martedì 31 dicembre 2013

Perchè penso che Gesù non è mai esistito

In una cultura permeata di cristianesimo, affermare che Gesù storicamente non è mai esistito potrebbe forse sembrare una cosa assurda e forse anche sciocca. In fondo, si dice, tra gli studiosi “maggiormente accreditati” si accetta l’esistenza storica di Gesù, nonostante lo scenario della ricerca del ''Gesù storico'' si sia balcanizzato a tal punto con centinaia di Gesù ricostruiti per l'occasione, e vari criteri ''di autenticità'' messi in discussione.

Mi sono reso conto (come hanno fatto tanti altri prima di me) che qualcosa è seriamente problematica con la nozione di un "Gesù storico".
 
Ho simpatia per chiunque coltiva sempre, all'inizio, un sano scetticismo iniziale. Dovremmo essere scettici, soprattutto di libri da parte di non specialisti del settore, perciò pure di quanto scriverò in questo modesto blog. Non ho alcuna intenzione di imporre le mie convinzioni agli altri

Non sono un dogmatico
  
Io penso che Gesù non è mai esistito per un solo, semplice motivo: sono sinceramente convinto che sia la più probabile spiegazione delle origini cristiane.  

Sono certamente disposto a rifiutarla se scopro che è sbagliata, anzi, ci sono stati molti argomenti a sostegno di un ''Gesù storico'' che ho scartato perché si sono rivelati profondamenti sbagliati. 

Se sono in errore, voglio conoscere il perchè.
Se esistono prove sufficienti, è possibile provare al di là di ogni ragionevole dubbio che un certo individuo è realmente esistito. Ad esempio, nessuno può dubitare seriamente dell'esistenza di Talete o di Annibale. Ma se non viene trovata nessuna prova, se non c'è nessun indizio, e se i fatti puntano invece tutti verso la direzione opposta, è tuttavia impossibile provare al 100% che Gesù non è mai esistito.  

E ciononostante, io sono più che mai convinto che la teoria del Mito di Gesù rimane la migliore risposta al problema.

Certo, c'è sempre la possibilità che gli autori dei vangeli avessero una particolare figura in mente (seppure è semplicemente un Fatto che hanno deciso di trascurarla puntualmente ad ogni capitolo, nel momento in cui attingevano a piene mani, di nuovo e ancora di nuovo, dalla fantasia o da fonti precedenti). 

Io non posso parlare di questo astratto e ipotetico essere umano, in virtù della mia totale impossibilità di conoscere qualcosa su di lui. 
Questo ipotetico Gesù sarà solo una congettura, un'ipotesi, una presupposizione  astratta... ...che non significa nulla. 

Laddove il Gesù dei vangeli è solo un personaggio letterario, fittizio, un mosaico le cui tessere sono attinte da una ancestrale tradizione letteraria millenaria, e non circoscritta alla sola Giudea, una tradizione letteraria che si arricchisce verso la fine del primo secolo di elementi ebraici, ellenistici e perfino gnostici. La vasta maggioranza degli studiosi del campo sono ''assolutamente'' convinti che Gesù camminò sul suolo ebraico. Ma a parte il fatto che così tanta gente ha creduto, e continua a credere, al mito cristiano fino ad oggi e per così tanti anni, questo non prova affatto che Gesù è esistito. Se i 4 vangeli fossero stati scoperti solo l'altro ieri, dubito che il ''Consensus'' degli esperti (formato in prevalenza da accademici e alunni cristiani, non sottovalutarlo) sarebbe stato così certo della sua esistenza.


Perfino se ci fu un Gesù storico all'origine dei vangeli, difficilmente anche solo una parte di cosa Gesù disse, fu davvero lasciato ai posteri. 
Non sapremo mai che cosa Gesù pensò perchè non sappiamo che cosa Gesù disse. 
E non possiamo sapere che cosa Gesù disse perchè non sappiamo neppure se Gesù fu mai esistito. 

Uno studioso tedesco, Gerd Lüdemann, disse che il 95% dei detti del vangelo attribuiti a Gesù non è autentico: questo solo fatto da solo mi impedisce di credere dogmaticamente e fanaticamente alla autenticità del restante 5%, perchè è da folli passare dal più grande scetticismo al più cieco fideismo, quasi per mirabile incanto... ...o per apologetica auto-suggestione. Lo sforzo di ridurre microscopicamente all'infinito il presunto nucleo storico ''recuperato'' dietro i vangeli (perchè supposto a priori) non dà alcun diritto di sventolarlo dogmaticamente sotto il naso con la stessa fede del Folle Apologeta (e la medesima luce negli occhi), e neppure fa apparire lo storicista di turno sotto una luce migliore rispetto ad un altro storicista che ha appena ''trovato'' un kernel storico leggermente più grande del primo, in quanto entrambi viziati dallo stesso errore di fondo: credere che ipotizzare un predicatore ebreo all'origine della storia descritta nei vangeli sia davvero la spiegazione più semplice e più probabile, in assoluto.

lunedì 30 dicembre 2013

Gesù è ''storico'' come Talete: il profondo Errore Metodologico di John P. Meier e l'evidente Agenda Apologetica che lo anima

Lo storico, secondo John P. Meier, affronta, essenzialmente, due difficoltà: determinare cosa è ''reale'', e cosa è ''storico''. La conoscenza della storia non è la stessa cosa della conoscenza del reale, poichè la storia è solo una ricostruzione teorica e artificiale filtrata dai documenti disponibili. Il reale invece è ciò che veramente è accaduto nel passato. La storia è tanto più ''vera'' e ''certa'', quanto più interseca il dominio del reale, anche se la piena identificazione tra la storia (fenomenica) e il reale non si raggiungerà mai. Perchè è il reale ad essere in ultima istanza irraggiungibile, una specie di noumeno kantiano. Come omaggio al relativismo post-moderno, non è male.
Ne consegue che lo storico, per Meier, ha lo stesso problema nel conoscere qualcosa sul Gesù ''reale'' e nel riconoscere qualcosa sul ''reale'' Reagan. E ha lo stesso problema nel conoscere qualcosa sul Gesù ''storico'' e nel riconoscere qualcosa del Talete ''storico'' o dell'Apollonio di Tiana  ''storico''.
D'altra parte, possiamo avvicinarci di più al Reagan ''reale'' di quanto possiamo fare rispetto al Talete ''reale'', perchè abbiamo una gran quantità di materiale disponibile su Reagan, i suoi scritti autentici, i suoi discorsi registrati, le sue interviste rilasciate, i resoconti contemporanei, le notizie, i memoriali, le dicerie dell'epoca, gli archivi, e così via, laddove invece tutto ciò che sappiamo di Talete viene da riferimenti a lui e alle sue idee recuperati in pochissime opere antiche da parte di altri autori, come Aristotele e Diogene Laerzio. Ma il Reagan ''reale'' ancora si nasconde alla nostra vista, e cosa abbiamo tra le mani sono solo vari Reagan ''storici'', tanti quante sono le interpretazioni dei vari storici.

Così gli atei possono figurarsi il Gesù ''reale'' secondo i loro gusti: un ridicolo e allucinato predicatore apocalittico fallito delirante e schizofrenico. E parimenti gli apologeti possono essere liberi di immaginare nella ghiandola pineale di cartesiana memoria del Gesù ''reale'' il link diretto nientemeno alla Seconda Persona della Trinità, o qualcosa del genere. L'ascia di guerra è seppellita, apparentemente.

Eppure, scrive il Meier:
 ''la difficoltà di conoscere qualcosa su Gesù deve essere situata nel più grande contesto della difficoltà di conoscere qualcosa circa Talete, Apollonio di Tiana, o qualsiasi altro personaggio dell'Antichità'' [1]. 
Siamo evidentemente meno capaci di costruirci un Talete ''storico'' o un Gesù ''storico'', perchè i materiali su entrambi, come sulla maggior parte delle figure antiche, sono scarsi e limitati.

Si presti la dovuta attenzione a come opera l'argomento del Meier.

Passo 1: il ''reale'' è più difficile da recuperare rispetto allo ''storico'' ed è essenzialmente inconoscibile, una sorta di noumeno kantiano: come con Gesù, così con Reagan.
Passo 2: lo ''storico'' diventa più difficile da valutare nella misura in cui il soggetto in questione è assai remoto nel tempo: come con Gesù, così con Talete.

