, e che la morte del Messia Ben Joseph fu invero vista come un'espiazione in ogni periodo. 

 Lo stesso studioso ebreo ritiene che l'evidenza del credo in un Messia ben Joseph sofferente e distinto da un vincitore Messia ben David risalga già alla metà del I secolo.

La comunità ebraica dietro l'Apocalisse si distinse dalle altre allorchè compì un altro, cruciale passo: intravide (o eclissò) il sofferente Messia ben Joseph dietro lo stesso, ancora venturo, Messia ben David. E confermandone la ''presenza'' nelle stesse costellazioni astrali, non esitò ad elevarne la figura alle stesse celestiali e metafisiche altezze.

Quello che propongo dunque è la più radicale delle ricostruzioni miticiste, e tuttavia la più semplice e quella con meno ipotesi gratuite.

L'originario culto cristiano cominciò quando una storia si diffuse che gli EBREI DI GERUSALEMME uccisero il Figlio di Dio DOPO che scese giù dal cielo.

L'INTERO CANONE DEL NUOVO TESTAMENTO, il mito di Gesù e i culti relativi furono composti e iniziati DOPO la Caduta del Tempio ebraico nel 70 E.C. e DOPO che si affermò il mito che gli EBREI di Gerusalemme uccisero il Messia profetizzato nelle Scritture.

I primi ''giudeocristiani'' erano veri Ebrei che CREDEVANO, nella più assoluta assenza di prove, che gli Ebrei di Gerusalemme ASSASSINARONO il Messia davidico DOPO che egli discese dal cielo.

Fu dunque la Caduta del Tempio nel 70 E.C. che provocò l'invenzione del personaggio mitologico chiamato ''Gesù'' assassinato dagli ebrei.

Queste storie su Gesù erano da allora sempre esistite; e le varie sette scisse dell'ebraismo che avevano incontrato l'antica filosofia greca avevano ampliato la loro visione psicologica per includervi la nozione di uno spirito di Dio, "Logos", l'inconoscibile, che era di là di tutte le cose, che divenne tutte le cose. Altre sette flirtavano e si crogiolavano nei culti di Dioniso e Mitra, nel culto dei semidèi, uomini che vennero sulla Terra per insegnarci a vivere, per morire appesi su un albero e poi risorgere, dandoci dono del loro sangue e della loro carne, del vino e del pane, dell'uva e dell'orzo e del grano... Ogni cultura ha avuto questo mito; o quasi. Gli ebrei non lo avevano, ma finirono anch'essi per incorporarlo e farlo proprio. Ai margini.

Allo stesso punto, allo stesso momento, la Storia stava per essere ricordata da dozzine di menti e di mani per tutte le vastità dell'Impero Romano, dall'Egitto fino a Roma stessa e presso ogni principale centro ellenistico nel mezzo - e nessuno, sottolineo NESSUNO, seppe o ricordò o testimoniò anche solo la minima cosa circa un singolo, magico uomo che operò dei miracoli in terra di Giuda.

 Al contrario, brulicavano una moltitudine di notizie sulla varietà di culti misterici e dei folli e raminghi predicatori radicali, che nella sola civiltà ebraica stavano abbandonando già l'ebraismo tradizionale nella direzione sia del Logos - e per di lì, alla Gnosi - che di Dioniso, Adone, Attis e degli altri Semidèi. La maggior parte di essi scomparve semplicemente dalla Storia senza lasciare alcuna traccia di sè, perchè non ne meritavano alcuna. Alcuni altri furono messi a morte. Molti erano perfino chiamati Yeshua, che era un nome piuttosto comune tra gli ebrei dell'epoca.  Il nome di Gesù — un reale nome in Israele — era destinato al nuovo liberatore nella misura in cui rifletteva le più malsopite e recondite speranze di salvezza e di sopravvivenza in un mondo tutt'intorno ostile.