Una conseguenza esiste da questo doppio confronto, ed è che Gesù è tanto reale quanto Reagan e tanto storico quanto Talete, ma il punto esplicito è che ci sono meno dati di ''realtà'' su Gesù che su Reagan, ed egualmente meno dati ''storici'' su Gesù che su Talete. E allora scopro che la prima questione da esaminare da ogni libro che parla del ''Gesù storico'' -- la questione se Gesù è esistito o non è esistito -- deve essere sbrigativamente e puntualmente elusa ridicolizzandola a dovere. E perchè? Perchè, mi viene risposto, la ''realtà'' è impossibile da recuperare, ed è possibile ma difficilissima la ricostruzione della ''storia'', così dobbiamo assumerle entrambe per Gesù, come facciamo con Reagan e con Talete.




Ma vado ad esaminare più in profondità l'implicazione che Gesù è tanto ''storico'' quanto Talete, e che i dati storici disponibili su entrambi sono in egual misura assai scarsi. In generale, mi sembra pacifico che tutte le figure antiche siano difficili da documentare, e occupano uno status ''storico''  relativamente più difficile da immaginare rispetto a figure storiche più recenti. Ma l'equazione tra il Gesù storico e il Talete storico è ad un tempo imprecisa ed errata, poichè trascura un principio fondamentale di criticismo letterario che impone una distinzione tra le due figure.

L'equazione è imprecisa perchè il tipo di letteratura che abbiamo riguardo Gesù è qualitativamente diversa dal tipo di letteratura che abbiamo circa Talete.

E l'equazione è errata perchè colloca Gesù sullo stesso livello di storicità occupato da Talete, quando un esame obiettivo e imparziale dello stato dell'evidenza, che tenga conto debitamente delle reali differenze nella qualità della letteratura su ciascuna delle due figure, non va affatto a collocare Gesù e Talete sullo stesso livello di storicità verificabile da occhi moderni.

I critici letterari sono soliti confrontare opere letterarie tra di loro per meglio distinguerli e spiegare le loro differenze. Se si applica un confronto serrato del genere ai vangeli (la principale informazione, per Meier, su Gesù di Nazaret, e io aggiungerei l'unica indipendente, poichè il Testimonium Flavianum e il Testimonium Taciteum sono tutte probabilmente interpolazioni cristiane, se non notizie di seconda mano)  e alla Vita di Talete scritta da Diogene Laerzio (la principale informazione su Talete disponibile), arrivo a comprendere che quelle opere non sono neppure lontanamente simili nella loro natura letteraria e nel loro obiettivo.

Ovviamente, i vangeli sono pieni zeppi di miracoli, offerti al lettore per persuaderlo a credere più volentieri. La trasformazione dell'acqua in vino, la quiete della tempesta, il camminare sulle acque, la trasfigurazione, i miracoli, le resurrezioni, gli zombi, le ascensioni al cielo, ecc., ecc. Tutte storie conosciute ai cristiani, mentre quasi nessuno legge Diogene Laerzio. Ma al di là dell'accuratezza di Diogene Laerzio, balza subito all'occhio che i suoi fatti sono ovviamente di una natura differente dai ''fatti'' del vangelo, e sono presentati in uno spirito del tutto diverso.

Non ci sono miracoli in Diogene Laerzio.

Invece dei miracoli, veniamo a sapere i nomi dei genitori di Talete, il suo probabile luogo d'origine, i nomi dei suoi trattati sull'astronomia, le sue dottrine filosofiche basilari, le sue scoperte e i suoi esperimenti (come la misurazione dell'altezza delle piramidi), e robe del genere. E per tutto il tragitto, Diogene Laerzio non fa altro che rivelare le fonti della sua informazione su Talete: Platone, Aristotele, Ippia, Pamfila, Ieronimo, Eleusi, Alexo, Ermippo, e tanti altri. Mentre è vero che quelle fonti non possono essere verificate perchè tutte desolatamente perdute, la tecnica dell'attribuizione di ciascuna informazione alla fonte corrispondente è osservata costantemente in maniera non dissimile da un articolo accademico scientifico dei giorni nostri. E la stessa calma che rassicura il lettore di quest'ultimo quando ad esempio si accorge chi viene citato in bibliografia a supporto di cosa vien dato per scontato senza dimostrazione, si ritrova leggendo Diogene Laerzio. L'accademico e lo scienziato che scrivono articoli da sottoporre alla peer-review non richiedono affatto dai lettori una cieca fede in quanto da loro scritto, e nè necessitano di re-inventare la ruota, e pertanto indicano adeguatamente opportuni puntatori al lettore desideroso di verificare o condurre personalmente la sua verifica personale. Solamente Luca tra gli evangelisti adopera un linguaggio di gran lunga vagamente rassomigliante al linguaggio dell'attribuizione, e lo fa solo all'esordio del suo vangelo:
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola,
(Luca 1:1-2)
Anche in Luca il linguaggio della narrazione è assai più simile al linguaggio tipicamente associato ai raccontastorie: 
Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria,
(Luca 1:5)
 E i ''testimoni'' di Luca sembrano essere testimoni di qualcosa che potrebbe o non potrebbe riferirsi ad eventi reali: quindi ''testimoni e ministri della Parola''.

Il critico letterario di oggi riconoscerebbe all'istante e troverebbe significativo il fatto che i vangeli da una parte, e la Vita di Talete a cura di Diogene Laerzio dall'altra, sono due tipi di libri totalmente diversi, la cui natura conduce a diverse conclusioni sulla affidabilità dei ''fatti'' presentati da ciascuna. È sicuramente ironico e paradossale che John P. Meier presenta un finto ossequio ad una istanza di questo principio del criticismo letterario, senza applicarlo veramente ai vangeli nel loro complesso, quando scrive:
Il criticismo letterario contemporaneo fornisce un salutare monito rammentandoci di interrogare cos'è la funzione letteraria di un verso o di una pericope nell'opera più grande prima di dichiararla frettolosamente una fonte affidabile di informazione storica [2].
Meier quindi intende limitare il ruolo del critico letterario all'analisi delle parti all'interno degli interi, rifiutandosi di commentare debitamente le differenze tra interi, eppure ha appena concesso che la percezione della funzione ha un legame stretto con la considerazione di cosa va inteso ''fatto'' storico. E tuttavia sfortunatamente lo stesso John P. Meier rinnega quella cortesia intellettuale appena ostentata con quelle parole, dichiarando dogmaticamente che il riconoscimento della natura letteraria di un testo non ha assolutamente nulla da dire nella determinazione di cosa è o non è Fatto storico.

Poichè John P. Meier non è un critico letterario, i suoi lettori potranno perdonarlo.

Ma i lettori onesti non potranno mai perdonarlo quando scoprono che il suo ridimensionare il criticismo letterario, unito alla sua errata equazione di Reagan/Talete/Gesù, è meramente parte di una ben nota politica apologetica già ampiamente collaudata nella ricerca del Gesù storico, dove una metodologia pseudo-storica si pone sfacciatamente al servizio della teologia e della fede religiosa.

Questa politica parte in pompa magna con la sottolineatura della povertà relativa delle fonti storiche a disposizione -- i limiti di Tacito, la problematicità del Testimonium Flavianum, la fantomatica fonte Q e l'ancor più fantomatica tradizione orale, i vangeli apocrifi (soprattutto quelli) -- per poi concludere, inevitabilmente e puntualmente:
I quattro vangeli canonici risultano essere i soli grandi documenti contenenti blocchi significativi di materiale adeguato ad una ricerca del Gesù storico. [3]
Questa sarà sempre la conclusione di coloro che nascondono un interesse nella storicità di Gesù, ma il cui interesse è di fatto tutto teologico e apologetico.

E perchè, di grazia, il Gesù storico si deve pescare dai quattro vangeli canonici e non dai vangeli apocrifi? Quanto a questi ultimi, la prevedibile obiezione va a puntare il dito inquisitorio sui loro innumerevoli passi dove il Gesù bambino crea con la creta 12 uccelli, per farli volare cinguettando al solo batter le mani, oppure dove il falegname Giuseppe sta allestendo una bara per un uomo ricco, e avendo solo due travi troppo corti, se li vede allungare magicamente della lunghezza esatta grazie al pronto intervento del bimbo Gesù. Il Folle Apologeta per una volta ci vede giusto, quando riconosce che materiale del genere è ovviamente solo il prodotto della fervida immaginazione di un pio e devoto cristiano, e quindi può essere rifiutato come una fonte valida di informazione sul Gesù storico.
Difficilmente c'è bisogno di far notare che i vangeli canonici contengono racconti  non meno miracolosi, e che la descrizione appena data calza loro a pennello, di essere cioè ''solo il prodotto della fervida immaginazione di un pio e devoto cristiano'', e tuttavia non sono affatto, a dire il vero, rifiutati come ''una fonte valida di informazione sul Gesù storico'' dal Folle Apologeta.

In questo caso, l'errore non è quello di un John P. Meier o di un Mauro Pesce, cioè l'incapacità di distinguere tra due diversi tipi di libri, bensì consiste nel creare una falsa dicotomia tra due tipi di libri (i vangeli canonici e i vangeli apocrifi) che sono ovviamente (e significativamente) simili. Senza dubbio si possono evidenziare delle differenze tra i vangeli canonici e i vangeli apocrifi, ma di certo quella distinzione non può essere sottolineata denunciando solamente la presenza di un ''episodio'' miracoloso. Perchè, se ''eventi'' del genere smentiscono l'affidabilità di un vangelo apocrifo, devono parimenti smentire l'affidabilità di un vangelo canonico.

Ma chi glielo dice ai Folli Apologeti?

[1] A Marginal Jew, pag. 24.

[2] A Marginal Jew, pag. 12.

[3] A Marginal Jew, pag. 139.

Quando il teologo si traveste da storico: il curioso caso di John P. Meier

L'obiettivo dei prossimi post è sottolineare alcuni errori fondamentali di metodo che raffiorano in continuazione nella ricerca del ''Gesù storico''. Errori metodologici derivati in ultima istanza da una totale incapacità di apprezzare i concreti risultati storici che si possono ottenere applicando in profondità i principi del criticismo letterario ai testi biblici.

Ma cos'è il criticismo letterario?

Non vorrei dare una definizione precisa, ma piuttosto il principio-guida che lo informa, principio-guida descritto nel libro-memoria di Thomas L. Brodie in termini memorabili:
La prima cosa da estrarre da un documento non è la sua storia o teologia -- non la verità degli eventi in background o il suo significato definitivo -- ma semplicemente la sua natura fondamentale. Per esempio, prima di discutere una volontà -- i suoi possibili numerosi riferimenti a eventi passati, e le sue disposizioni per  distribuire un'eredità -- la prima cosa da stabilire è se è genuina, se è una reale volontà.
(Beyond the Quest for the Historical Jesus: Memoir of a Discovery, Sheffield Phoenix, 2012, pag.121, mia enfasi).

Cosa è essenziale è che il contesto letterario fornisce decisivi indizi su come comprendere un testo. Se un quotidiano annuncia voli economici su Marte, è importante notare se l'annuncio compare nella Sezione Viaggio o nella Pagina di Giochi-e-Cartoni. Chiarezza sul fattore letterario è la Regola Uno.
(Beyond the Quest, pag.122, mia enfasi)
Nel primo volume del suo libro, A Marginal Jew: Rethinking the Historical Jesus (Doubleday, 1991), John P. Meier dichiara a chiare lettere che il ''criticismo letterario'' è ''un approccio a-storico'' a documenti con pretese di verità per le quali della gente era ''disposta a morire'' [1]. Il criticismo letterario, per quanto utile, non confermerà nè smentirà pretese di verità. Non intersecherà mai il mondo ''reale'' o il dettaglio ''storico''. Il ''reale'' e lo ''storico'', ciò che veramente accadde e ciò che è ricordato dagli storici, sarebbero in egual misura inaccessibili al critico letterario. Meier quindi conclude che il criticismo letterario ''non può essere il metodo principale nella ricerca di un Gesù storico'' (pag.12).
''Ricerca'' è una parola interessante.

Andare alla ricerca di qualcosa significa che la stiamo agognando vivamente.

Speriamo di trovarla. È il nostro più accarezzato tesoro, come la ricerca del Santo Graal.

Un'attività del genere è totalmente diversa da quella in cui si vede innanzitutto di garantire se esistono o non esistono prove che confermino l'esistenza storica di Gesù, prove da usare solo dopo per gettare eventualmente più luce -- si spera -- sul grado effettivo di questa esistenza storica, se confermata.

Il problema allora lo si vede benissimo, ed è macroscopico.

La teologia del cristianesimo ortodosso impone di assumere a priori la storicità di Gesù.

A dispetto del fatto che il criticismo letterario e l'onestà intellettuale richiedono prima l'esame dei materiali e solo dopo la definizione della natura della ricerca, se del Gesù storico (se esistito) o delle origini cristiane (se non esistito).

Così, per i teologi travestiti da finti storici come John P. Meier e tanti altri Folli Apologeti, se la ''ricerca'' porta su di sè un così compromettente e tendenzioso onere (reggere i dogmi religiosi) allora veramente il criticismo letterario non può essere il ''metodo principale'' nella ricerca, perchè non assume il risultato che quella ricerca *deve* trovare.

Nessuna sorpresa, allora, che John P. Meier getti ''onestamente'' la maschera, riducendo il metodo storico-critico, e ancor più il criticismo letterario, alla mera funzione di ancilla theologiae. E lo dichiara esplicitamente, con le seguenti parole:
L'appropriato oggetto della fede cristiana non è e non può essere un'idea o una ricostruzione accademica, per quanto affidabile. Cosa, allora, è l'utilità del Gesù storico per gente di fede? La mia risposta è: nessuna [per scopi religiosi].  Tuttavia, io mantengo che la ricerca possa essere davvero utile se ci si sta interrogando sulla teologia, in un contesto contemporaneo. Una volta che una cultura diventa permeata da un approccio storico-critico, come lo è stata la cultura occidentale dall'Illuminismo in poi, la teologia può operare e parlare a quella cultura con credibilità solamente se assorbe nella sua metodologia un approccio storico.
(A Marginal Jew, pag.198)
Quindi, l'obiettivo della ''ricerca del Gesù storico'' è di aumentare la credibilità della teologia in una cultura post-illuministica.

Un obiettivo del genere è palesemente anti-storico. E tuttavia il criticismo letterario è rifiutato in quanto incapace di essere il ''metodo principale'' nella ''ricerca'' perchè esso è ritenuto anti-storico. Assurdo!

Eppure così ragionano i Folli Apologeti.

La malcelata confessione di questo obiettivo teologico ricorre di nuovo e ancora di nuovo nei libri degli apologeti travestiti da storici, più o meno inconsciamente, passandola sottobanco nel testo.
Laddove non apertamente confessata, quella nascosta agenda apologetica affiora comunque alla superficie, sotto forma di una rapida, inspiegabile inconsistenza nella logica del metodo presentato, con relativo danno alla credibilità accademica che ''copre'' questi palesi errori.

[1] A Marginal Jew, pag.12. E chi era disposto a morire per il vangelo? Il fittizio Stefano (''corona'' del martirio?) di Atti degli Apostoli? I crestiani di Tacito in realtà seguaci di Cresto e non di Cristo? Il Giacomo figlio di Damneo di Antichità Giudaiche 20.200? Senza nulla togliere alla fede dei primi cristiani, solo Paolo dice di aver perseguitato la chiesa di Dio, nella lettera ai Galati (ma poteva trattarsi solo di una politica diffamatoria, come quella che portò Socrate a morte). E quella di Plinio il Giovane non era una persecuzione dalle proporzioni che vogliono propinarci gli apologeti.  Mi suona un pò ipocrita da parte del Meier fare appello al senso morale e alle emozioni al solo scopo di far ''toccare con mano'' la presunta storicità di Gesù. L'argomento del Meier sembra essere così: poichè i primi cristiani soffrirono (leggere) persecuzioni, allora la loro fede era ''vera'', e dunque ''reale'' era il Gesù storico. L'impatto che può avere l'ispirazione religiosa sui membri di qualsiasi religione sulla terra -- quindi anche l'impatto di una religione misterica incentrata sul Cristo celeste e mai esistito -- non può mai essere elevato a unità di misura per giudicare la presunta bontà della fede e ''dunque'' la veridicità storica delle pretese fattuali ad essa sottostanti. 
Specie se quell'impatto, per quanto profondo, non produce neppure un puntatore, nemmeno l'ombra di uno solo, al presunto originatore umano dell'impatto.

domenica 29 dicembre 2013

Indizi di Pura Invenzione

Esistono buone ragioni per leggere i vangeli come un'opera frutto di pura immaginazione, di pura fantasia. Indizi di pura invenzione sono chiaramente presenti in quelle opere. Ormai gli stessi cristiani sono a tal punto disincantati da riconoscere da soli i dettagli fantastici dei vangeli, e di leggerli come tali, non come Fatti letterali. Ad esempio sanno benissimo che la nascita verginale di Matteo e Luca deriva dallo sforzo di ''realizzare'' una profezia di Isaia 7:14 basata su una traduzione errata, nella greca Septuaginta, del termine corrispondente a ''giovane donna'' nell'originale Bibbia ebraica. 
Un vescovo episcopale, John Shelby Spong, affermò che se i testi biblici non fossero intesi a venir letti da gente adulta, intelligente e moderna -- vale a dire, se fossero letti come si legge Harry Potter -- il cristianesimo perirebbe. Mentre un vescovo, o un Folle Apologeta, può aver interesse a pronunciare quelle parole per rendere più flessibile la lettura dei vangeli e non consegnarla ai fondamentalisti, il mio interesse è diverso: io voglio preservare il libro. I vangeli sono troppo ricchi e suggestivi per essere abbandonati impunemente nelle mani nocchiute di goffi sempliciotti integralisti, come pure a sottili letture apologetiche armonizzanti da parte di fantomatici e forse ipocriti ''cattolici adulti''.