Tre titoli, ''Messia'', ''Giosuè'' e ''Figlio di Dio'', fusi quasi inconsciamente nella nostra mente dopo la tentata cancellazione totale e definitiva di un intero modo di vivere e d'essere, seguita da falsità, falsificazioni, propaganda e invenzioni durate oramai 2000 anni. Tre titoli combinati più tardi in un'allegoria che ha raccontato una storia diversa; la storia dell'estinzione legittima del Vecchio Israele, e della sua sostituzione, preordinata dal Signore, per permettere alla tribù di mutare, trapassare e sopravvivere in una nuova Identità. Che altro si rivelò in realtà se non la nichilistica negazione in marcia dell'antica.

Quando l'antica autorità irradiante i suoi raggi dal Tempio non c'era più, demolita e distrutta, fu possibile per la prima volta alle sette e circoli vari, fino ad allora condannati a debita distanza, di colmare una lacuna, nel crepuscolo delle antiche certezze. "La natura aborre il vuoto", e lo riempie con tutto ciò che è nelle vicinanze.

Un Altro Dio, un Dio Straniero, era destinato nel II secolo ad apparire all'orizzonte per supplire alle deficienze del Creatore dio degli ebrei. Gli dèi che muoiono e risorgono avrebbero presto trovato un rivale a loro straordinariamente sempre più simile, e tuttavia paradossalmente loro mortale nemico.
Le storie dell'Antica Torah sarebbero state avvolte una dopo l'altra nel nuovo testo sacro, per farlo sembrare come se il suo contenuto fosse stato tutto già "ordinato" e "profetizzato", oppure altrimenti ''smentito'' e ''confutato''.

La propaganda richiedeva una letteratura. Questa fu fornita parzialmente dall'amplificazione degli esistenti libri ebrei, come nel caso dell'Insegnamento dei Dodici Apostoli; parzialmente mediante trattati teologici in forma epistolare, come quelli attribuiti a ''Paolo''; e parzialmente convertendo il dramma rituale della crocifissione di Giosuè e resurrezione di Giosuè il Messia - Cristo - nella forma narrativa che assume nei vangeli.

Ma era solo tutto quanto un'intelligente e pervicace riscrittura di antichi miti esistenti, lentamente, attraverso decine di nuovi testi, correggendosi l'un l'altro, sostituendosi uno ogni altro, in rivalità l'un con l'altro, ed eventualmente ridotti a quattro, nella malcelata imitazione dell'unico Più Antico Vangelo, più alcune lettere e nuovo materiale aggiunto, interpolato, falsificato, inventato e venduto come la suprema Rivelazione del Cristo.

Ecco perché non ci sono autori dei ''vangeli''. È per questo che si costruiscono goffamente l'uno sull'altro, avvolgendosi tra loro nella spirale creativa della ripetizione midrashica come un eterno esercizio letterario senza fine e senza posa. Un esercizio mai terminato e a cui è condannato la nostra stessa prospettiva culturale, perchè solo così l'esistenza storica di Gesù può essere presa per garantita: senza quell'esercizio continuo di rielaborazione e riproposizione moderna dello stesso mito e delle fondamenta del mito, Gesù diventerebbe altrettanto mitico o fittizio come Robin Hood e Superman.

Ecco perché nessuno di quei vangeli ha mai convinto e convincerà davvero, perchè tutti loro sono per natura intimamente auto-contraddittori, mera propaganda, commedia religiosa, sacro dramma, non Storia e tantomeno ''Storia ricordata''.

E fino a quel punto, fino al 70 E.C., quando il loro maestoso, prezioso Tempio fu distrutto e saccheggiato, l'argento e gli oggetti religiosi saccheggiati dai soldati romani ... Fino a quel momento, non c'era mai stato nessun “Gesù Cristo.” Nessuna menzione di Pietro, Giacomo e dei 12. Nessuna “Buona Novella”. Nessun Paolo.