Il secondo indizio di pura invenzione fantasiosa è il Fatto auto-evidente,  mettendo a confronto i vangeli, della continua rielaborazione dei medesimi temi ed episodi senza riguardo alcuno alla loro coerenza in un modello prefissato, ma ponendo, al contrario, grande enfasi nel perseguimento a tuti i costi del particolare, diverso punto teologico da fare.

I dettagli in continuo mutamento, le modifiche degli attori, la trasformazione di una parabola in un episodio ''reale'', e l'enorme variazione sia nel significato che nell'episodio dalla sua prima versione alla sua ultima versione, rivela al di là di ogni ragionevole dubbio che la principale preoccupazione nella mente di quelli autori non fu di fornire un resoconto accurato degli eventi, ma invece di elaborare un racconto in vista del suo miglior obiettivo didattico.

Parlerò di quelli obiettivi quando parlerò di midrash, sia pure in linea generale. E a quel punto presenterò cosa fornisce ulteriore conferma della natura allegorica dei vangeli, quando illustrerò la connessione esistente tra sopravvivenza culturale e messianismo. I vangeli dunque contengono una profonda verità culturale, ma i dettagli della storia sono chiaramente inventati.

Un esempio di manipolazione intesa ad un preciso scopo da parte degli evangelisti può esser visto nel loro uso di personaggi fittizi (i discepoli) che abitano un mondo fluttuante liberamente di magia, e tuttavia che spesse volte esibiscono difficoltà nella comprensione dei poteri magici di quel loro leader che intendono seguire, difficoltà nella fede in quei magici poteri, contro tutte le prove offerte di continuo ai loro sensi. Un problema del genere può sorgere solamente come inevitabile corollario della costruzione e invenzione di una figura letteraria. L'obiettivo immediato di questa tecnica di invenzione, è creare una sorta di identificazione tra il personaggio ''esitante'' e ''riluttante'' e il lettore medesimo, e costituisce un tratto caratteristico del genere fantasy. Come in quei film di Horror in cui noi spettatori osserviamo il terrorizzato protagonista di turno scendere incautamente nel buio di un ambiente larvatamente minaccioso, con solo la flebile fiammella di una candela tra le mani, e ci chiediamo, di soprassalto: ''ma cosa sta facendo???!!''.

Un terzo indizio di quella pura invenzione letteraria che sono i vangeli è l'uso allusivo, solitamente allegorico, del linguaggio. Un carattere il cui nome significa ''Salvatore Unto'', e il cui ruolo nel racconto corrisponde esattamente a quel nome, è stato probabilmente inventato da autori che scrivono con un preciso scopo allegorico. Le tecniche appena citate appartengono tutte a scrittori di fiction con scopi didattici, non a storici, non a biografi, e neppure ad agiografi.

I vangeli sono veramente un prodotto di pura fantasia.

Il loro genere è un genere oggi estinto: ''letteratura apocalittica''.

venerdì 27 dicembre 2013

Del Vangelo come Pura Allegoria

Quando leggiamo un racconto fantastico, valutiamo il suo grado di realismo usando regole particolari. Non è che gettiamo dalla finestra i nostri modi soliti di leggere la realtà: soltanto, li adoperiamo in maniera diversa. Quei modi comprendono la nostra visione scientifica del reale, delle varie vie in cui si può utilizzare il linguaggio, il nostro senso estetico, la nostra conoscenza dei vari tipi umani, i nostri imperativi morali, e così via.  Tutta l'intera nostra comprensione di come va il mondo entra in gioco, non la accantoniamo da parte. Il fatto che una pura opera di fantasia non proibisce affatto, a priori, di rinunciare alle lenti adoperate nel leggere ciò che fantasia non è -- ad esempio le lenti usate per comprendere un fenomeno fisico -- non significa che quelle lenti medesime non si possano mai applicare alla immaginazione, alla pura fantasia.
Si tratta in pratica di aggiustare il tiro nel modo giusto, facendo le debite osservazioni, quando si tratta di approcciarsi ad un'opera particolare. Se si deve leggere il Signore degli Anelli, facciamo una valutazione del tutto diversa da quella che si fa quando si legge un libro di matematica o quando  leggiamo un romanzo storico. La nostra valutazione dei personaggi cambia considerevolmente, a seconda della natura dell'opera che stiamo leggendo. Di conseguenza, esiste sempre un legame tra la nostra consapevolezza della natura del libro che si legge, e la nostra comprensione del significato di quel libro. Facciamo sempre delle scelte e delle decisioni intorno al testo che stiamo leggendo, e quelle scelte e quelle decisioni in ultima istanza determinano cosa attingeremo infine dal testo, il suo impatto finale su di noi.

Nel caso dei vangeli, io ho fatto una precisa scelta, una precisa decisione. E quella scelta, quella decisione, influenzerà l'impatto che i vangeli avranno definitivamente su di me, sulla mia vita.

Io decido di leggere i vangeli come un prodotto di immaginazione, un'opera di fantasia, di invenzione letteraria, di finzione (in inglese, fiction).





Non ignorerò il loro contesto biblico, se questo significa tener conto delle profonde osservazioni, che altri hanno fatto, che quei testi sono in prevalenza tutti basati su racconti simili dell'Antico Testamento.

Ma trascurerò e ignorerò volentieri ogni lettura teologica dei vangeli.

In tre modi:

1) assumendo a priori che le storie ivi raccontate non sono storiche,

2) assumendo a priori che quelle storie non sono affatto un ''compimento di profezie'',

3) assumendo a priori che quelle storie, laddove sono inconsistenti tra loro, non vadano affatto armonizzate a forza.

In altre parole, non ripeterò gli errori che sono soliti fare i Folli Apologeti cristiani o atei, del Web o delle Accademie.

lunedì 23 dicembre 2013

Della Nudità del Re: Bart Errorman, Mauro Pesce & Corrado Augias alla ridicola ricerca del perduto Yehoshua bar Yosef dietro il fittizio ''Gesù di Nazaret''

Un libro recente di Bart Ehrman, Did Jesus Exist? (Gesù è davvero esistito? Un'inchiesta storica, Mondadori 2013), è colmo di disprezzo verso la tesi del Mito di Gesù (per una critica, si veda qui). Un ex-fondamentalista divenuto ''agnostico con propensioni atee'', Ehrman pretende di non avere nessun ''legittimo interesse'' nel difendere la storicità di Gesù, perchè lui non è un cristiano. Critica i miticisti in quanto anti-cristiani, un'accusa spesso scagliata contro lo stesso Ehrman, e da lui puntualmente smentita. Dice soltanto di opporsi ad una ''comprensione evangelica fondamentalista e conservatrice del cristianesimo''. Non ha mancato di denunciare il contenuto pressochè totalmente apologetico dei libri di Ratzinger su Gesù di Nazaret.  Se non è un protestante liberale, è almeno un simpatizzante. In tale ruolo, ha bisogno che un Gesù storico si presti adeguatamente, come immagine di facciata, al proprio modello di studioso cosiddetto ''liberale'' (in contrapposizione a ''conservatore''). Inoltre, Ehrman ha scritto un libro su ''come Gesù divenne Dio''. Ovviamente, dev'esserci stato un Gesù allo scopo per lui di diventare tale. Bart Ehrman è autore di altri parecchi libri divulgativi su Gesù piuttosto popolari, se sono riusciti, nonostante l'ostentato spirito critico del loro autore, a venire stampati perfino in Italia.  Ehrman, dunque, come altri studiosi del Nuovo Testamento, ha un legittimo interesse, nel credere in un Gesù storico, che è sia professionale che personale.

Questo fatto solleva un implicito problema nel ricercare l'esistenza storica di Gesù. La professione degli studi del Nuovo Testamento è dominata da cosa si potrebbe chiamare il Sindacato di Gesù, i cui membri hanno tutti quanti costruito le loro carriere sullo studio del Gesù storico. Sono comprensibilmente riluttanti a intrattenere anche solo per un attimo l'idea paradossale che non ci potrebbe essere stato nessun Gesù storico da studiare. Come Ehrman stesso ammette, lui fu sorpreso di scoprire ''un intero corpo di letteratura dedicata alla questione se ci fu o no un uomo reale, Gesù''. Questo è tipico [1]. La gran parte degli studiosi del Nuovo Testamento non hanno mai neppure studiato la storicità di Gesù. Con quale diritto, di grazia, possono pretendere di possedere esperienza su quella materia? Se i Sindacalisti di Gesù non hanno mai esaminato la questione ma hanno semplicemente assunto finora la teoria che Gesù è esistito e poi hanno continuato a dedicare le loro vite professionali allo studio di quella figura, c'è davvero poca ragione di accondiscendere al loro Consensus su quella materia.

Sembra essere piuttosto alla moda disprezzare chi fa libera indagine sotto la Tesi del Mito di Cristo e squalificarli come dilettanti allo sbaraglio. Numerosi di quei cosiddetti miticisti, comunque, sono specializzati nei campi appropriati. Price è stato un membro del Jesus Seminar. Harpur è un ex prete anglicano e professore di Nuovo Testamento all'università di Toronto. Thompson è un professore di studi biblici all'università di Copenhagen, e un'autorità nel campo dell'Antico Testamento. Due altri qualificati miticisti sono Richard Carrier ed Hermann Detering. Thomas Brodie è anche lui addirittura il fondatore di un prestigioso istituto accademico degli studi biblici, nonchè prete cattolico. Per non parlare di altri studiosi che non si vergognano di fare onesta professione di Jesus Agnosticism [2]. E di altri ancora che non intendono, per il momento, fare coming out in tale direzione scettico-minimalista. Lo snobbismo intellettuale non è la soluzione.

Ho già accennato, in un altro post, il fallimento dei criteri di autenticità e di come ciascuno di essi corre il rischio di trasformarsi in qualcos'altro (che punta a tutt'altra conclusione).
Dalla rete è facile prendere affermazioni perentorie di questo tenore: 
''There are no reliable criteria for separating authentic from inauthentic Jesus tradition'' 
(Porter, Criteria for Authenticity in Historical-Jesus Research, 2000, pag. 115)
E non meraviglia affatto l'enorme disparità dei vari Gesù, anche se ci limitassimo soltanto ai più credibili.

I problemi principali che il Gesù Storico più plausibile si porta seco sono certamente i seguenti:

1) la totale assenza di testimoni non-cristiani,
2) solo il vangelo di Marco è una fonte indipendente, poichè è semplicemente un Fatto che tutti gli altri vangeli dipendono da Marco,
3) la natura dei vangeli non è quella di documenti storici, e sembrano dei romanzi, più che delle agiografie (tantomeno delle biografie!).
4) la cosiddetta Cristologia Alta compare quasi immediatamente dopo la presunta morte di Gesù: un tizio semioscuro viene reso di colpo simile a Dio...,
5) la pluralità delle antiche forme concorrenti di cristianesimo,
6) i primi apostoli avrebbero divinizzato subito dopo la morte un uomo giustiziato dalle autorità romane, credendolo risorto dai morti nonostante le presunte accuse di averne trafugato la tomba, o di fare il gioco dei romani, e non vengono per nulla perseguitati a loro volta dai romani (essendo Atti degli Apostoli pura, tendenziosa propaganda proto-ortodossa del II secolo), 
7) ...e tutto questo mentre Minucio Felice dichiara che i cristiani non adorano un criminale crocifisso!
8) come possono essersi sviluppate altre date non-canoniche della morte di Gesù (sotto il regno di Alessandro Ianneo, 100 anni prima, oppure sotto Claudio, nel 59 EC) se Gesù visse sotto Erode e Pilato?


I punti 3, 4 e 5 sono certamente gli ostacoli più forti all'accettazione di un Gesù storico. 

La Teoria del Mito di Cristo spiega esattamente quei problemi: spiega l'Alta Cristologia in Paolo, spiega il fatto che i primi apostoli non subirono persecuzioni da Roma per il solo fatto di essere cristiani, spiega l'assenza totale di testimoni non-cristiani e l'infondatezza di una fantomatica ''tradizione orale'', spiega la proliferazione delle date canoniche e non-canoniche della morte di Gesù e il diluvio dei vangeli gnostici, spiega la pluralità non solo dei primi cristianesimi ma anche dei Cristi rivali, attestati ripetutamente nelle epistole di Paolo: 
...se uno viene a predicarvi un altro Gesù, diverso da quello che abbiamo predicato noi, o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete accettato, voi lo sopportate volentieri.
(2 Corinzi 11:4)

...quei tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che si travestono da apostoli di Cristo. Non c'è da meravigliarsene, perchè anche Satana si traveste da angelo di luce. Non è dunque cosa eccezionale se anche i suoi servitori si travestono da servitori di giustizia. La loro fine sarà secondo le loro opere.
(2 Corinzi 13-15)

Or voi, pur essendo savi, li sopportate volentieri i pazzi! Infatti, se uno vi riduce in schiavitù, se uno vi divora, se uno vi prende il vostro, se uno s'innalza sopra di voi, se uno vi percuote in faccia, voi lo sopportate.
(2 Corinzi 19-20)

Sono Ebrei? Lo sono anch'io. Sono Israeliti? Lo sono anch'io. Sono discendenza d'Abramo? Lo sono anch'io. Sono servitori di Cristo? Io (parlo come uno fuori di sé), lo sono più di loro; più di loro per le fatiche, più di loro per le prigionie, assai più di loro per le percosse subite. 
(2 Corinzi 22-23)

Mi meraviglio che così presto voi passiate da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, a un altro vangelo. Ché poi non c'è un altro vangelo; però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.
Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema. Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema.

(Galati 1:6-9)

Anzi, proprio a causa di intrusi, falsi fratelli, infiltratisi di nascosto tra di noi per spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, con l'intenzione di renderci schiavi, noi non abbiamo ceduto alle imposizioni di costoro neppure per un momento, affinchè la verità del vangelo rimanesse salda tra di voi.
(Galati 2:4)
e anche nei vangeli:
Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno quel giorno: 'Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?' Allora dichiarerò loro: 'Io non vi ho mai conosciuti: allontanatevi da me, maledetti!'
(Matteo 7:21-23)

Giovanni gli disse: 'Maestro, noi abbiamo visto uno che cacciava i demòni nel tuo nome, e che non ci segue, e glielo abbiamo vietato perchè non ci seguiva'. 
(Marco 9:38)

Allora Giovanni disse: 'Maestro, noi abbiamo visto un tale che scacciava i demòni nel tuo nome, e glielo abbiamo vietato perchè non ti segue con noi'.
(Luca 9:49)
Ad esempio, una dichiarazione così semplice come quella di 1 Corinzi 1:22-23 va direttamente a contraddire i vangeli:
E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani.
(mia enfasi)
Paolo dice che il suo Cristo crocifisso non fornì nessun segno miracoloso, e che questo fatto costituì uno scandalo per gli ebrei. Ma tutti i quattro vangeli canonici non solo presentano costantemente Gesù nell'atto di operare miracoli e guarigioni tra la gente, ma pretendono che pure la stessa crocifissione e resurrezione di Gesù siano da considerare miracoli straordinari. Giovanni addirittura ci dà pure la conta di quei miracoli. 
Paolo ci tiene a ostentare i suoi miracoli in Romani 1:18-19
...non oserei infatti parlare di ciò che Cristo non avesse operato per mezzo mio per condurre i pagani all'obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito.
(mia enfasi) 
...e tuttavia non cita nemmeno un miracolo operato da Gesù sulla terra firma. E nell'Inno ai Filippesi si limita stranamente a ridimensionare a tal punto Gesù da affermare che 
''...spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, e divenendo simile agli uomini'' 
(Filippesi 2:7)
Non solo 1 Corinzi 22-23 è la prova che il Gesù di Paolo non fece miracoli sulla terra firma, ma è anche la conferma che il Gesù di Paolo non predicò affatto in quel di Giudea:
E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani.
(mia enfasi)
Il Gesù di Paolo non ha alcuna ''sapienza'' da offrire ai Greci che la cercano, non presenta quelle ''vere dottrine'' che Eusebio, probabile interpolatore dell'intero Testimonium Flavianum, pretende essere state rivelate pubblicamente da lui presso giudei e greci. E tutto questo è ovviamente in forte, nitido contrasto con Marco 6:3
'Non è questi il falegname, il figlio di Maria, e il fratello di Giacomo e di Iose, di Giuda e di Simone? Le sue sorelle non stanno qui da noi?' E si scandalizzavano a causa di lui.
e con tutta l'altra scomoda ''sapienza'' che Gesù predica nei vangeli.

E sempre nello stesso brano di 1 Corinzi 1, Paolo sembra rivelarci che nessuno sapeva di Gesù prima che fosse proclamato dai predicatori come Paolo:
Poichè, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione.
(1 Corinzi 1:21)
Sembra che sia la stessa predicazione di Paolo oggetto di ''scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani'', non quella del Gesù di Paolo (a meno che Gesù e Paolo siano la stessa persona!).