Non c'era mai stata nessuna saga, nessun indizio, nessuna Storia ricordata, nessun ricordo o qualcosa di simile ad un ricordo, di una figura chiamata “Gesù Cristo” autore di chissà quali ‘miracoli’ fino a quando la tribù ebraica non fu crudelmente assassinata nel mondo antico nonchè minacciata nella sua stessa esistenza.

L'INTERO Canone e il Mito di Gesù sono invenzioni post 70 E.C.

Se non ci fu nessun reale culto gesuano nel primo secolo quasi immediatamente le persone istruite che avevano accesso alle opere degli scrittori e storici del primo secolo avrebbero realizato che il culto gesuano era sprovvisto di qualsiasi Storia nel I secolo.

Contro i Galilei di Giuliano:
...dei quali se uno solo si trova ricordato fra gli illustri del tempo - queste cose avvenivano sotto Tiberio e sotto Claudio -, dite pure che anche pel resto io sono impostore.
Secondo il filosofo pagano Ierocle la storia di Gesù fu raccontata da uomini che erano BUGIARDI.
Eusebio, "Contro Ierocle", II:
Poco dopo aggiunge: «Bisogna tenere in considerazione anche questo: che le opere di Gesù sono state raccontate da Pietro e Paolo e da alcuni altri a loro vicini, bugiardi, ignoranti e ciarlatani, mentre quelle di Apollonio da Massimo di Aigai, dal filosofo Damis, suo compagno di viaggi, e da Filostrato di Atene, uomini di grande cultura e rispettosi della verità, i quali, per amore dell'umanità, non hanno voluto che fossero dimenticate le imprese di un uomo nobile e caro agli dèi». Queste sono le precise parole dette da Ierocle, che ha scritto contro di noi il trattato l'Amico della verità.
 



Questo è ciò che mangiamo. Questo è dove viviamo. Ecco perché le cose sono come appaiono. Perché abbiamo una profonda schizofrenica Idra dalle molte teste al centro di tutto ciò che possiamo chiamare la nostra matrice ''ebraico-cristiana'' e ''greco-romana''.

E così, al termine del processo, siamo tutti quanti "cattolici romani." Se qualcosa può vendere, può persuadere, può imbonire, a partire dal mercato religioso, dall'alto del pulpito dei folli apologeti proto-cattolici con le loro mani nocchiute e sporche di sangue e larvate di ipocrisia, allora è "buono". Se non può farlo, allora  è "male". Questa è la nostra moralità. Questo è dove viviamo. Questo è il cuore lacerato e contraddittorio del nostro mitico mondo moderno inquinato dal morbo cattolico che vuole essere buono, vuole essere gentile, vuole amare e preservare il mondo ... ma non ci riesce, perché deve vendere tutto, spacciandolo per ''veritiero'', ''profondo'', ''intimo'', ''essenziale''. Ma oramai, svelato il miraggio di Gesù per quello che è - solo un curioso pasticcio letterario derivato da parecchie fonti conosciute, più farsesche in realtà che uniche, tantomeno soprannaturali -, è possibile finalmente neutralizzare in anticipo i teologi cristiani sotto mentite spoglie, dileggiando e ridicolizzando i loro schifosi dogmi e articoli di fede, il loro immondo veleno intellettuale, la loro spazzatura mentale, destrutturando da ultimo le loro finora intoccabili fonti di potere, per accellerare la scristianizzazione della nostra Europa e dell'intero mondo libero. Ci sono un sacco di accademici che dubitano dell'esistenza di Gesù. Soltanto, non insegnano nei Dipartimenti di Teologia. Noi tutti dovremmo vedere nel cristianesimo una forza che impedisce, mediante un continuo indottrinamento e una costante intolleranza - oltre che il solito vittimismo cristiano tipicamente apologetico -, il vero apprendimento scientifico.
Nihil enim in speciem fallacius est quam prava religio.-Liv. xxxix. 16.