E non si tratta di una stranezza presente unicamente nelle lettere di Paolo, ma di ogni scritto cristiano anteriore ai vangeli di cui disponiamo.
Perchè, come sottolinea abilmente Earl Doherty,
''Il punto è stato fatto prima che se un'espressione è fuori dell'ordinario e apparentemente oscura, si potrebbe trovare una singola fonte che capita di usarla in quanto un riflesso della sua particolare idiosincrasia; ma trovare un intero movimento e molteplici scrittori con nessun corpo di organizzazione centrale di autorità, dottrina o letteratura intento a fare un uso esclusivo di quella stessa idiosincrasia ci dice che qualcosa è sbagliato con le nostre assunzioni. Se cosa è inteso per ammissione comune è che Gesù, un dio, fu incarnato sulla terra e visse una vita in carne umana, perchè non un singolo documento mai pose ciò nella maniera più chiara?''
(Jesus: Neither God Nor Man -- the Case for a Mythical Jesus, pag. 254, mia enfasi)
Non importa se Paolo o la sua generazione pensò che il loro Gesù vissè e morì sulla terra firma in qualche oscuro momento del passato recente sotto mentite spoglie come una figura sconosciuta, mero ologramma umano (allo scopo di ingannare i demoniaci arconti del nostro mondo)
''Quella sapienza, nessuno degli arconti di questo mondo ha potuto conoscerla. Perchè, se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.''
(1 Corinzi 2:8)



non importa se Paolo pensò che Gesù fosse una figura nata ''in forma di uomo'' e crocifisso nei desolati territori sub-lunari, dominio delle demoniache ''potenze dell'aria'', 



e neppure importa se pensò che Gesù fosse una figura derivata dalla pura allegoria o mitologia,  quello che conta veramente è che i primi credenti attinsero tutta la loro informazione intorno a Gesù dall'esegesi delle scritture, perchè di continuo ci ripetono, di nuovo e ancora di nuovo, che Gesù eseguì ogni cosa ''secondo le Scritture'' (kata tas graphas).

Quando parlano del loro Gesù, ci stanno descrivendo una figura mitologica. E quei pochi punti che potrebbero essere letti con le classiche ''lenti colorate di vangelo'', ovvero considerandoli vaghi riferimenti ad un ipotetico Gesù storico, sono problematici quando esaminati in profondità.


''È forse sorprendente il fatto che, considerata la diffusa ed evidente pratica di revisione, interpolazione e invenzione riscontrabile attraverso tutta la testimonianza documentaria cristiana, quelli scritti non furono soggetti ad un tale grado di rielaborazione da incorporare le nuove assunzioni intorno ad uno storico Gesù e  sradicare per l'eternità un più accurato scenario dell'infanzia del cristianesimo.''
(Earl Doherty , mia enfasi )


E quando si arriva ai vangeli, il paradigma precedente è totalmente stravolto: si predica un Gesù umano e solo umano. Ed è importante notare che non sono diversi autori a inventare la vita terrena di Gesù nel giro di pochi decenni. Abbiamo sostanzialmente un solo autore, Marco, che sta scrivendo un vangelo -- non una agiografia, e tantomeno una biografia --, con tanto di simbolismi e allegorie. E ''Marco'' sta proclamando Gesù come un mistero di fede, allo stesso modo di Paolo. E il suo vangelo è scritto durante la guerra contro Roma, e sappiamo che gli altri vangeli basarono le loro storielle sulla sua, ciascuno veicolando il proprio diverso orientamento teologico. Quando docetismo e gnosticismo arrivarono sulla scena, nel II secolo, la stessa invenzione dello stesso vangelo era già stata modificata da un pezzo per parecchi anni, se non decenni.
È ormai un puro e semplice Fatto, abilmente dimostrato da numerosi storici, tra cui Thomas Thompson, Thomas Brodie, Richard Carrier, Randel Helms, Dennis MacDonald, Joel Watts, Dale Allison e tanti altri, che l'intero vangelo di Marco è pieno denso di significato simbolico, allegorico e allusivo, invece che storico. E l'anonimo autore di Marco ci dice che cosa sta facendo già nell'incipit: sta scrivendo un vangelo, non storia o biografia (Marco 1:1).
E cosa è più importante, chiarisce che ci sta veicolando un segreto, sacre verità di una nuova religione misterica, il Mistero del Regno di Dio:


''Il Mistero del Regno di Dio è stato confidato a voi, ma a quelli di fuori tutto viene esposto in parabole, affinchè:
guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano,
perchè non si convertano, e non siano perdonati''
(Marco 4:11)
E il fatto paradossale è che posso affermare questo senza timore di scomodare un Price nel dire che lo gnosticismo è la più antica forma di cristianesimo,  giacchè non è necessario connettere il motivo del maestro segreto di insegnamenti esoterici in Marco con la segretezza delle dottrine gnostiche successive del II secolo, soprattutto perchè quella concentrazione sulle verità sacre, segrete, mistiche e allegoriche costituisce anche una caratteristica ricorrente delle religioni misteriche diffuse già da un pezzo prima dell'ingresso del cristianesimo o dello gnosticismo sulla scena. Il tema della segretezza è una naturale evoluzione di qualcosa già visto all'opera nelle religioni antiche in generale.


Gli apologeti di tanto in tanto ripetono sulla rete che ''c'è più evidenza per l'esistenza storica di Gesù di quella che c'è per Giulio Cesare''. Considerazione troppo avventata. Si supponga che il più antico racconto della vita di Giulio Cesare, da cui dipesero i racconti posteriori, risulti essere solo un'allegoria della storia di Roma dal punto di vista, che so, dello stoicismo, e che Cesare sia servito come una personificazione del valore e figura per una serie di figure eroiche da Romolo in poi. Supponi anche che non vi sia alcuna evidenza archeologica, nessuna statua, nessuna iscrizione relativa a Cesare. Molti studiosi in quel caso arriverebbero a suggerire che Giulio Cesare era solo il fondatore leggendario dell'impero romano. 

Di solito gli Jesus Agnostics amano paragonare Gesù ad Artù o a Guglielmo Tell, oppure a Davide o Salomone. Secondo loro, la situazione di Gesù ricorda più da vicino quella di Guglielmo Tell, piuttosto che di Giulio Cesare. L'evidenza mostra che le storie su Guglielmo Tell in verità lo precedono nel tempo e sono trovate, per esempio, nelle leggende danesi di Palnatoki, il quale scagliò anch'egli una freccia sfiorando il capo di suo figlio. Gli storici moderni in generale tendono a rifiutare Guglielmo Tell come il fondatore leggendario della Confederazione Elvetica. Forse lo stesso è vero del fontatore del cristianesimo. Ormai parecchi studiosi negano che Gesù fondò una nuova religione. Se qualcuno fondò il cristianesimo, quello fu Paolo. Da qui, può essere già sostenuto che Gesù, come fondatore del cristianesimo, non fu mai esistito, perfino se visse qualche altro Gesù.

Un Gesù storico, concludono gli ''agnostici gesuani'', potrebbe essere esistito ma non lo si può affermare con ragionevole certezza. Infatti:
 ''...perfino se un Gesù storico fu esistito e fece uno sforzo per fondare un movimento di qualche tipo'' questo ''è irrilevante ad una comprensione dei più antichi movimenti sociali che evolsero nella religione ora chiamata cristianesimo''
(Kurt L. Noll, Investigating Earliest Christianity without Jesus, in  Is This Not the Carpenter? The Question of the Historicity of the Figure of Jesus, edito da Thomas L. Thompson e Thomas S. Verenna, p. 233)
Ne consegue che la cosiddetta ''ricerca del Gesù storico'' è una colossale perdita di tempo.

Ma la teoria del Gesù Mito non si accontenta affatto di un simile paragone, per quanto descrive appieno la conclusione più razionale da prendere se avessimo tra le mani solo i quattro vangeli canonici da esaminare (e nient'altro). Per quattro motivi, essenzialmente:

1) il quadro offerto dai primi apostoli cristiani come Paolo -- o nel libro dell'Apocalisse, o nella lettera agli Ebrei -- è presentato in modi che non ammettono alcun spazio e alcun ruolo ad ''un uomo reale all'origine''. Laddove non c'è nulla di contemporaneo al presunto ''Artù storico'' che possa escludere la possibilità della sua esistenza, al vaglio delle probabilità.

2) è altamente problematica la tesi di un oscuro predicatore, per giunta crocifisso come criminale, l'ordinario e secolare Yehoshuah bar Yosef mai testimoniato da nessun non-cristiano, che nel giro di pochi mani dopo la sua morte viene elevato allo stesso livello cosmico di Dio, e addirittura in un contesto ebraico. Sono gli stessi più fanatici apologeti cristiani a dire che è stato qualcosa di unico quello che è successo al loro ''Gesù storico'' (e forse, per una volta tanto, hanno ragione, sebbene  non nel senso da loro inteso).

3) Artù o Davide, perfino se per ipotesi mai esistiti, sono ricordati per ciò che fecero in vita, mentre un ipotetico Gesù umano è ricordato nei libri di storia per ciò che fece dopo morto, ovvero risorgere ''secondo le Scritture''. Ovvero per ciò che fece il suo fantasma: apparire ai discepoli dopo Pasqua. Qualcosa che anche un arcangelo celeste mai sceso sulla terra poteva fare, apparendo ad apostoli come Paolo.

4) tutto il mito e tutta la leggenda attaccata ad Artù si mantengono sullo stesso livello umano, per non dire storico. Artù (o Davide, o Salomone) non è stato convertito in un dio assolutamente privo di ogni riferimento al suo regno sulla terra o anche soltanto a qualcosa di vagamente simile. Anzi direi che Artù e Davide sono rimasti ''umani'' nell'immaginario collettivo perfino dopo la loro ipotetica esistenza terrena e il loro eclissarsi nella leggenda e nel mito. E il Gesù di Paolo non è neppure un uomo oscuro vissuto sulla terra in un passato primordiale (com'era per il miticista Wells), ma al più un mero ologramma divino che, anche durante la sua crocifissione sotto aspetto altro da quello suo autentico (non importa se nel territorio sublunare o sulla terra firma) per non farsi identificare dai demòni celesti, rimase nella sua completa natura un Cristo interamente celeste e spirituale che viveva e operava in cielo, in una dimensione senza tempo. Le sue attività erano simbolicamente rivelate dalle Scritture. Come pure le sue connessioni con gli esseri umani, che siano i gentili o sia Davide o sia suo fratello.
E tutto questo si adatta perfettamente alle visioni dell'universo dell'epoca, e precisamente a come erano intraviste le stesse divinità mitologiche delle religioni misteriche ellenistiche.

Quando guardo al *totale* silenzio di Giuseppe Flavio e di Tacito su Gesù,  e al profondo silenzio dei predicatori come Paolo su Gesù, e all'apparente esplosione di cristianesimi nemici e di Cristi rivali già nelle epistole di Paolo, alle differenze fondamentali tra i Gesù dei cristiani a conoscenza dei vangeli e i Gesù dei cristiani ignari dei vangeli, alle migliaia di difficoltà storiche, implausibilità ed impossibilità implicate da tutti i riferimenti a Gesù, con tanto di serie contraddizioni logiche che si trascinano seco, diventa davvero difficile, per me, accettare che ci possa essere stata una figura storica dietro Gesù di Nazaret

Personalmente, sono propenso a pensare che l'educazione storicista che soprattutto i cristiani e gli ex-cristiani ricevono da piccoli, unito al fatto che ormai un Gesù storico, come propagandato dai vari ''teologi liberali'' come Bart Ehrman, svolge una precisa funzione sociale romantica e rassicurante presso il pubblico occidentale più laico [3],  impedisca di concepire, con la dovuta freddezza, delle visioni e rivelazioni personali di un Gesù arcangelo celeste all'origine del cristianesimo, o almeno di convivere serenamente con quell'idea: di poter intrattenere cioè, anche solo come ragionevole, concreta possibilità, il desolato scenario di un Gesù Che Non Era Là. 


[1] «Il solo riferimento alla storicità di Gesù che ascoltai in seminario fu il commento sbrigativo da parte di un professore del Nuovo Testamento che nessuno ha dubitato che Gesù è esistito ''fisicamente''».

[2] Jesus Agnosticism: L'evidenza storica è troppo irregolare e contradditoria, troppo poca, e troppo inquinata ideologicamente per consentire di trarre conclusioni di sorta su Gesù. Dire qualcosa intorno all'esistenza di Gesù significa andare al di là di cosa permette l'evidenza. Il meglio che possiamo dire è ''non sappiamo''. (definizione piuttosto esaustiva presa da qui)

[3] Illuminanti, a tal proposito, le seguenti parole di Emanuel Pfoh:
C'è una necessità nel moderno mondo occidentale che Gesù sia storico. Altrimenti ... il dogma religioso basato su un mondo mitico è minacciato con la perdita della sua essenza e legittimità. L'argomento teologico è diventato un aspetto culturale, assistito dalla comprensione modernista della vera realtà di Gesù in termini storici. In questo senso, la prima e la terza ricerca del Gesù storico erano e ancora sono guidate da un bisogno di rappresentare Gesù secondo le caratteristiche del presente interpretativo, che è modernista, teologicamente e religiosamente guidato, e incapace di rinunciare allo status di storicità per la figura letteraria del Gesù dei vangeli.
(Jesus and the Mythic Mind in 'Is This Not the Carpenter?' The Question of the Historicity of the Figure of Jesus, edito da Thomas L. Thompson and Thomas Verenna, Copenhagen International Seminar, Sheffield: Equinox Publishing, 2012, pag.90, mia enfasi)
 Tanto un Giorgio Jossa (credente) quanto un Mauro Pesce (cripto-credente) e un Corrado Augias (ateo) sono dunque letteralmente incapaci di rinunciare alla storicità di Gesù per l'unico Gesù che DE FACTO esiste, ovvero il Gesù Fondatore totalmente letterario, fittizio, simbolico e allegorico dei vangeli.
''Quelle fondamenta socio-culturali dell'articolazione ideologica della figura di Gesù nelle società religiose e parimenti secolari del moderno mondo occidentale non sono state ricercate, a mia conoscenza, in ogni sistematica maniera. Se lo fossero state, comunque, sarebbe chiaro perchè è possibile testimoniare in numerose ricostruzioni di Gesù una forma di religiosa nostalgia per gli eventi fondativi del cristianesimo. Ma questo genere di brama accademica non può esser sostenuta come un impulso alla ricerca poichè, come Thompson suggerisce, la 'nostalgia ... nella misura in cui ci informa di noi stessi, crea pure sia amnesia sia miopia nel bisogno di ridurre l'alterità del passato. Recuperiamo solo cosa siamo in grado di riconoscere.' Questa ricerca di Gesù è quindi più un riflesso del presente status del cristianesimo nel mondo occidentale (specialmente nel suo emisfero settentrionale) che un critico tentativo di comprendere il processo sorico che condusse alla genesi del cristianesimo. In questa maniera, ogni ricerca indotta-dalla-fede di un Gesù storico crea un discorso apologetico, pseudo-storico inteso a rafforzare una moderna necessità religiosa di uno storico Gesù. Una ricerca, al contrario, basata su prospettive storico-critiche, necessita di essere pienamente secolare, svuotata di ogni ansietà religiosa, pronta a recuperare l'inaspettato e liberato da concezioni tradizionali e istituzionalizzate delle origini di un movimento religioso sulla sponda orientale del Mediterraneo attorno ai primi secoli della nostra era.''
('Is This Not the Carpenter?' , pag.91, mia enfasi)
Insisto che si tratta di denunciare un'agenda, o un motivo inconscio, anche culturale, e non solo religiosa-teologica. Il leit motiv, la ''morale della favola'' ricorrente dietro studiosi 'secolari', dietro Bart Ehrman, dietro la coppia Corrado Augias/Mauro Pesce, dietro Paul Flores d'Arcais, è sempre il desiderio costante di spiegare il fallimento di Gesù come profeta apocalittico in termini di un idealismo etico che spera ostinatamente ''in un mondo migliore'' e che lo ''anticipa già nel presente'' a dispetto del suo essere perennemente frustrato dai tempi e dalle chiese e società, le stesse che si spera(va) di migliorare. Non importa che la profezia fallisce: l'importante è ''che venga prodotto il bene''. Penseranno le generazioni successive a ''edificare sopra'' di esso.  Quante volte abbiamo sentito Mauro Pesce, in perfetta sintonia col teologo modernista di turno, invocare alla ''riscoperta del Gesù storico'' come rimedio alle disillusioni generate da così gran parte del cristianesimo attuale? Et voilà: il Gesù da essi prodotto è estremamente adatto a soddisfare l'orientamento esistenzialista dei disillusi dal clero religioso e dai suoi sforzi nel puntellare un edificio teologico piuttosto traballante. Il Gesù storico di Corrado Augias (un nome che vale per tutti) certamente va a minare dalle fondamenta il Gesù tradizionale dei fedeli cristiani. Ma non riempie il vuoto interiore del disencantato moderno? Non rappresenta un tale Gesù tutto il bene che un ateo/agnostico dice di trovare nel cristianesimo?
E nel far questo, non risponde questo Gesù ''fallito'' ad una precisa funzione culturale e non religiosa per gli stessi occidentali non-credenti? 

Col risultato che il Sindacato di Gesù può essere pure formato da studiosi atei e agnostici: ha sempre la stessa, precisa agenda ideologica alle spalle, che impone di non eliminare il ''Gesù storico''. 

[4] a tal riguardo, ecco la conclusione di John Loftus, nel suo saggio dal titolo significativo At Best Jesus Was a Failed Apocalyptic Prophet, pubblicato in The Christian Delusion, Why Faith Fails (2010, Prometheus Books):
Così i cristiani devono scegliere. O il NT non è neppure in qualche modo affidabile, o Gesù fu un profeta apocalittico fallito. In ciascun caso questo falsifica il cristianesimo.
Interessante cosa dice Loftus nella nota 5 dello stesso saggio:
probabilmente i tre migliori libri che discutono la tesi che Gesù fu un personaggio fittizio sono Robert M. Price, Deconstructing Jesus (Amherst, NY: Prometheus Books, 2000), Earl Doherty, The Jesus Puzzle (Ottawa: The Age of Reason Publications, 2005), e Richard Carrier, On the Historicity of Jesus Christ, in arrivo, che non ho ancora visto.

Può essere davvero difficile stabilire cosa potrebbe esser accaduto nel passato, così l'agnosticismo circa la storicità di Gesù è una posizione ragionevole. ... la teoria dominante, nelle parole di Earl Doherty, è questa:
''nel loro fervore e angoscia posteriori alla crocifissione, i seguaci di Gesù ... corsero alle loro Bibbie e iniziarono ad applicargli ogni sorta di passi scritturali, specialmente quelli che che apparivano messianici secondo il pensiero ebraico del tempo. Ma poi si volsero altrettanto bene alla mitologia ellenistica contemporanea riguardo il Logos, complementandolo con l'equivalente ebraico nella figura della personificata Sapienza, attingendo per buona misura ... ai miti circa redentori celesti che discendono-e-ascendono.'' 
Earl Doherty argomenta invece per una teoria scettica alternativa:
Il movimento cristiano non fu una risposta a qualche individuo umano di un tempo e luogo particolare. Il cristianesimo nacque in migliaia di luoghi, a partire dal fertile suolo religioso e filosofico del tempo, esprimendo fede in un Figlio mediatore che era un canale a Dio, che forniva conoscenza, amore e salvezza. Si diffuse in numerose personalità innovative, come quella di Paolo, tra sette e comunità indipendenti lungo tutto l'impero, producendo una varietà di forme e dottrine. Qualcuna di loro propendeva verso l'attesa tradizionale del messia ebraico e il sentimento apocalittico, altre espressioni erano collegate a forme più platoniche di pensiero. I concetti dei misteri ellenistici, anche, finivano nel mutevole miscuglio... Paolo e la fratellanza di Gerusalemme attorno a Pietro e a Giacomo erano semplicemente un filo in questo esteso movimento di salvezza, sebbene un filo importante e in ultima istanza davvero influente. Più tardi, in un autonomo processo di creazione del mito, il circolo di Gerusalemme con Paolo come suo satellite fu adottato come la cellula all'origine dell'intero movimento cristiano. (http://www.jesuspuzzle.humanists.net/jhcjp.htm)

La ragione per la quale una vasta maggioranza di studiosi non accettano la teoria scettica è non necessariamente perchè sono credenti, sebbene la maggior parte di loro lo è. È perchè la teoria dominante sembra essere una teoria più semplice. È molto più semplice (e quindi più facile), essi concludono, concepire un movimento originale con un fondatore umano che si frantumò in un gran numero di gruppi, invece di concepire una moltitudine di gruppi simili sorgendo contemporaneamente lungo il mondo conosciuto che subito confluirono insieme per identificare sé stessi come cristiani.

Un libro recente di cinque libri che discute questa questione è The Historical Jesus: Five Views, edito da James K. Beilby e Paul Rhodes Eddy (Downers Grove, IL: InterVarsity Press, 2009). Sfortunatamente, la visione apocalittica di Gesù non ottenne un capitolo per sé, probabilmente perchè gli editori sono evangelici e tendono ad ignorarla.
(mia enfasi)
Rimane da vedere se la Reductio ad Unum -- l'idea che sia in assoluto la spiegazione ''più semplice'' ricondurre tutti i Cristi e i Gesù rivali ad un unico punto di origine, una sorta di Big Bang o Primo Motore Immobile, ovvero il ''Gesù storico'' --, non sia piuttosto un effetto di quanto davvero accaduto, e duqnue l'essenza stessa della fede cristiana attuale, che costringe a guardare indebitamente con le classiche lenti ''colorate di vangelo''  tutte le più disparate forme di ''cristianesimo'', a dispetto del fatto che il Cristo/il Figlio/il Salvatore ivi presentato appare ''inspiegabilmente'' privo, nel suo strato originario, del volto umano di ''Gesù di Nazaret'' affibbiatogli dai vangeli.

Paradossalmente, presupponendo un unico, originario fondatore, e di conseguenza, sia pure per un periodo limitato, un UNICO culto primitivo del Cristo, non ancora scisso da successive incomprensioni e divergenze settarie, gli storicisti del Consensus sono stati costretti ad adottare, volenti o nolenti, l'anomalia di uno sviluppo dottrinale del cristianesimo primitivo nato in risposta ad un ''Gesù storico'' e poi giunto rapidamente in conflitto con quella personalità storica da richiedere ben presto il suo eclissamento sotto tonnellate di cosiddetta Alta Cristologia. 

Posso aiutare il lettore a riconoscere che si tratta di una implicita, colossale ANOMALIA se la paragono (o meglio: la riduco) all'altrettanto colossale anomalia ESPLICITA trovata nelle teorie cospirazioniste in voga su internet. 
Mi riferisco a quelle teorie che adducono come spiegazione dell'enorme, profondo silenzio sul Gesù storico nelle fonti cristiane e non-cristiane più antiche, il fatto che gli originali, autentici riferimenti a Gesù erano causa di profondo imbarazzo per la dottrina cristiana successiva, da richiedere inevitabilmente la loro intenzionale, collettiva e unilaterale soppressione.

Ma che sorta di centralizzato, coercitivo, tirannico potere o Grande Fratello poteva essere esistito nel periodo in cui le epistole del Nuovo Testamento furono scritte, tale da essere in grado di aver effettuato dappertutto la stessa sistematica, totale soppressione di ogni puntatore potenzialmente imbarazzante al ''vero'' Gesù storico?

Un Grande Fratello di simili proporzioni non poteva esistere, e non poteva esistere per la semplice ragione che lo scenario più antico è estremamente variegato e frammentato, all'insegna della più totale diversità, con tanto di differenze nei dogmi e nelle dottrine tra i vari gruppi. Apostoli indipendenti come Paolo erano troppo riottosi per sottomettersi a direttive altrui, e stiamo parlando dello stesso Paolo che arrivò a litigare aspramente con i Pilastri Pietro e Giacomo. Un'eclissi deliberata, una congiura intenzionale per seppellire un immaginario, troppo scomodo Gesù  da parte di OGNI epistola sopravvissuta del primo secolo è un'idea semplicemente improponibile. Se imbarazzo ci fu, fu imbarazzo esclusivamente della diversità delle dottrine cristiane rivali, non di Gesù in quanto figura storica.

I vari Bart Ehrman e i vari Mauro Pesce non hanno nessun diritto di accusare d'incoerenza le teorie cospirazioniste dei vari Reza Aslan e dei vari Eric Laupot all'insegna del ''Gesù Zelota'' o di Gesù ''di Gamala'' o del Gesù Eretico & Anticristiano di turno, perchè in quell'incoerenza sono caduti loro per primi, e da parecchio tempo, anche se cammuffandola abilmente sotto la chimerica etichetta di  ''soluzione plausibile''. 

Per il preciso motivo che RAZIONALIZZARE questa anomalia, che poi è la ''mission impossible'' dell'accademico storicista di turno che si accinge a spiegare in termini plausibili il processo ''da Gesù a Cristo'', ''come Gesù divenne Dio'' (titoli pomposamente in voga nella cosiddetta Third Quest), significa in primo luogo armonizzare due scenari in essentia incompatibili tra loro: da un lato il quadro di Cristo Gesù, il redentore cosmico trovato in Paolo e in altri autori, e dall'altro lo scenario del predicatore taumaturgo Gesù di Nazaret, distillato a forza e a fatica e a malapena dai vangeli o estratto da un ancor più fantomatica fonte Q. Due scenari che non convivono insieme nello stesso puzzle, a meno che non si elimina la causa principale dell'anomalia: una figura storica di nome Yehoshua bar Yosef.